Ragionare sul cervello umano e sull'intelligenza artificiale (AI) oggi è essenziale: l'evoluzione delle tecnologie ci spinge a riflettere in maniera seria, per comprendere gli scenari futuri e - lo diciamo subito - per sottolineare la irriproducibilità di ciò che sta dentro il nostro cranio. Partiamo da qui perché vale la pena comprendere come l'innovazione possa impattare, da tutti i punti di vista, sulle nostre vite. E vale la pena tenere conto di chi è preoccupato da tutta questa corsa verso il futuro, per analizzare in maniera consapevole ciò che sta accadendo. C'è chi sostiene che, prima o poi, l’intelligenza artificiale (AI) supererà quella umana e le macchine saranno anche più intelligenti di noi, oltre che più performanti. Quelle che oggi sono soltanto masse di muscoli con poco cervello, buone per fare lavori pesanti e pericolosi, noiosi, ripetitivi, alienanti e inadatti agli esseri umani, si potrebbero trasformare in veri e propri mostri di intelletto e di abilità. Il rischio, secondo molti, è quello di ritrovarsi orde di “Frankenstein” in grado di dominare il mondo e la razza umana, con la forza, con l’astuzia e con la capacità di ragionare, di calcolare e di prevedere le nostre mosse. Nell'agosto del 2014, lo scienziato e imprenditore Elon Musk, che ha fondato Tesla Motors e il progetto SpaceX, ha espresso alcune paure in relazione ai potenziali pericoli dell'AI. Gli fece eco l'astrofisico Stephen Hawking, autore della teoria sul Big Bang e sui buchi neri, cui si aggregarono circa 400 studiosi di tutto il mondo. Secondo questi scienziati, l’intelligenza artificiale va controllata.
Il cervello umano è un super "mostro" - in senso positivo - con ben 86 miliardi di neuroni
Il nostro cervello è straordinario e assolutamente lontano dalla portata delle macchine. Pesa in media 1400 grammi ed è formato da 86 miliardi di neuroni, collegati tra loro da trilioni di sinapsi, e da 85 miliardi di cellule non neuronali. Un vero e proprio "mostro" - in senso positivo - anche a confronto con il supercomputer più potente del mondo - secondo la classifica Top 500 del novembre 2014 - il cinese Tianhe-2, conosciuto come Milky Way 2, da 3.120.000 cores e 33,86 petaflop/s al benchmark Linpack. Il 28 maggio scorso, alcuni informatici giapponesi e tedeschi hanno simulato l’1% dell’attività cerebrale umana per il breve volgere di un secondo, grazie ai 705,024 cores del quarto super-computer più potente al mondo, il giapponese K computer. Quel secondo di simulazione è costato 40 minuti di elaborazione, entro il prossimo decennio è probabile che potremmo disporre di macchine exascale, un migliaio di volte più veloci del K e molto più vicini a consentire una migliore esplorazione delle potenzialità del nostro cervello. Il progetto Human brain project, finanziato dall’Unione Europea, lavora con un super-computer Blue Gene della IBM, tra i più veloci al mondo. Il coordinatore del progetto, Henry Markram, professore di Neuroscienze allo Swiss Federal Institute of Technology di Losanna, sostiene che per dar vita a una simulazione in scala reale del cervello ci vorrà un computer centomila volte più veloce di un petascale.
I difetti dell'uomo sono anche i suoi pregi: la sfera emotiva potrà mai essere riprodotta da una macchina?
I punti di vista da cui affrontare la relazione tra cervello umano e intelligenza artificiale sono molteplici, con un punto di partenza importante: la natura dell’uomo è finita, fallibile, fragile. Ma i suoi difetti sono anche i suoi pregi. La sfera emotiva potrà mai essere emulata da un computer? Una macchina potrà mai provare sentimenti o moderare le sue valutazioni e i suoi calcoli con una qualche sfera sentimentale o affettiva? Macchine ed esseri viventi (umani, vegetali, animali) potranno convivere e collaborare? Sono queste le tematiche che dobbiamo e dovremo affrontare, ma soprattutto dovremo costruire una società che funzioni e che sappia rispettare l’ambiente, il futuro e le risorse del pianeta: è nelle capacità di visione e di relazione - che insieme determinano l'evoluzione della tecnologia, e non viceversa - che ci giocheremo la sfida del futuro.