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Empowerment

Quanto sei consapevole di avere un «lato oscuro»?

Matteo Plevano
Di Matteo Plevano
Psicologo del Lavoro, founder di Green Jobs Hub, acceleratore motivazionale che facilita il cambiamento verso l’economia sostenibile e socialmente responsabile. Convinto sostenitore che il futuro di individui, imprese e intera società possa evolvere attorno a questi 5 assi: autenticità, fiducia, responsabilità sociale, sostenibilità e qualità della vita.
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Pubblicato il 27.12.2018 alle 17:25

Sin dalla notte dei tempi, uomini attenti e sensibili hanno compreso che siamo fatti di due poli: il chiaro e lo scuro, la luce e l’ombra, il bene e il male. Con la psicanalisi abbiamo compreso che queste forme dell’umano sono riconducibili a due pulsioni fondamentali, quella di vita e quella di morte, che coesistono in noi e ne determinano l’agire. Semplice da dire, da leggere su un libro, da ascoltare in una conferenza, ma estremamente difficile da comprendere a fondo e soprattutto da accettare.

Forse è proprio per questo che l’intera società è fondata su una presunzione di assenza di lato oscuro. L’essere umano che compie il male è colui che sbaglia e quindi è da perseguire con pene e sanzioni. Oppure ancora peggio, mosso dall’arroganza degli stupidi, si autoconvince che sia bene ciò che proprio non lo è. E quindi le guerre sono fatte per una giusta causa, l’avidità è motivo di orgoglio, il dominio è fonte di rispetto. Oppure rimuove la morte dalla vita, la relega ad asettiche stanze di ospedale in cui spesso la tecnica prevale sul mistero della nostra natura.

Illudendosi di essere mosso solo dalla pulsione di vita, l’uomo ha scoperto e sviluppato forme di gestione del lato oscuro in modo inconsapevole. Una di queste è il mercato, alla base del sistema economico e sociale attuale: mossi dall’egoismo di avere di più scambiamo beni e servizi cercando di trarne il maggior beneficio. Abbeveriamo la bestia oscura dentro di noi in questo modo e inconsapevolmente ci diamo da fare lavorando con impegno per fare cose belle e utili e quindi miglioriamo la società e il benessere comune. Oppure la competizione: spinti dalla voglia di essere più bravi degli altri sublimiamo gli istinti di prevaricazione e ci impegniamo di più per fare le cose meglio. Anche in questo caso si utilizza un sottostante istinto ‘oscuro’ come motore di azione, sublimandolo in risvolti positivi. O ancora, sedotti dal narcisismo e dalla voglia di vincere la morte ci applichiamo nel costruire qualcosa che possa sopravvivere a noi donandoci l’immortalità.

Ciò che fa evolvere l’umanità è sempre un allineamento di pulsioni di vita e di morte, in cui il lato oscuro trova sfogo in qualcosa di positivo. Quando accade il contrario, cioè prevale l’istinto distruttore, la società involve e anche la qualità della nostra vita peggiora. Tutto ciò accade quando la competizione sfocia in invidia e distruzione dell’avversario, quando il desiderio di avere di più diviene bulimia di consumo a scapito degli altri, quando la ricerca del consenso altrui diviene lotta per il potere, con ogni mezzo.

Purtroppo è del tutto assente la consapevolezza dell’esistenza del lato oscuro, che al di fuori della dimensione psicologica (compresa forse solo da psicologi, artisti, filosofi) è totalmente rimossa dal resto della società. Quando si scrive una legge si tiene conto dei risvolti che può avere a livello inconscio? Una politica economica che effetti può avere sull’essere umano? Cosa muove l’uomo quando fonda un’azienda o fa un investimento in borsa?

Non ci siamo mai interrogati sui risvolti oscuri di ogni azione umana, sulle motivazioni profonde, inconsce, che sono proprio quelle che determinano anche le degenerazioni in negativo della società. Un imprenditore che avvia un’impresa, mosso dal lato “luminoso” di fare cose belle per tutti, magari è altrettanto spinto dall’avidità di denaro o dal desiderio di esternare il proprio dominio sugli altri. Ma tutto questo è troppo lasciato al caso, nascosto nei meandri della mente umana e spesso drammaticamente dannoso. Forse proprio per questo è una enorme sfida che abbiamo davanti quella di comprendere a fondo la natura umana, guardandola in faccia con coraggio, per provare a gestire il lato oscuro, trovando meccanismi di sublimazione in positivo o limitandone i danni potenziali.

Penso a questa sfida soprattutto oggi che si parla moltissimo di impresa socialmente responsabile, o di finanza sostenibile, etica, di impatto. Quanto lo sono veramente? Quanto lo sono in modo autentico o sono solo l’ennesimo travestimento della belva che ci abita? Senza consapevolezza tutto rischia di essere teoria e apparenza; abbiamo gli strumenti, elaborati in secoli di ricerca umanistica e spirituale, forse è giunto il tempo per iniziare ad usarli.

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