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Immagine principale di: Robert Mapplethorpe: da Patti Smith a Andy Warhol, gli anni 80 in fotografi
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Arte e Cultura

Robert Mapplethorpe: da Patti Smith a Andy Warhol, gli anni 80 in fotografia

Ramona Ponzini
Di Ramona Ponzini
Fondatrice dell’art project Treti Galaxie, insieme al curatore Matteo Mottin organizza da anni mostre di giovani artisti italiani e internazionali. Esperta di arte contemporanea, e art advisor con specifica competenza per l’arte emergente, collabora con le riviste Artribune, Duels e Flash Art. Laureata in Lingue e Culture dell’Asia e dell’Africa per la Comunicazione Internazionale, è nipponista e traduttrice. È inoltre sound perfomer e musicista sperimentale.
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Pubblicato il 24.10.2022 alle 12:33

Robert Mapplethorpe: è stata intitolata così, con il suo nome e null’altro, la mostra che la Galleria Franco Noero di Torino, in collaborazione con la Robert Mapplethorpe Foundation di New York, ha dedicato all’indimenticato fotografo di icone come Patti Smith e Andy Warhol che terminerà il prossimo 26 ottobre.

Chi è Robert Mapplethorpe

Robert Michael Mapplethorpe (1946-1989) è – ne vogliamo parlare al presente, perché la sua arte è viva più che mai – un fotografo americano noto per la sua straordinaria sensibilità nell’utilizzo del bianco e nero e per la vasta gamma di soggetti ritratti, inclusi celebrità, nudi maschili e femminili, autoritratti e sensuali immagini di nature morte. 

Si è formato al Pratt Institute di Brooklyn, studiando pittura e scultura, passando poi alla fotografia, che l’ha consacrato nell’olimpo dei più grandi artisti del Novecento. Protagonista della scena newyorchese degli anni Ottanta, ha esposto il suo lavoro nelle istituzioni di tutto il mondo, a partire dalla prima grande retrospettiva dedicatagli dal Whitney Museum of American Art di New York nel 1988, un anno prima della sua morte. Sempre nel 1988 Mapplethorpe ha dato vita alla Fondazione che porta il suo nome, la cui mission è promuovere la fotografia e raccogliere fondi per la ricerca contro l’AIDS e le malattie ad esso correlate. Il lavoro dell’artista è presente nelle collezioni dei maggiori musei internazionali e la sua importanza storica e sociale è ormai fatto indiscusso.

Nudi, fiori, icone

La selezione delle opere e la loro collocazione negli spazi della Galleria torinese rispondono alla volontà di ripercorre tutte le fasi della carriera di Mapplethorpe, dagli esordi fino alla scomparsa, senza un ordinamento di tipo cronologico o per soggetto. Una visione libera, che risuona dell’empatia che unisce i vari scatti. Possiamo così incontrare gli sguardi in macchina di Amanda Lear e di Madeline Stowe, i corpi plastici e statuari di Arnold Schwarzenegger e di Lisa Lyon, nudi scultorei di modelli e ballerini, la sensualità prorompente di orchidee, iris, pere e margherite, il perfetto impasto dei toni che delineano i volti di chi, di volta in volta, si è aperto alla macchina fotografica.

La sola e unica Patty Smith

Chi conosce anche solo un poco Mapplethorpe sa che sua amica e musa prediletta fu la sacerdotessa del rock, la cantante e poetessa Patti Smith. Ed è lei che forse cerchiamo tra gli oltre cento scatti presenti in mostra, senza trovarla. Apparentemente. Perché le è infatti dedicato un video, che rappresenta la vera chicca dell’esposizione: un filmato di 12 minuti in bianco e nero girato in 16 mm durante il quale Mapplethorpe segue le evoluzioni performative della cantante. Una perla risalente al 1978 che lascia lo spettatore in estasi, spinto a rivedere le immagini in un ciclo che non vuole esaurirsi.

Il legame tra i due fu unico, capace di trascendere qualsiasi tipo di convenzione. Fu Mapplethorpe a scattare l’iconica fotografia di copertina del primo album di Smith, Horses, uscito nel 1975. Nel libro Just Kids Smith ricorda il giorno in cui Mapplethorpe la immortalò: quando guarda quella foto, ancora oggi, dice di vedere loro due e mai solo se stessa.

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