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Arte e Cultura

Earthphonia: la forza della natura

Edoardo Rossi
Di Edoardo Rossi
Edoardo Rossi è autore e podcaster. Classe 1975 nasce come speaker di programmi musicali radiofonici in emittenti locali e poi tematiche. Contemporaneamente intraprende l’attività di redattore e autore nelle redazioni di programmi di Mediaset (action, divulgazione, reality). Realizza documentari e docu-reality musicali presso MTV, Deejay TV, SKY Arte, contenuti branded televisivi e digital e si occupa di racconti di  viaggio e divulgazione (scientifica, storica, geologica e antropologica) per Overland/Raiuno.
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Pubblicato il 09.02.2021 alle 9:00

Max Casacci, produttore e chitarrista torinese fondatore dei Subsonica, ha recentemente pubblicato Earthphonia (Sugar/Universal), un album di brani interamente realizzati campionando i suoni della natura.

La loro grande intensità, in grado anche di risvegliare memorie sensoriali assopite è stata arrangiata, intonata e prodotta partendo da rumori come il fluido sciabordio delle onde; il tenebroso borbottio di un vulcano o il suono del campanaccio di una capra dell’appennino diventata, per esempio, una simil tastiera alla Ray Manzarek dei Doors. Nell’album vi è anche un brano, Ta’ Cenc – Sounds from the stones – nel quale sono protagoniste delle particolari rocce percosse, per non dire “suonate”, come se si trattasse di un grande xilofono naturale a forma di sasso.

Che il contatto con la natura abbia i suoi benefici sul nostro organismo è stato già raccontato da diversi studi, ma ve ne sono alcuni più specifici che dettagliano come anche il suono emesso dall’ambiente generi in noi diversi tipi di sensazione.

Rumori che si esprimono in tutta la loro varietà timbrica, ritmica, armonica ed emotiva. Max Casacci, che con questo album possiamo considerare un Virgilio del nostro Paradiso assolutamente “terrestre” e sonoro, ha maturato un’esperienza di grande valore e consapevolezza: “Questi argomenti diventano interessanti quando tendono ad evidenziare la nostra presenza insignificante dal punto di vista numerico e proporzionale nel pianeta rispetto alle piante, visto che siamo lo zero virgola pochissimo percento rispetto all’intera biomassa. Quindi il venir meno della presunzione dell’essere così fondamentali nella vita del Pianeta crea una sorta di equilibrio. Il fatto di essere rimessi a posto suscita una sensazione di serenità. Esattamente come mi è successo per Watermemories (brano realizzato registrando e assemblando i suoni di fonti, ruscelli e fiumi per il progetto Cittadellarte di Biella n.d.a.) quando per registrare i vari suoni, la natura mi ha imposto uno stato quasi di passività. Io ero lì con il mio microfono dovendo decidere dove puntarlo rispetto alla maestosità della natura. Questo in qualche modo ripristina quali sono le giuste proporzioni, dando una sensazione molto pacificante, sia dal punto di vista creativo e, credo, sia fruitivo perché, di base, essere spettatori della natura regala un effetto di serenità.”

In un clima così “torrido” ulteriormente arroventato dal tema Global Warming mi è venuto da chiedere, a lui che lo ha ascoltato attentamente, se il pianeta stesse cantando una canzone quale sarebbe: “se la natura dovesse cantare una canzone per noi lo farebbe attraverso l’oceano e l’innalzamento dei mari, perché è un po’ un termometro naturale dei disastri che stiamo facendo. Come nel finale di Ocean Breath – sounds from the sea –  (traccia estratta da Earthphonia n.d.a.) che è l’unico episodio in cui questa sensazione di emergenza e di pericolo viene narrata con un crescendo un po’ “sturm und drang”, un po’ drammatico, scandito dal rumore dei ghiacciai che si sciolgono a ricordarci che, se continuiamo a acidificare le acque e non invertiamo la rotta per quanto riguarda la temperatura globale, queste acque possono montare, salire, ruggire, distruggere. Quindi se lo andiamo a cercare in Earthphonia il segnale che dà la natura è quello, per il resto, sarebbero sue tessiture che, sapendo di poter riprendere piene facoltà in qualsiasi momento, suonerebbe indipendentemente dalla nostra presenza.

Sin dagli inizi della sua carriera, Max si è sempre alternato tra lo stare in piedi, sul fronte del palco, armato di chitarra e seduto, dietro il banco del mixer. Grazie alla sua sensibilità musicale infatti ha lavorato spesso dietro le quinte nei panni di produttore seguendo le orme di un suo idolo come Brian Eno. Con questa esperienza ed ispirazione, unita alla sua curiosità ha realizzato, sin dal 2011, diversi progetti nei quali ha mescolato divulgazione scientifica e sperimentazione sonora. Se in Earthphonia, ad essere complice del suono di Max è stata la natura e la natura soltanto, in passato, ad esempio in “Materia Che Diventa Musica” (MCDM) in collaborazione con l’artista Daniele Mana (Vaghestelle), lo sono stati, vetri, un altoforno o il motore di una Formula Uno della scuderia Toro Rosso, integrati a beat e altri suoni melodici creati in studio. Nel collettivo Deproducer, invece, al fianco di Gianni Maroccolo, Riccardo Sinigallia, Vittorio Cosma e con il contributo di famosi scienziati ha unito musica, scienza e poesia. Earthphonia, oltre alle tracce digitali che si possono ascoltare sulle varie piattaforme, esce anche in supporto fisico: Libro + Cd. Il volume, pubblicato da Slow Food, contiene il racconto della realizzazione di quest’opera con il contributo, anche in questo caso, di personalità come Michelangelo Pistoletto, Stefano Mancuso, Carlo Petrini, Mariasole Bianco e del geologo Mario Tozzi che ne è l’autore oltre che l’ispiratore della traccia più “vulcanica” intitolata Strombolian Activity”.

Ascoltare Earthphonia è un’esperienza che, in un periodo in cui viaggiare non è così scontato, può permettere di immergersi nella natura, lasciandosi avvolgere dalla sua armonia, facendosi ispirare dalla sua saggezza, sentendosi in contatto con una realtà più ampia, sempre in grado di mostrare qualcosa di nuovo e di trasmettere benessere “semplicemente” ascoltandola e quindi rispettandola.

photo by: Luca Saini

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