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Arte e Cultura

Ecologico e green, è il teatro nella natura

Simona Spaventa
Di Simona Spaventa
Piemontese, dopo la laurea in lettere moderne e un master in filologia romanza a Friburgo, ha frequentato l’Ifg di Milano ed è diventata giornalista professionista. Oggi è freelance e critico teatrale. Dal 2001 collabora stabilmente con le pagine milanesi e nazionali del quotidiano LaRepubblica per il teatro e il cinema. Tra le sue altre collaborazioni quella con il manifesto e, in passato, con il mensile di Emergency E. La sua passione, oltre al cinema e al teatro, sono i gatti e i viaggi in Oriente.
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Pubblicato il 04.08.2021 alle 9:58

Fare teatro nei boschi e nei parchi naturali, scoprire il paesaggio camminando e ascoltando la parola degli attori che si mescola al suono dell’acqua di un ruscello e al canto degli uccelli sugli alberi. Il teatro nella natura ha sempre affascinato gli spettatori, da quelli meno abituati alla sala classica a quelli ormai insofferenti alle rappresentazioni più tradizionali e stantie. Ma negli ultimi anni, con il crescere della consapevolezza ecologica di fronte alla realtà preoccupante del riscaldamento climatico, e ancora di più oggi dopo la clausura forzata per la pandemia, questo filone sta conquistando una platea sempre più ampia di spettatori.

Le sue radici in Italia affondano nella stagione della ricerca teatrale fervida e spericolata: gli anni Settanta. Da allora, alcuni gruppi continuano a portare avanti, modificandone la forma ma non il significato profondo, le sperimentazioni di maestri come Jerzy Grotowski ed Eugenio Barba. Proprio Grotowski è stato il punto di riferimento per Sista Bramini, la prima e più importante voce di questo tipo di teatro in Italia. Da trent’anni con la sua compagnia O’ Thiasos TeatroNatura, che ha base nelle campagne di Centeno di Proceno, in provincia di Viterbo, in una casa-podere in collina, sviluppa spettacoli e tiene laboratori di ricerca che indagano l’essenza del “genius loci”. Perché, ne è convinta, uno spettacolo non può prescindere dal luogo in cui accade: «Dopo trent’anni di ricerca a contatto con i boschi, il vento, le grotte, i corsi d’acqua, lo sguardo all’erta, in ascolto dei suoni degli animali, non posso più pensare a un teatro che non dialoghi con i luoghi naturali e gli esseri che li abitano. Non posso rinunciare alla possibilità, di presenza e libertà, che l’incontro con il mistero della Natura sa risvegliare». Parola e canto si uniscono in performance immerse nel verde o messe in scena in siti archeologici, che con la sua compagnia porta in festival dalla vocazione naturalistica.

Succede in estate al Giardino delle Esperidi, rassegna che ha come centro nevralgico Campsirago, piccolissimo borgo lombardo sulle colline della Brianza lecchese dalla storia particolare: spopolatosi negli anni Sessanta, nei Settanta fu occupato da giovani hippie, e poi abbandonato. In quegli anni, nel 1979, vide però anche un esperimento che sarà fondamentale per il futuro teatro nella natura: l’evento L’Albero delle genti, in cui Grotowski per tre giorni guidò i partecipanti ad azioni improvvisate allo scopo di sperimentare col corpo, il canto e la musica un “ampliamento percettivo”. Oggi, Campsirago è diventata una residenza teatrale, guidata dalla compagnia Scarlattine Teatro di Michele Losi, che organizza le Esperidi. Il loro nuovo spettacolo, Alberi Maestri, è un percorso sensoriale nel bosco, una «performance itinerante ed esperienziale alla scoperta del mondo degli alberi e delle piante, principio e metafora della vita stessa». Guidato da un performer, il pubblico vive «un’intensa esperienza sonora, poetica e visiva che lo condurrà verso una consapevolezza empatica ed emozionale della straordinaria comunità delle piante e degli alberi, gli esseri viventi più antichi del pianeta che, come grandi giganti, assistono al passaggio delle generazioni». Percorso interattivo nel bosco è anche l’installazione Vivarium, dove muniti di cuffie e smartphone si segue una voce guida che conduce da Campsirago all’eremo di San Genesio, attraverso tappe misteriche in cui grazie alla tecnologia appaiono figure mitiche tridimensionali.

Altra voce di riferimento del teatro nel paesaggio è Lorenza Zambon della Casa degli Alfieri, che ha sede nelle campagne piemontesi di Castagnole Monferrato. Lei, che si definisce “attrice-giardiniera”, è presenza costante al Festival della Biodiversità del Parco Nord di Milano, previsto quest’anno dal 16 al 26 settembre. La natura in città ci avvicina a un tipo di teatro esperienziale che può essere anche squisitamente urbano: premiatissimo in questa direzione è il gruppo tedesco dei Rimini Protokoll, Leone d’argento alla Biennale Teatro di Venezia nel 2011, che crea percorsi metropolitani site-specific da scoprire in cuffia seguendo un performer-guida. Tornando all’immersione nella natura, un’altra rassegna di riferimento è Gran Paradiso dal vivo, che ha come scenario i bellissimi borghi montani della parte torinese del parco, da Alpette a Ceresole Reale e Valprato Soana. Diretta in origine da Sista Bramini, si terrà dal 26 agosto al 12 settembre e ospiterà tra i performer Lorenza Zambon.

Ma il teatro nella natura può essere anche architettura, in un territorio che può confinare con la Land Art. Emblematico in questa direzione il Teatro Dimora di Mondaino, in provincia di Rimini: una struttura in materiali ecocompatibili – legno, pietra, vetro – immersa nel paesaggio della Valconca come una foglia adagiata sul terreno. In Trentino, in Val di Sella, esiste addirittura una “cattedrale vegetale”, un’architettura vivente a tre navate costituite da carpini che crescono all’interno di ottanta colonne di dodici metri destinate a degradarsi e scomparire una volta che le piante saranno diventate alte. L’ha realizzata nel 2001 l’artista lodigiano Giuliano Mauri all’interno di Arte Sella, la rassegna internazionale di Land Art che, accanto alle opere immerse nel verde, ospita spettacoli teatrali e concerti di artisti di punta, da Marco Paolini al violoncellista Mario Brunello.

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