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Arte e Cultura

Fuori dal mondo noi, insieme

Edoardo Rossi
Di Edoardo Rossi
Edoardo Rossi è autore e podcaster. Classe 1975 nasce come speaker di programmi musicali radiofonici in emittenti locali e poi tematiche. Contemporaneamente intraprende l’attività di redattore e autore nelle redazioni di programmi di Mediaset (action, divulgazione, reality). Realizza documentari e docu-reality musicali presso MTV, Deejay TV, SKY Arte, contenuti branded televisivi e digital e si occupa di racconti di  viaggio e divulgazione (scientifica, storica, geologica e antropologica) per Overland/Raiuno.
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Pubblicato il 25.03.2021 alle 9:00

Brunori Sas ha vinto la Targa Tenco 2020 come miglior album in assoluto per il disco “Cip!” Uscito all’ inizio del medesimo anno, ha, a parer mio, la grande caratteristica, come la gran parte della produzione del cantautore calabrese, di usare frasi leggere e contemporaneamente dirette per trasmettere concetti e valori profondi.

Contiene singoli come “per due che come noi” e “al di là dell’amore”, ma il brano che mi suggerisce una riflessione in più si intitola “fuori dal mondo”.

Quante volte ci siamo chiesti se il nostro modo di pensare sia di un altro pianeta perché non ci sentiamo capiti? Quante volte invece avvertiamo che il pensiero espresso da una persona è così diverso dal nostro, da accusarlo di non essere terrestre?

La canzone racconta di tutti coloro che sembrano “fuori dal mondo” perché vivono credendo nell’amore, nella salvaguardia del pianeta, senza badare all’apparenza, sapendo che “volere è potere”.

Qui la domanda sorge spontanea. Visto che questo stile di vita, che esprime possibilità nonostante il mondo sia pieno di ingiustizie, viene vissuto come “alieno”, quali sarebbero le caratteristiche di una personalità per non essere fuori dal mondo? Non sarà mica essere continuamente vittime della sofferenza, cinici e individualisti, vero?

La risposta sembra essere: entrambi gli atteggiamenti fanno parte del mondo. Osservando oggettivamente i fatti, queste sfumature fanno parte della nostra cultura, dei nostri umori, dei conflitti interiori ed esteriori. Questo genera in noi un forte ping pong al quale a un certo punto abbiamo messo un freno scegliendo, come risposta alle avversità della vita, di assumere comportamenti tipici di una di queste due polarità in particolare. Entrambe hanno pregi e difetti, ma spesso fanno fatica a incontrarsi e a dialogare, infatti generano dentro di noi scontri e frizioni, ma pure fuori, con gli altri. Eppure, sarebbe interessante vedere cosa potrebbe emergere se facessimo dialogare, sedute a un tavolo di un bar in stile “coffee and cigarettes”, caratteristiche come la frustrazione e la magia, la rassegnazione e la possibilità, la tristezza e la vitalità; roba da farci il sequel di Inside Out!

In questo scenario di “fazioni” separate che, se collaboranti, potrebbero diventare preziose alleate, emergono le tematiche di un altro grande disco della musica italiana che si intitola “Il sole nella Pioggia” di Alice. L’autore della canzone, che diede poi il titolo all’album del 1989, Iuri Camisasca mi disse in un’intervista che con quel titolo non intendeva fare della metafora del vedere la luce in un giorno uggioso, un inno alla positività, ma all’equilibrio, scaturito dalla capacità, che si raggiunge dopo un po’ di esercizio interiore, di vedere contemporaneamente di fronte a sé sia il bene, che il male, sia il sole, sia la pioggia senza che una o l’altra influiscano in modo totalizzante. Una visione che ci permette di comprendere come il benessere non possa prescindere dalla consapevolezza delle cause del suo opposto in un continuo fluire di passi giusti e falsi, sentieri illuminati o vicoli ciechi, ma entrambi sempre parte dello stesso percorso. Un esercizio non semplice che probabilmente occorre fare, a scanso di equivoci, con i piedi ben piantati a terra così da avere sempre un “ancoraggio” e concedersi, in “sicurezza”, la possibilità necessaria di continuare a sognare.

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