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Immagine principale di: L’enigma della camera 622 - La forza di volontà superiore a tutto
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Arte e Cultura

L’enigma della camera 622 – La forza di volontà superiore a tutto

Corinne Corci
Di Corinne Corci
Nata a Milano, è una giornalista praticante. Dopo essersi laureata in Lettere moderne e aver lavorato come correttrice di bozze per Mondadori, ha frequentato la scuola di giornalismo IULM. Collabora con alcune testate tra cui D la Repubblica, Icon e Rivista Studio.
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Pubblicato il 09.10.2020 alle 8:58

Joël Dicker, autore dei successi mondiali La verità sul caso Harry Quebert, Il libro dei Baltimore, La scomparsa di Stephanie Mailer, è tornato con un romanzo straripante, L’enigma della camera 622. Pieno di colpi di scena, di personaggi dalla doppia o tripla verità, sullo sfondo di giochi di potere, segreti di famiglia, inganni, tradimenti, gelosie. Nasce tutto in un fine settimana di dicembre, al Palace de Verbier sulle Alpi Svizzere, durante la festa annuale di un’importante banca d’affari di Ginevra, per l’elezione del nuovo Presidente. Quella notte, un omicidio nella camera 622 modifica il corso degli eventi fino a 15 anni dopo, quando uno scrittore, lo stesso autore che sceglie di diventare un personaggio, sceglie l’hotel per trascorrere qualche giorno di pace, ritrovandosi invischiato nel medesimo caso irrisolto di molti anni prima. 

Non solo un grande e potente thriller sentimentale, ma una riflessione sull’essere scrittori, sul rapporto tra scrittore e editore e il genio creativo. In premessa leggiamo: «Cari lettori, prima che iniziate la lettura di questo romanzo voglio condividere con voi un pensiero commosso per il mio editore, Bernard de Fallois, che ci ha lasciato nel gennaio 2018. Bernard de Fallois aveva un eccezionale senso della letteratura. Questo libro gli deve molto. Così come i miei precedenti romanzi. Buona lettura». E nel primo capitolo «Bernard de Fallois era l’uomo a cui dovevo tutto. Il mio successo e la mia notorietà erano merito suo. Era grazie a lui se mi chiamavano “lo Scrittore”. Era grazie a lui se i miei libri venivano letti. Quando l’avevo incontrato, non ero neppure un autore pubblicato, e lui aveva fatto di me uno scrittore letto in tutto il mondo. Malgrado la sua aria di elegante patriarca, Bernard era stato una delle personalità più importanti dell’editoria francese. Per me fu un maestro e, soprattutto, nonostante i sessant’anni che ci separavano, un grande amico». È qui, oltre al ricordo per una personalità a cui l’autore ha voluto bene, che si trova un minicorso di scrittura per romanzi gialli, quando il protagonista spiega «spesso la gente pensa che per scrivere un romanzo si parta da un’idea. Invece una storia prende le mosse innanzitutto da una voglia», sostiene Joël, «quella di scrivere. Una voglia che si impadronisce di te e che niente può ostacolare, una voglia che ti allontana da tutto. Questo desiderio continuo di scrivere, io lo chiamo “la malattia degli scrittori”». E quindi puoi avere la trama migliore del mondo, ma se non hai voglia di scrivere, non concluderai niente. Si tratta di un consiglio applicabile a qualsiasi ambito della vita, soprattutto lavorativo, come se la forza di volontà fosse la parte principale e fondamentale per il raggiungimento di un fine, prima ancora dell’azione stessa. 

Per poter capire cosa sia successo nell’elegante Palace de Verbier  – e soprattutto per quale motivo –  lo Scrittore e la sua assistente devono necessariamente scavare nel passato: indagare sulle vite, gli amori e i segreti di coloro che hanno ruotato intorno alla disgraziata vittima della camera 622. Ciò che emerge dalle carte, dai ritagli di giornale e dalle voci dei testimoni dell’epoca è una vicenda intricata: giochi di identità che si riflettono davanti a uno specchio che restituisce immagini ed esistenze molteplici, segrete, necessarie. Complicatissima sì, ma che permette di comprendere ancora una volta quanto sia necessario ricostruire il puzzle, mettere insieme ogni più piccola tessera per riuscire a farsi un’idea che sia verisimile, senza giungere a conclusioni affrettate: lo facciamo sempre. 

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