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Arte e Cultura

Perché le serie tv ci aiutano a comprendere meglio la realtà

Roy Menarini
Di Roy Menarini
Roy Menarini è critico cinematografico e docente universitario. Insegna Cinema e Industria Culturale all’Università di Bologna. Collabora con la Cineteca di Bologna e vari festival italiani. Ha scritto numerosi volumi sul cinema contemporaneo e sui generi cinematografici, oltre che monografie su James Cameron, Stanley Kubrick, David Lynch, Nanni Moretti. Dirige la rivista accademica Cinergie e il blog Cinefilia Ritrovata. Scrive su Film Tv e MyMovies.
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Pubblicato il 19.10.2018 alle 15:49

L’importanza delle serie televisive per la vita delle persone è diventata evidente quando qualcuno ha cominciato a negare di vederle. “Io? No, non guardo serie TV, preferisco vivere”. Quando si creano addirittura sacche di resistenza o periodi di disintossicazione mediale, quasi fosse un percorso di rehab di fronte alla mania per la serialità, allora sì che si può parlare di un fenomeno da prendere sul serio.
Ma perché le serie televisive sono così popolari? Fino a qualche tempo fa, le spiegazioni erano di tipo esistenziale. Gli studiosi parlavano, con termini un po’ astrusi, di “duratività”, ovvero di un sistema narrativo che – proseguendo a lungo – prometteva di non concludersi mai, di costituire una storia di esistenza alternativa e affiancata alla nostra, e dunque di promettere simbolicamente vita eterna.
Ma poi è arrivata l’ondata digitale, il binge-watching, sono esplosi i confini dei singoli episodi, le durate, le convenzioni, esistono miniserie e serie antologiche, si va dal documentario all’animazione e a spasso tra i generi più disparati. Alcune proseguono, altre finiscono, altre migrano attraverso spin-off o estensioni dell’universo narrativo. Per non parlare dell’effetto-catalogo e del piacere del vintage, che porta adolescenti e liceali a recuperare, oggi, i Friends e i Sex and the City che i loro genitori consumavano in età adulta sul divano con la birra in mano, quando dei marmocchi non c’era altro che una mezza idea in testa per il futuro.
Insomma, di serie ce ne sono moltissime, e per tutti i gusti. Difficile pensare che la spinta a vederle di continuo sia solamente il simulacro di una vita che scorre parallela alla nostra, se non forse di fronte alle care, vecchie soap opera. La sensazione è che invece le serie ci servano ad altro. Per esempio:

  • A comprendere meglio il mondo che ci circonda
  • A contenere e armonizzare le spinte laceranti del presente
  • A conoscere altre personalità, altri stili di vita e altre psicologie
  • A esplorare racconti articolati e complessi migliorando la nostra competenza narrativa
  • Ad analizzare e processare dilemmi etici e civili

In fondo, se osserviamo questo elenco, ci accorgiamo che questo potenziale di trasformazione ed emancipazione, e la sua capacità di ampliare la nostra comprensione della vita, è stata considerata per decenni appannaggio del cinema. E se i continui confronti tra serie televisive e film sono quasi sempre fuorvianti (si tratta di due forme differenti di comunicazione ed espressione, ognuna con le sue caratteristiche), possiamo fare un’eccezione in questo caso. Perché da ormai un paio di decenni tocca alle serie televisive questo importante compito di fonte all’immaginario collettivo.
L’agenda sociale e storica è perfettamente rappresentata dalle narrazioni lunghe. Basti pensare a come The Americans ha anticipato, raccontando gli anni Ottanta, il ritorno dello spionaggio internazionale tra Stati Uniti e Russia. A come Homeland ha saputo analizzare lo scacchiere del nuovo multilateralismo della politica internazionale nell’epoca del terrorismo. A come House of Cards ha suggestionato le campagne elettorali americane attraverso una rappresentazione paranoica della Casa Bianca. A come The Handmaid’s Tale ha ridisegnato il dibattito sul femminile e il femminismo in modo inconsueti e spiazzanti. A come Atlanta ha reinventato il genere comedy e la retorica afroamericana con iniezioni di surrealtà inattesa. A come Il trono di spade ha raccontato, attraverso il medioevo fantastico, le tensioni politiche e le crisi civili della contemporaneità. A come This is Us ha reinventato la famiglia eufemistica della televisione tradizionale. A come Stranger Things ha generato culto e merchandising paragonabile ai Goonies d’antan.
E grazie al consumo globalizzato, oggi anche serie italiane (Gomorra), tedesche (Dark), francesi (Les Revenants), o recitate in spagnolo (Narcos o La casa di carta) sono in grado di far circolare e generare immaginari forti.
Potremmo continuare a lungo, e tutti i lettori saprebbero aggiungere le loro serie preferite. Ma preferiamo concludere affermando che – sebbene non tutte le opere siano allo stesso livello, e pur essendo la quantità dei prodotti ormai incontenibile – la serialità è il fenomeno audiovisivo contemporaneo più importante e più ricco di conseguenze per la nostra visione del mondo.

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