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Empowerment

L’aiuto è efficace anche nel business – soprattutto oggi

Antonio Belloni
Di Antonio Belloni
Antonio Belloni è nato nel 1979. Vive e lavora a Milano, dove si occupa di strategie di comunicazione e marketing. Scrive di impresa e Made in Italy su diverse testate nazionali. Nel 2012 ha pubblicato Esportare l’Italia. Virtù o necessità? per Guerini e Associati Editori e nel 2014 Food Economy, l’Italia e le strade infinite del cibo tra società e consumi per Marsilio Editori.
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Pubblicato il 23.03.2021 alle 9:00

Felice imprevisto

La vita professionale è regolata da logiche contrattuali, di mercato, utilitaristiche, ispirate da filosofi come Hobbes, Locke, Russeau.

Invece l’aiuto, così come la cura, sono considerati ambiti o virtù private, non previste nelle attività commerciali, né tanto meno contemplate in un contratto di lavoro.

Eppure, nei momenti di grande difficoltà, qualcosa cambia, e quando l’aiuto arriva, è accolto come un felice imprevisto.

Concentrati sui bisogni

Che cosa possiamo intendere per aiuto nel mondo del lavoro?

Non si tratta del comunissimo “ti do una mano”, ma più generalmente di un approccio che tende ai bisogni altrui.

Può essere una fettina del tempo professionale o aziendale concentrato sulle debolezze, le fragilità, i problemi degli altri; che siano colleghi, dipendenti, clienti o fornitori.

Può essere un impegno dedicato a necessità non direttamente connesse al momento o al luogo in cui lavoriamo, o che non hanno un impatto diretto o “interessato” al fatturato, alla produttività, al progetto da realizzare.

Nello scambio della cura e dell’aiuto, infatti, non c’è simmetria, non c’è alcun do ut des.

La miccia della salute

Aiuto e cura possono contribuire in modo efficace al benessere di chi lavora con noi; di chi sta sopra, sotto, di chi sta a fianco. Ma perché ragionare di aiuto proprio adesso?

In pochi mesi, l’argomento salute è diventato così prioritario da impregnare tutto, anche i contesti del lavoro e dell’azienda.

È infatti aumentata la nostra vulnerabilità: sono aumentati i rischi, anche connessi al lavoro stesso, al come lo facciamo, al come ci arriviamo, al se ce l’abbiamo.

L’aumento di queste aspettative sulla salute, sulla sicurezza e sulla protezione del corpo e della mente sta influenzando inevitabilmente anche le attese nella nostra veste di consumatori, dipendenti, colleghi.

Un’abitudine

Evitare rischi e proteggere la salute genera e diffonde una mentalità nuova, che ci sta rendendo tutti molto più sensibili, proprio alla cura, ed all’aiuto, che non è più un felice imprevisto, ma è un’aspettativa consolidata.

È una domanda a cui non si può certo rispondere con un’offerta commerciale: dicevamo che non può andare in fattura, proprio perché l’aiuto non si può vendere.

Ma può contribuire a plasmare una nuova postura psicologica verso gli altri che lavorano con noi o hanno rapporti con noi; una postura che si trasforma in un’abitudine, un approccio ben preciso.

Ad esempio, una multinazionale che vende comunissimi cereali da colazione può decidere di finanziare aree di sosta per il fitness nei parchi, consapevole che i propri clienti abbiano esigenze di salute fisica, e cercare di soddisfarle anche se non rientrano nel loro modello di business.

Il corso per scrittori e redattori può fornire gratuitamente ai propri iscritti una serie di lezioni sulla corretta postura quando si scrive al pc, consapevole dei problemi alla schiena di chi è seduto davanti alla tastiera per molte ore.

La media impresa di provincia può allestire un servizio di baby sitting per i propri dipendenti che hanno i figli a casa dalla scuola, chiusa causa Covid.

Relazioni forti

In maniera riduttiva si potrebbero classificare molti di questi esempi come semplicissimi casi di corporate social responsibility, oppure di moderne forme di welfare aziendale.

Va invece notato che con l’esperienza della pandemia molte più aziende stanno entrando in una modalità protettiva nei confronti delle comunità con cui sono in contatto.

È forse una reazione all’assottigliamento dei rapporti umani causato dalle distanze fisiche, che punta a costruire relazioni forti e durature.

In ogni caso, questi nuovi approcci delle aziende inclini all’aiuto, con l’arrivo della pandemia si sono espressi in diverse modalità:

  • dando ai dipendenti informazioni utili e educandoli alla prevenzione del rischio;
  • aiutandoli a proteggere la loro sicurezza fisica, ma anche quella finanziaria;
  • favorendo la possibilità di fare comunità;
  • creando partnership con enti pubblici per affrontare le emergenze…

Per ora va piantata una bandierina in cima alla collina!

Tutto ciò porta all’ascolto e all’osservazione dell’individuo che non è più solo un dipendente o un consumatore. Ci rende consapevoli che condividere i momenti difficili crei un rapporto indissolubile.

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