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Empowerment

Buzz Lightyear ci insegna ad accettare le nostre vite

Roy Menarini
Di Roy Menarini
Roy Menarini è critico cinematografico e docente universitario. Insegna Cinema e Industria Culturale all’Università di Bologna. Collabora con la Cineteca di Bologna e vari festival italiani. Ha scritto numerosi volumi sul cinema contemporaneo e sui generi cinematografici, oltre che monografie su James Cameron, Stanley Kubrick, David Lynch, Nanni Moretti. Dirige la rivista accademica Cinergie e il blog Cinefilia Ritrovata. Scrive su Film Tv e MyMovies.
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Pubblicato il 28.06.2022 alle 8:44

Dal giocattolo alla persona  

La scritta su grande schermo con cui comincia Lightyear – La vera storia di Buzz (nuovo film della Pixar/Disney uscito in tutto il mondo negli scorsi giorni) è a suo modo geniale: quello che stiamo per vedere, ci avverte il narratore, è il film che ispirò il giocattolo comprato da un bambino nel 1995. Quindi, con la solita originalità, la Pixar rimane attentamente dentro l’universo costruito più di un quarto di secolo fa con la saga di Toy Story. L’idea che Lightyear – La vera storia di Buzz non sia un semplice prequel della vita del giocattolo vivente, bensì il “film-nel-film” che ne ispirò la fabbricazione, conferma la vocazione di questa straordinaria casa di produzione nel mescolare intrattenimento per famiglie e riflessione sul mezzo cinematografico, oltre che sul concetto di prodotto (in fondo che cos’è Toy Story in tutti i suoi episodi se non un ragionamento in forma di cartone animato sul rapporto tra replica – il giocattolo – e unicità degli esseri umani?).

Insomma, pur non essendo forse al livello dei capolavori del passato, Lightyear – La vera storia di Buzz rappresenta una solida prosecuzione di quell’esperienza di animazione intelligente che ormai dagli anni Novanta la Pixar, prima ancora di fondersi con la Disney, garantisce a noi spettatori cinefili. 

Un racconto di fantascienza classica 

Ma che cosa racconta il film? Le peripezie del ranger dello spazio sono ispirate a un enorme repertorio di fantascienza classica (e moderna), sia letteraria sia cinematografica. Ci vorrebbe troppo tempo per elencare tutti i riferimenti e le citazioni presenti grazie alla conoscenza approfondita del genere da parte di sceneggiatori e regista. Limitiamoci a dire che tutti i grandi temi della science fiction sono presenti: il viaggio nello spazio, il viaggio nel tempo, la creazione di comunità terrestri su altri pianeti, i robot, l’intelligenza artificiale, i paradossi cronologici, le armi futuribili, e così via. 

Lightyear – La vera storia di Buzz contiene anche momenti molto impegnativi per gli spettatori più piccini, come quando il protagonista – viaggiando ai limiti dello spazio/tempo – torna a casa scoprendo che le poche ore da lui passate sulla navicella corrispondono ad alcuni anni per le persone che lo attendono. Lui rimane sempre uguale e gli altri invecchiano a ogni missione: uno squarcio doloroso e malinconico che intreccia i temi della caducità del tempo che passa e del ciclo della vita. Solo la Pixar riesce ad affrontare il tabù della morte nel cinema di animazione con tanta disinvoltura, basti pensare ai primi minuti di Up!, forse le sequenze più “adulte” e commoventi che si siano mai viste nel cosiddetto “cinema per famiglie”.

Una grande lezione di vita 

Una volta fatti gli elogi di questo divertente e brillante ritratto del futuro, di questa ispirata variazione sul genere avventuroso, che cosa ci resta di Lightyear – La vera storia di Buzz? Non basta certo analizzarne i meccanismi per comprendere il messaggio più profondo del racconto. Infatti gran parte della storia ruota intorno ai tentativi di Buzz di trovare un modo per riportare i ranger (e gli altri componenti dell’equipaggio) sulla Terra, dopo essere stati costretti ad atterrare e restare in un pianeta indesiderato. 

Senza svelare il finale, e nemmeno le mille sfide che il protagonista e i suoi commilitoni devono affrontare, possiamo affermare che il percorso di Buzz è un lungo viaggio verso l’accettazione di uno stato di fatto. Non si può sempre vincere, non si può sempre fuggire, non so può sempre trovare una soluzione per qualsiasi cosa. Talvolta è necessario trovare un compromesso con quello che si ha, e cominciare a esplorare il meglio di universi apparentemente ostili, per poi scoprire che una convivenza è possibile e che, pur con regole diverse a quelle cui eravamo abituati, si può trovare una realizzazione di noi stessi anche senza tornare al tempo e al luogo in cui eravamo felici. 

La domanda è dunque questa: e se la Pixar ci avesse offerto una nuova, grande lezione di vita e, per via allegorica, ci avesse parlato di come tornare a vivere in un mondo dove esistono il Covid e tutti gli altri grandi problemi dell’umanità? Non esistono mondi perfetti, esiste solo il nostro ed è su questo che dobbiamo investire e costruire il futuro. 

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