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Empowerment

Una pacca sulla spalla fa miracoli: sei diventato un capo, ora impara a motivare il tuo team

Giulia Blasi
Di Giulia Blasi
Giulia Blasi è scrittrice, autrice e conduttrice radiofonica. Fa parte della redazione del periodico digitale di Treccani, Il Tascabile, e ha all’attivo una lunga esperienza come content e community manager nella rete italiana. Il suo ultimo romanzo si intitola Se basta un fiore (Piemme, 2017).
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Pubblicato il 22.03.2017 alle 14:30

Eccoti qua, non te ne sei neanche accorto e sei diventato un capo: gli anni di carriera e l’esperienza ti hanno fatto diventare un riferimento per i più giovani. Si chiama “seniority”, e come diceva l’Uomo Ragno, da grandi (e piccoli) poteri derivano grandi (e piccole) responsabilità. E la prima di tutte, prima ancora di “portare a casa il lavoro”, è quella di gestire la tua squadra e le persone che lavorano per e con te in modo che quel lavoro non venga semplicemente portato a casa, ma venga fatto al massimo. 

1. Fai star bene la tua squadra

Il metodo più affidabile per far sì che una persona lavori bene è farla stare bene. Le persone tristi, demotivate e depresse lavorano male, non è un segreto e non è una novità. La prima cosa da fare, quindi, è assicurarsi che l’ambiente di lavoro sia disteso, giocoso in proporzione all’attività – molto gioco fa bene ai creativi; troppo gioco fa male a chi fa lavori in cui concentrazione e precisione devono avere la precedenza sul guizzo e sul pensiero laterale – e che nessuno si senta eccessivamente pressato o angosciato dal lavoro che deve svolgere. Se qualcuno si sente angosciato, la distribuzione del lavoro è fatta male oppure gli è stato assegnato un compito che non lo fa sentire sicuro. Oppure ha paura di sbagliare perché ogni volta che sbaglia partono lavate di testa indimenticabili, e di conseguenza sbaglia più spesso.

2. Impara a dire “Bravo!”

La chiave di tutto è il feedback costruttivo. Il che non significa solo criticare il lavoro suggerendo aggiustamenti, ma anche e soprattutto dire “Bravo!” Questa parte viene molto sottovalutata, ma è di un’importanza vitale: la lode, il riconoscimento del merito, anche piccolo, anche minuscolo, è un enorme motivatore. L’ambiente di lavoro è spesso talmente stressante che chi gestisce una squadra dà per scontato che tutti siano bravi, oppure – peggio ancora – che siano tutti mediocri e la imbrocchino per caso. Il modello più o meno inconscio è la Miranda Priestly de Il diavolo veste Prada: gelida, ingenerosa, esigente ma avara di riconoscimenti, fa marciare la sua squadra con il carisma. Tutti vogliono essere alla sua altezza. Un modello basato sul terrore che funziona forse se siete Meryl Streep, ma non siete Meryl Streep. Neanche Meryl Streep è quella Meryl Streep.

Una pacca sulla spalla fa miracoli: non lesinare mai le lodi.

3. Riconosci i meriti individuali

Tutto quanto sopra deve essere portato anche al di fuori della cerchia immediata dei collaboratori: a meno di essere capi supremi del mondo, è facile che ogni capo abbia a sua volta un capo o più capi a cui riportare. È spesso costume dei capi assumersi la paternità delle buone idee generate dalla squadra, ma questo genera scontento e disaffezione: la squadra è fatta di persone, e le persone hanno bisogno di sentirsi gratificate, non di veder sacrificato il loro valore sull’altare della bella figura collettiva. Tutti bravi, certo, ma fare i nomi di chi si è distinto è importante; e un bravo capo sa riconoscere i meriti di ognuno, anche dei più timidi e meno propensi a sgomitare per farsi notare. Un bravo capo coltiva il timido, cerca di capire in cosa è bravo davvero, lo usa al meglio.

4. Sii gentile, sempre

Tratta tutti con gentilezza, anche quando fanno errori, anche quando gli errori ti fanno venire voglia di darti le manate in faccia. Dagli errori si impara, ma si deve imparare anche a porvi rimedio: in questo senso è essenziale che chi ha fatto il pasticcio faccia anche del suo meglio per venirne fuori.

5. Sii il capitano del loro cuore

Può capitare anche che l’errore causi incidenti con un cliente o un superiore, e in quel caso il bravo capo fa da scudo a chi ha sbagliato. La squadra, motivata, deve sentirsi anche protetta: un capitano che voglia essere seguito anche nelle missioni impossibili deve essere sempre pronto a prendersi la pallottola per i suoi.

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