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Empowerment

Costruire la pace è soprattutto un compito educativo

Roberto Panzarani
Di Roberto Panzarani
Presidente dello Studio Panzarani & Associates, docente di Innovation Management e di Governo dell’innovazione tecnologia presso la facoltà di Economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Ha sempre operato nel campo della formazione. Attualmente,  come esperto di Business Innovation, si occupa dello sviluppo di programmi di innovazione manageriale per il top management delle principali organizzazioni italiane e internazionali. Il suo nuovo libro “Viaggio nell’innovazione Dentro gli ecosistemi del cambiamento globale” è edito Guerini e per Centodieci racconta come facilitare quei cambiamenti interni alle aziende in grado di creare nuove occasioni di business.
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Pubblicato il 03.05.2022 alle 9:12

Le notizie sulla guerra di questo ultimo periodo ci riportano a tante riflessioni e ci dicono che l’evoluzione non riesce a sradicare quella violenza ancestrale che accompagna la storia dell’umanità, così come Jared Diamond nel suo saggio di qualche anno fa, “Collasso”, ricordava che ci volle più di un milione di anni prima che due uomini che si incontravano casualmente su un sentiero non si uccidessero per il solo fatto di essere estranei. 

In questa visione così brutale e difficilmente accettabile, dobbiamo però aprire gli occhi anche su quanti invece indirizzano i loro sforzi sulla costruzione della pace. 

L’UPEACE, l’Università della Pace

Il Costa Rica, ad esempio, è uno Stato che crede nella costruzione della pace fin da quando abolì  la pena di morte nel 1882 e il suo esercito nel 1948. Dalla fine del 1800 offre asilo a coloro che subiscono persecuzioni politiche e fu lo Stato che, dal 1907 al 1918, ospitò il primo tribunale internazionale permanente (la Corte di giustizia centroamericana) per dare voce alle questioni di diritto internazionale e diritti umani. Sono queste caratteristiche che nel 1980 portarono le Nazioni Unite ha convalidare la proposta dell’allora presidente del Costa Rica, Rodrigo Carazo, a istituire proprio lì l’università per la Pace (UPEACE) e che negli anni, dalla presidenza di Annan in poi, sono state adottate una serie di misure per riorganizzare, rafforzare e internazionalizzare in modo più completo l’Università per contribuire, attraverso reti di centri ed attività UPEACE che collaborano tra loro, in modo più efficace all’educazione alla pace.

Il campus si trova ad ovest della capitale San José vicino ad una foresta primordiale protetta e ad un parco della pace. È organizzato in tre dipartimenti che offrono undici programmi di master di durata annuale e che trattano temi quali ambiente e sviluppo, Pace e studi per la risoluzione dei conflitti, diritto internazionale. L’Università ha recentemente istituito il Centre for Executive and Professional Education (Centro per l’istruzione dirigenziale e professionale) e il programma elearning di condivisione della conoscenza per la pace della UPEACE (UPEACE Sharing Knowledge for Peace Program) per permettere a tutti quelli interessati da qualunque parte del mondo di partecipare.

L’invito di Papa Francesco

Tantissime nel mondo sono le partecipazioni delle varie università che si riconoscono in questa rete a fare proprio il messaggio che Papa Francesco, durante la 55ma Giornata Mondiale della pace ha proposto al mondo. Ci sono tre strade da percorrere “per la costruzione di una pace duratura”: “il dialogo tra le generazioni, quale base per la realizzazione di progetti condivisi”; “l’educazione, come fattore di libertà, responsabilità e sviluppo” e “il lavoro per una piena realizzazione della dignità umana”. 

Tre “elementi imprescindibili” per “dare vita ad un patto sociale”, senza il quale “ogni progetto di pace si rivela inconsistente”.

Stiamo attualmente vivendo una situazione di guerra che scuote le nostre vite e anche se non geograficamente coinvolti, lo siamo da un punto di vista emotivo: su quello dobbiamo far leva perché fin da piccoli co-costruiamo la pace. Mettersi in modalità di ascolto, partire dalle emozioni, chiedere cosa si prova, è uno sforzo collettivo che va distribuito in tutti i settori coinvolti: scuole, organizzazioni, enti, istituzioni pubbliche e private perché è un compito che riguarda tutti. Sviluppare in ognuno di noi un senso di appartenenza universale, promuovendo azioni pratiche in tutti i vari contesti senza perdere di vista quelli generali. 

Educhiamo alla Pace

Un altro esempio concreto è il Progetto Living Peace International, un percorso di educazione per la pace che si basa sul lancio del “Dado della pace” sulle cui facce non ci sono numeri, ma frasi che aiutano a costruire rapporti di pace tra tutti. Esso si ispira ai punti de “L’arte di amare” che anni prima Chiara Lubich aveva proposto, con un dado, ai bambini del Movimento dei Focolari. Living Peace International ha l’obiettivo di fare crescere nei diversi ambienti di apprendimento e di vita, l’impegno a vivere la pace e per la pace. 

Il messaggio della costruzione della pace deve diventare strategico, come quello sul climate change o sulla povertà o sul lavoro. In sostanza non c’è niente di scontato, un mondo sostenibile va edificato declinando tutti questi aspetti che, come stiamo vedendo, si legano l’uno all’altro. 

La pace in sostanza non è un sentimento acquisito dall’umanità, ma può e deve diventare un  orientamento che investe la vita umana in ogni suo aspetto, come dice il pedagogista Sidoti che su Orizzonte Scuola spiega come la pace è un moto dell’animo che deve essere alimentato e nutrito quotidianamente e non solo risvegliato nelle diverse giornate dedicate alla memoria, deve essere un lavoro costante e carico di spinta emozionale. 

Così come nell’accezione pasoliniana, il progresso non fa parte ancora della nostra cultura, ma la comprensione umana arriva appena a disegnare uno sviluppo economico spesso ricco delle brutalità di un capitalismo per molti versi dominato ancora da animal spirit. 

La costruzione della pace è, dunque, soprattutto un compito educativo e non solo politico-sociale.

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