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Empowerment

Giornalisti, scrittori, creator: come possono fare business nel 2022

Giovanni Lucarelli
Di Giovanni Lucarelli
Giovanni Lucarelli è sociologo, scrittore, speaker e trainer in creatività ed innovazione. Svolge attività di formazione e di consulenza, presso istituti scolastici, università e aziende, aiutando le persone a lavorare efficacemente in gruppo e a sviluppare le abilità creative (creative thinking, problem solving, ecc.). Ha pubblicato numerosi articoli e alcuni volumi, tra cui «L’arte di essere creativi» (Quattroventi, 1998), «L’arte di rendere creativo un gruppo» (Quattroventi, 1999), «Il gruppo al lavoro» (Franco Angeli 2005), «Team Innovativi» (Ticonzero, 2011) e  «Fai brillare la tua creatività. 12 consigli per sviluppare il tuo pensiero creativo» (selfpublishing, 2020). Scrive articoli e approfondimenti scientifici sullo sviluppo [...]
Scopri di più
Pubblicato il 08.12.2021 alle 9:00

“Carmina non dant panem” diceva il poeta latino Orazio e, a duemila anni di distanza, le cose non sono così diverse: giornalisti, scrittori e freelance fanno fatica a trarre profitto dai propri scritti.

Che cosa può inventarsi, oggi, un giornalista per guadagnare con maggior soddisfazione e continuità grazie al suo ingegno?

Per un autore, fino a qualche tempo fa, le scelte erano abbastanza limitate: scrivere per un grande (o piccolo) giornale, scrivere per un’agenzia di comunicazione, diventare un freelance. Ognuna di queste scelte comporta, ovviamente, (alcuni) vantaggi e (diversi) svantaggi. 

La situazione già critica dell’editoria classica, cartacea e online, è stata aggravata da un insieme di fattori come la diminuzione dei lettori, l’aumento della diffusione delle fake news, la pandemia da Covid19, ecc. Nel corso del 2020, circa 50 milioni di italiani, pari al 99,4% degli adulti, hanno cercato, online e offline, informazioni sulla pandemia (cosa che non era mai accaduta prima).

In questi ultimi anni, tuttavia, si stanno aprendo nuove possibilità e nuovi modelli di business che, come vedremo tra poco, rappresentano per gli autori delle interessanti opportunità professionali.

La (grande) delusione della pubblicità

Si può guadagnare dalla pubblicità online?

Il mondo del giornalismo ha creduto, negli anni ’90, che fosse possibile, anche online, sostenersi solo grazie ai clic dei lettori e alla pubblicità. L’amara verità emersa è che affidarsi solo alle pubblicità online (che offrono compensi molto esigui) costringe le testate editoriali a raggiungere numeri enormi di visitatori e questo porta alla creazione di contenuti sensazionalistici, approssimativi e “acchiappaclic” (clickbait).

Superata l’illusione di potersi sostenere solo con banner e inserzioni pubblicitarie, gli editori si sono interessati ai Social Network.

Alcune piattaforme, come ad esempio Facebook, hanno permesso, alle testate con una buona presenza online, di diffondere i propri contenuti in modo tempestivo e di ricevere esorbitanti quantità di clic. Nel giro di pochi mesi, però, questa situazione idilliaca è drammaticamente cambiata. I principali Social Network hanno modificato gli algoritmi e svelato la loro vera strategia: attirare creatori di contenuti e farsi pagare per assicurare una buona visibilità.

Creare una “community” di lettori (e sottoscrittori)

Una strategia che si sta rivelando interessante è la creazione, da parte della rivista o del singolo giornalista, di una community di persone interessate. Questo approccio prevede un discreto impegno sia in termini di qualità e quantità dei contenuti sia in termini di costanza nel tempo, ma riserva dei vantaggi notevoli. 

Da un lato, consente di “fidelizzare” i lettori abituandoli a leggere i contenuti proposti, dall’altro, permette di stabilire una relazione più profonda che favorisce il consolidamento dell’autorevolezza e l’apprezzamento dell’autore. Un ulteriore vantaggio è la possibilità di interagire direttamente con i lettori e raccogliere da loro feedback preziosi (su esigenze, contenuti, ecc.).

Questo pubblico affezionato, nella maggior parte dei casi, si mostra disponibile a fare donazioni una tantum o a sottoscrivere un abbonamento (che può comprendere anche servizi aggiuntivi). Il notevole incremento dell’utilizzo di piattaforme di crowdfunding (come Patreon, ko-fi, Buy me a coffee, SubscribeStar, ecc.) conferma questo trend.

Newsletter a pagamento

Il fenomeno del momento, partito dagli Stati Uniti e arrivato velocemente in altri paesi, è l’offerta di newsletter a pagamento. 

Molti giornalisti, che hanno perso il lavoro a causa della pandemia o che hanno scelto di abbandonare la testata per cui lavoravano, hanno deciso di diventare autonomi e di aprire una newsletter su Substack per guadagnare con i propri contenuti.

Substack è una piattaforma, fondata nel 2017 da Chris Best (insieme a Jairaj Sethi e Hamish McKenzie), che consente a qualsiasi azienda o professionista di creare un blog e una newsletter e di essere pagato dai lettori su base mensile o annuale (Substack si sostiene trattenendo il 10% delle entrate di ogni creator). Giornalisti e autori possono avere, in questo modo, un servizio semplice, graficamente piacevole e funzionale senza perdere tempo, e denaro, con la configurazione di hosting, domini e web design.

Anche Ghost, un Content Management System simile a WordPress, sta avendo una crescita interessante, perché permette di avere un sito e una newsletter professionale, sia gratuita sia a pagamento.

Il dubbio che sorge, a questo punto, è: “Perché una persona, che già riceve decine di newsletter gratuite, dovrebbe iscriversi ad un servizio a pagamento?”

Il concetto che sta maturando oltre oceano, e recentemente anche in Europa, è che per avere dei contenuti aggiornati, selezionati e di qualità è necessario pagare. 

Dopo l’affermazione di Spotify nel campo della musica e di Netflix (e Amazon Prime, Disney +, ecc.) in quello dei film e delle serie tv, le persone stanno comprendendo che è opportuno investire dei soldi anche per avere notizie aggiornate, obiettive e affidabili.

Le persone che si iscrivono ad una newsletter a pagamento, stanche di informazioni scadenti e fake news, desiderano ricevere contenuti mirati e di valore che soddisfino le proprie esigenze informative, formative o di intrattenimento.

Per avviare e far prosperare questi servizi a pagamento (newsletter, blog, podcast, ecc.) è necessario creare una community (con esigenze chiare e specifiche), dimostrare la propria competenza ed esperienza e, ovviamente, produrre contenuti originali e di qualità.

Ecco perché per autori e giornalisti si sta concretizzando la possibilità di creare e di condividere, con un pubblico ben segmentato, contenuti e approfondimenti che per vari motivi (orientamenti editoriali, scelte di business, ecc.) non trovano spazio nell’editoria tradizionale.

Avviare un progetto di questo genere non è un percorso facile, ma, come ammoniva l’economista Peter Drucker: “Dietro ogni impresa di successo c’è qualcuno che ha preso una decisione coraggiosa.”

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