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Empowerment

Il nostro ostacolo più odioso: l’autosabotaggio

Matteo Plevano
Di Matteo Plevano
Psicologo del Lavoro, founder di Green Jobs Hub, acceleratore motivazionale che facilita il cambiamento verso l’economia sostenibile e socialmente responsabile. Convinto sostenitore che il futuro di individui, imprese e intera società possa evolvere attorno a questi 5 assi: autenticità, fiducia, responsabilità sociale, sostenibilità e qualità della vita.
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Pubblicato il 17.06.2021 alle 10:17

Quando gli avversari e i nemici sono altre persone tutto è chiaro, i ruoli sono ben definiti, sappiamo cosa affrontare e ne emergerà un vincitore e uno sconfitto, tuttalpiù un pareggio.

Ma quando l’avversario è dentro di noi? Quando gli ostacoli al raggiungimento dei nostri obiettivi sono autogenerati?

Avevo già affrontato il tema dei blocchi, sia fisici che psicologici, che ci impediscono di esprimere la nostra energia potenziale. In questo articolo vorrei approfondire quello che è forse il più odioso di tutti: l’autosabotaggio.

Non si tratta infatti di cause esterne, difficoltà oggettive, e neanche di cause interne evidenti, come la scarsa autostima, il crederci incapaci, la paura del cambiamento.

A volte accade che siamo ad un passo dal farcela, magari dopo molti sforzi, sacrifici e dedizione, e noi stessi inconsciamente iniziamo a boicottare il nostro successo. Inziamo a fare cose che ci danneggiano ed entriamo in uno stato di totale contradditorientà: pensiamo ed agiamo per una causa e al tempo stesso facciamo l’opposto o subdolamente la boicottiamo.

Un esempio tipico è di coloro che per una vita inseguono il successo, fama, denaro, potere, e quando lo raggiungono iniziano ad avere comportamenti autodistruttivi che in alcuni casi portano a vere e proprie disgrazie: droga, comportamenti criminali (pensiamo alla corruzione o credersi al di sopra delle leggi), comportamenti eccessivi ecc…

Oppure più nel piccolo l’autosabotaggio nel cosiddetto ‘ascensore sociale’: nel momento in cui una persona riesce potenzialmente ad elevare la propria condizione socioeconomica, tende a boicottarsi per restare in quella iniziale. Ad esempio chi dalla povertà con sacrifici e fatica diventa ricco e in breve tempo ritorna nella miseria sperperando una fortuna. Oppure quegli sportivi che ad un passo dalla vittoria iniziano ad andare in crisi in una vera e propria paura di vincere (chiamata nikefobia).

Perchè purtroppo, contrariamente a quanto propinano i guru motivazionali che vendono soluzioni facili per l’esistenza, siamo esseri complicati. Mi ha sempre meravigliato il principio logico di non contraddizione aristotelico: o una cosa è, o non è. Punto, non c’è una terza via. Invece se prendiamo in esame la nostra natura purtroppo abitiamo la contraddizione e tale principio a mio avviso non è più valido. In parole semplici: siamo complicati.

Di conseguenza anche il perché delle nostre azioni ha fondamenta profondamente complesse, in cui ciò di cui siamo consapevoli è solo la punta dell’iceberg di un sottostante intricato. Tra l’altro buona parte di ciò che compiamo è frutto di manipolazione altrui. I migliori manipolatori sono i venditori, e in parte i politici, che hanno sviluppato tecniche empiriche nel condizionare l’altro a compiere la propria volontà. Siamo indotti a desiderare cose che in realtà non vogliamo, agiamo seguendo le masse senza interrogarci se si tratta della nostra reale volontà, conferiamo potere e riconoscenza talvolta al nostro carceriere, sfruttatore (in quella che è chiamata sindrome di Stoccolma).

Come se ne esce?

Ho già provato a dare qualche (non facile) risposta. Una a mio avviso è guardare in faccia al nostro lato oscuro. Cioè cercare di conoscerci meglio e cercare una convivenza con il piccolo demone che ci abita. In poche parole provare a tenerlo tranquillo, ogni tanto dargli qualche piccola soddisfazione, purché non troppo distruttiva, e soprattutto cercare di sublimarlo in qualcosa che comunque possa dare frutti positivi. E poi cercare il coraggio di essere ciò che desideriamo. Prima di diventarlo dobbiamo intimamente essere convinti di voler vestire i panni di chi intendiamo diventare nella vita. Non si tratta solo di esprimere il nostro potenziale, ma anche di avere il coraggio di essere potenti. Se manca questo coraggio ci sarà sempre quel piccolo e maledetto demone che un giorno si sveglia male e ci instilla il dubbio di non essere all’altezza, oppure ci fa commettere errori stupidi nel momento decisivo, o ci fa dimenticare un appuntmento importante, o ci fa denigrare inconsciamente ciò che abbiamo di più prezioso.

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