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Empowerment

La carriera è una questione di… musica. Ecco perché il jazz aiuta ad avere successo

Luca D'Elia
Di Luca D'Elia
Consulente. Laurea in Filosofia presso l’Università Statale di Milano, dal 2004 si occupa di formazione manageriale e comportamentale. Ha finora lavorato per oltre cento importanti aziende nazionali e multinazionali. È keynote speaker in convention e meeting aziendali. Parallelamente all’attività di consulenza, si occupa di docenza accademica, collaborando negli anni con diversi istituti ed università, tra cui IULM, Università Cattolica, Istituto Marangoni, IED, Accademia del Lusso, SUPSI (Lugano).
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Pubblicato il 10.05.2016 alle 16:03

Jazz e management: un binomio forse inusuale, al primo impatto. Eppure questi due mondi condividono molti più aspetti di quanto si possa immaginare. Il Jazz può fornire interessanti stimoli al management in un’epoca in cui cambiamento, flessibilità e innovazione sono i nuovi concetti che guidano lo sviluppo delle organizzazioni.

Il Jazz si offre come suggestiva metafora delle dinamiche organizzative. Pensiamo per un momento alla parola “Jazz”: che cosa ci fa venire in mente? Probabilmente improvvisazione, ma anche energia, vitalità, estro, tecnica, competenza. E il momento in cui tutte queste componenti entrano in gioco in maniera decisiva, è senza dubbio il concerto jazz, la performance dei musicisti.

Personalità differenti, originali ed eclettiche, costituiscono un team in grado di produrre risultati efficaci e unici

Suonare in un gruppo jazz significa mettere in pratica le dinamiche del teamworking: rispettare i tempi, gli spazi, le regole e gli equilibri preliminarmente definiti; considerare e valorizzare le personalità, le peculiarità, i comportamenti e le emozioni degli altri componenti. In un’organizzazione personalità differenti, originali ed eclettiche, costituiscono un insieme in grado di produrre risultati efficaci e unici, come unico è ogni concerto jazz. I brani possono essere gli stessi, ma la loro interpretazione e le improvvisazioni che li arricchiscono, renderanno il concerto qualcosa di irripetibile.

Nell’ambito di una performance jazz il gruppo non è sempre una protezione: arriva il momento in cui il musicista diventa solista, si esibisce in un assolo, dove tecnica e competenza sono certo necessarie ma non sufficienti. Nell’assolo il musicista si mette in gioco totalmente, esprime qualcosa di molto personale attraverso un flusso di note. Esprime il proprio spirito creativo, si muove in equilibrio tra la libertà dell’improvvisazione e le regole della struttura del brano su cui sta improvvisando.

L’improvvisazione richiede tecnica ed estro rispetto delle regole e libertà creativa, ma anche rapidità decisionale. Proprio come un jazzista, oggi il management è chiamato ad esprimere decisioni importanti in un tempo breve. Ogni decisione può produrre effetti a cascata sull’intera organizzazione, inclusi fornitori e clienti. Si tratta, in sostanza, di costruire senso attraverso i processi decisionali, un senso condiviso e partecipato da tutta l’organizzazione. Sia per il gruppo jazz che per il management, costruire senso significa rispondere alla complessità e al cambiamento con l’innovazione continua. Il Jazz, da questo punto di vista, si presenta come una risposta innovativa al cambiamento continuo.

La pratica del Jazz, così come il management vincente di oggi, è in costante tensione verso innovazione

Il Jazz è l’unica forma musicale moderna che definisce se stessa attraverso un processo di improvvisazione, in cui ogni musicista è chiamato a interpretare un ruolo attivo per la costruzione e la definizione del processo stesso. Il suono del Jazz viene ogni volta ri-costruito grazie all’apporto di musicisti che sono chiamati a sperimentare nuove soluzioni e nuovi percorsi di improvvisazione. Una costante tensione all’innovazione: è questo uno dei fondamenti della pratica del Jazz, così come uno dei paradigmi del management di oggi.

È la passione a ispirare le grandi improvvisazioni, quelle che “fanno storia”. Ed è la stessa passione a guidare le innovazioni nel management. Certo, il rischio dell’errore e del fallimento è sempre presente. Ma, come sosteneva Miles Davis, «Non avere paura degli errori. Non ci sono errori nel Jazz». Un esplicito invito a trovare sempre il coraggio di osare e a lasciarsi guidare dalla passione di innovare. Nel Jazz, proprio come nel management.

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