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Empowerment

La scienza dimostra che siamo naturalmente portati all’entropia. Ma ci spiega anche come possiamo gestirla

Massimo Temporelli
Di Massimo Temporelli
Laureatosi in Fisica all’Università di Milano, Massimo Temporelli ottiene nel 2000 una borsa di studio presso l’azienda ST Microelectronics, leader mondiale nel settore dei microchip, con la quale sviluppa i percorsi scientifici dei laboratori del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano. La sua attività gli vale, nel 2003, la nomina a curatore responsabile del Dipartimento Comunicazione. Dal 2010 lavora come libero professionista alla realizzazione di mostre temporanee e permanenti, eventi culturali ed editoria. Innovazione, tecnologia, comunicazione e FabLab sono i temi più presenti nella sua ricerca e nel suo lavoro. Su questi temi dirige la collana [...]
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Pubblicato il 18.11.2015 alle 9:30

Circa un anno fa ho scritto, un po’ divertito, La forza non sta negli individui, ma nelle connessioni. Per comprenderlo, osserviamo le formiche!
Nel post proponevo di pensare alle aziende in modo diverso, proponevo di pensarle come le penserebbe il biologo austriaco Ludwig von Bertalanffy nel suo bellissimo libro Teoria Generale dei Sistemi.

In questa stessa prospettiva, cioè pensando all’azienda come ad un sistema, oggi proviamo a sfruttare gli strumenti di chi, come i fisici o i biologi, ragionano da sempre in termini di sistema. Partiamo dall’entropia, quella che le persone generalmente chiamano disordine.
Come possono aiutarci fisica e biologia a comprendere il disordine e a gestirlo?

Se consideriamo un sistema termodinamico, ad esempio un recipiente pieno di gas, tra le tante proprietà macroscopiche misurabili che descrivono questo sistema (pressione – P, temperatura – T, volume – V) esiste una grandezza che si chiama Entropia – S, che viene definita come misura del disordine del sistema.

Ma che cos’è il disordine per la fisica? E come si misura?
E potremmo anche chiederci: che cos’è il disordine di un’organizzazione e come lo si può misurare?

I concetti di ordine e disordine vivono solo se legati alle relazioni tra gli oggetti: un elemento preso singolarmente non può creare né ordine né disordine

Per spiegare questo concetto utilizziamo delle carte da gioco, scoprendo che anche l’ordine, come molte altre grandezze nel mondo della teoria dei sistemi, è una caratteristica legata alle relazioni tra gli elementi. Prima di partire a distribuire virtualmente le carte, pensate ad un solo elemento nello spazio vuoto: non sapremmo dare giudizi sul suo stato di ordine o disordine. Ordine e disordine sono un concetto legato alle relazioni tra gli oggetti.
Supponete ora di avere in mano un mazzetto di carte da gioco composto da 5 carte (1, 2, 3, 4, 5) dello stesso seme. Se vi chiedessi di mettere questo mazzetto in ordine, quale sequenza scegliereste? Probabilmente molti di voi mi restituirebbero il proprio mazzetto con la sequenza 1, 2, 3, 4, 5. Un’altra sequenza ordinata proposta potrebbe essere 5,4,3,2,1 (solitamente meno praticata).
In effetti queste due sequenze di carte o configurazioni di sistema sono quelle più ordinate, ma perché?
È fondamentale notare che le possibili configurazioni di questi soli 5 elementi sono ben 120 (!), ad esempio: 3, 4, 1, 5, 2 o 5, 1, 2, 3, 4, e così via, ma solo a due viene assegnato il nome di ordine. Questo vale in generale: dato un sistema (o set di elementi) le configurazioni di ordine sono nettamente inferiori a quelle di disordine.

Questa è la prima cosa che impariamo: le configurazioni ordinate sono molto meno probabili di quelle disordinate. Il disordine è più probabile dell’ordine.

Nel caso di 5 carte si ha una proporzione di 2/120, mentre passando a 6 carte il rapporto passa addirittura a 2/720 e così via. Provate a pensare ad un’azienda con migliaia di dipendenti, quante probabilità di disordine ci sono?

È possibile stabilire oggettivamente cosa siano ordine e disordine?

Non abbiamo ancora evaso però la domanda iniziale: cosa sono il disordine e l’ordine? Come possiamo riconoscerli scientificamente, oggettivamente?
Ragionandoci un po’ e pensando al caso delle cinque carte possiamo dire che le situazione di ordine sono quelle che necessitano meno informazioni per essere comunicate e/o trasferite. Per esempio nel caso della sequenza 1,2,3,4,5 pensate a come è facile da ricordare (basta pensare ai numeri naturali) rispetto ad esempio alla sequenza 2,3,5,1,4, che invece è più difficile da tenere a mente.

Questa è la seconda cosa che impariamo: l’ordine è quella configurazione che ha bisogno del minor numero di informazioni per essere trasmessa e o comunicata.

Ora poniamoci un’ultima domanda: che ruolo ha il tempo nel creare ordine e disordine nei sitemi?

Ogni cosa esistente in questo universo deve fare i conti con il tempo, un’azienda ad esempio, nasce, si sviluppa e muore – speriamo il più tardi possibile – nel tempo e proprio il tempo gioca un ruolo fondamentale per le considerazioni su ordine e disordine.
Visto che il disordine è più probabile dell’ordine è facile dimostrare che un sistema lasciato evolvere senza interventi dall’esterno tende a disordinarsi. È la teoria della probabilità a confermarcelo.
Nel tempo gli elementi di un sistema si disordinano, non ci sono più relazioni privilegiate e lentamente il tempo aumenta questa tendenza.
I fisici dicono che l’entropia aumenta nel tempo. Il tempo e, oserei dire, la natura del nostro universo porta spontaneamente e naturalmente configurazioni di ordine verso configurazioni di disordine, ma non per un obiettivo particolare, solo perché il disordine, come abbiamo detto, è la configurazione più probabile di quella rappresentata dall’ordine.

Dunque, concludendo, le aziende e le organizzazioni più in generale devono saper combattere questo processo naturale, erogando energia per riorganizzare continuamente, senza mai smettere, la loro struttura.
Ce lo insegna il buon senso ma anche la scienza!

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