La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne: numeri e segnali positivi
Istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 17 dicembre 1999, la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è una ricorrenza volta a sensibilizza l’opinione pubblica su una tra le più gravi violazioni dei diritti umani. Violenza fisica e verbale che, in molti casi, sfocia in femminicidi e traumi difficili da superare contro cui combattere quotidianamente.
Per aiutare le donne a lottare, a denunciare e a tutelarsi, durante la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, tutti i governi, le organizzazioni internazionali e le ONG sono invitate a organizzare attività che mettano luce su questa grave falla della società civile. In molti paesi, come l’Italia, il simbolo della giornata è rappresentato dalle scarpe rosse allineate nelle piazze principali delle città. Tutte le attività di sensibilizzazione danno voce alle silenziose grida d’aiuto delle donne. La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è un appello alla necessità di una cultura che abbatta le differenze di genere e richiami alla speranza di poter vivere una vita libere dalle disparità, dalle paure e dalla sofferenza.
Perché il 25 novembre?
Simbolica la scelta del giorno: il 25 novembre è una data che richiama a numerosi tristi avvenimenti, primo fra tutti l’uccisione di tre attiviste politiche avvenuta nel 1960 nella Repubblica Dominicana. Le sorelle Mirabal, Patria, Minerva e Maria Teresa, furono uccise sotto l’ordine del dittatore Rafael Leónidas Trujillo. Un assassinio terribile: il 25 novembre le tre donne furono fermate dagli agenti del Servico de Inteligencia Militar e portate in un luogo nascosto dove subirono violenze sessuali e torture. Uccise a colpi di bastone e strangolate, le sorelle furono, infine, gettate da un dirupo a bordo della loro auto, così da far sembrare il massacro un incidente. Perchè? Patria, Minerva e María Teresa Mirabal erano le attiviste del gruppo clandestino Movimento 14 giugno, che combatteva la ferocia di una delle più terribili dittature dell’America Latina. Un gesto atroce e totalmente inefficace: l’omicidio delle sorelle Mirabal scosse l’opinione pubblica dominicana e causò una serie di ribellioni che culminarono con l’assassinio di Trujillo nel 1961.
Nel 1981 a Bogotà, in Colombia, l’Incontro Internazionale Femminista delle donne latinoamericane e caraibiche sancì il 25 novembre come la Giornata internazionale della violenza contro le donne, in memoria di Patria, Minerva e Maria Teresa. Nel 1991 il Center for Global Leadership of Women (CWGL) istituì la Campagna dei 16 giorni di attivismo contro la violenza di genere, organizzando diverse attività a partire proprio dal 25 novembre e fino al 10 dicembre, giorno in cui si celebra la Giornata internazionale dei diritti umani.
Due anni dopo, infine, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite approvò la Dichiarazione per l’eliminazione della violenza contro le donne e rese il 25 novembre la data ufficiale della Giornata ad essa dedicata.
Perché le scarpe rosse?
L’idea di utilizzare le scarpe rosse come simbolo della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne nasce dall’installazione Zapatos Rojos dell’artista messicana Elina Chauvet, davanti al Consolato messicano di El Paso, in Texas, per ricordare i femminicidi avvenuti in Ciudad Juarez, nel 2009. L’opera è ispirata alla morte della sorella ventiduenne dell’artista, uccisa dal marito, e vuole essere un appello per tutte le donne che hanno subito violenza e sono state assassinate nella città di frontiera nel nord del Messico, conosciuta per essere il fulcro del mercato nero della droga e della violenza. L’artista raccolse 33 scarpe, dipinte di rosso il giorno dell’installazione, e le sparse in piazza dando voce alla richiesta di aiuto delle vittime. L’opera ebbe immediatamente un effetto domino e fu replicata, negli anni a seguire, da diversi paesi a livello globale come USA, Argentina, Norvegia, Ecuador, Canada, Spagna e Italia.
La violenza dei numeri
Il fenomeno è ancora molto diffuso e a parlare sono proprio i numeri: solo nel 2020, anche per effetto della pandemia, i carabinieri hanno ricevuto oltre 160.000 richieste d’aiuto telefoniche, si parla di circa 450 al giorno. Anche i dati dell’Eures, Istituto di ricerche economiche e sociali, relativi alle donne italiane assassinate dal proprio partner, sono allarmanti, si parla di circa una donna ogni tre giorni. Secondo il rapporto Istat sugli omicidi di genere, solo nel 2019 sono state rilevate 111 vittime di cui l’88,3% per mano di un conoscente e nel 49,5% per mano del partner attuale. Sempre secondo i dati Istat, il 31,5% delle donne italiane ha subito nel corso della vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, mentre nel mondo questo triste tema affligge una donna su tre.
Le campagne di sensibilizzazione promosse dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri sui canali televisivi e rilanciate sui social tra marzo e aprile hanno però avuto i propri frutti, anche se ancora acerbi: aumenta leggermente la percentuale di donne che hanno trovato la forza di denunciare le violenze subite. Nel secondo trimestre del 2021 aumentano lievemente le chiamate, telefoniche e via chat, al 1522 (numero di pubblica utilità per la violenza contro le donne) rispetto al trimestre precedente (+6,7%). I dati, seppur drammatici, sono di fondamentale importanza: conoscere e approfondire le caratteristiche del fenomeno è essenziale per poterlo combattere ed è una guerra che coinvolge tutti i singoli individui, tenendo conto che la parità di genere rientra tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile, definiti dalle Nazioni Unite, per l’Agenda 2030.
I segnali positivi
Le continue campagne e attività di sensibilizzazione e informazione dell’opinione pubblica, che vanno ben oltre la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, danno accenno di segnali positivi: sicuramente cresce la forte attenzione nei confronti del fenomeno. In Italia è sempre più forte la presenza di Centri di antiviolenza, di Case Rifugio e sono tantissimi gli enti che si occupano di fornire assistenza alle vittime di violenza. Non solo assistenza psicologica, ma anche accoglienza, tutela e accompagnamento in tutte le fasi decisionali che spingono le donne a uscire dalla violenza domestica e riconquistare la propria libertà. In diversi casi i centri forniscono anche un percorso di orientamento legale e al lavoro per aiutare le vittime a ripartire da zero, affiancandole nel processo di rinascita.
La violenza di genere e le serie TV
Negli ultimi anni sono diverse le serie TV di successo che hanno trattato il tema della violenza di genere, raccontandola da diverse prospettive e con diversi linguaggi, con l’obiettivo di combattere gli stereotipi culturali che ancora circondano questa tematica e che, spesso, frenano la denuncia da parte di una donna o portano a sminuire la problematica. Un esempio è la miniserie Unbelievable, lanciata nel 2019 da Netflix, che mette in luce il delicato, ma sempre attualissimo, tema della colpevolizzazione della vittima che denuncia uno stupro, di quanto possa essere facile mettere in discussione le accuse di violenza e sulla totale assenza di protocolli ad hoc in casi come questi. Big Little Lies, altro mini-capolavoro targato HBO, affronta i temi dell’amore tossico e manipolatorio, della dipendenza emotiva e violenta difficile da accettare e di conseguenza da denunciare. Distopica e drammatica, la serie televisiva statunitense The Handmaid’s Tale che racconta di un mondo futuro sterile dove le donne vengono vendute a padroni dai quali subiscono frequenti violenze sessuali al solo scopo di procreare e dove è proibita, ad ogni donna, ogni forma di libertà. Da non tralasciare la recentissima serie tv Maid, da poco disponibile su Netflix, che ha già raggiunto 67 milioni di spettatori nelle prime quattro settimane dal debutto: il racconto struggente della fuga di una giovanissima donna dal partner violento. La protagonista tenta con tutte le sue forze di rinascere cercando di dare un nuovo futuro a sé stessa e alla figlia di appena due anni.
Il digitale fa la sua parte
E anche i social fanno la loro parte: chi avrebbe mai pensato che un trend su TikTok, il social più amato dai teenager, avrebbe salvato la vita a una ragazzina in pericolo? Ebbene è così: già durante il lockdown i social hanno visto spopolare video che diffondono il segnale d’aiuto inventato dalla Canadian Women’s Foundation che tutte le donne possono utilizzare per chiedere aiuto. Basta una mano: aprire e chiudere ripetutamente il palmo della mano sul pollice ha salvato la vita a una sedicenne americana rapita e trasportata in auto per diversi isolati. Sul sedile posteriore dell’auto del rapitore, il segnale è stato colto da un passante che lo ha immediatamente riconosciuto e ha chiamato i soccorsi.