Non basta essere dei bravi capi o degli ottimi leader, bisogna anche continuare a fare fruttare la propria fortuna. In altre parole, anche un vincitore deve imparare a evolversi, a non restare identico a se stesso, a non stagnare.
Ecco 5 categoria umane a rischio di stallo per quanto riguarda sia la loro carriera e che la loro umanità.

  1. Gli impostori
    Esiste una nota sindrome che va contenuta, o va dominata. Purtroppo il buonsenso vuole che vincere presupponga un buon carico di fiducia in se stessi e nelle proprie capacità. Non si può restare sulla cresta dell’onda se non si è assolutamente convinti del proprio valore, né ci si può permettere di soffrire di bassa autostima se si vuole crescere.
  2. I razionalizzatori
    Non lasciano spazio alla magia connaturata al mondo, vivono con i piedi ben piantati per terra e non guardano mai le stelle. L’eccesso di rigore non gioca a favore delle persone di successo, cui è richiesta flessibilità, sensibilità e profondissima empatia.
  3. I cercatori di gloria
    Ciò che importa loro non è mai mettere qualcosa di buono al mondo o rendere un servizio utile al prossimo. Il loro egoismo li induce a guardare costantemente sempre e solo nello specchio alla ricerca di fama e gloria. Riconoscono che il loro posto è accanto ai colti e ricchi del mondo, e farebbero di tutto pur di sedersi alla tavola dei potenti. Concentrati sulla loro figura, non riescono a costruire valore.
  4. I solitari
    Non si occupano di ottenere un buon equilibrio tra lavoro e vita provata, sacrificando del tutto quest’ultima sull’altare del successo. Non solo sono a rischio di burnout, non solo smarriscono la bussola della vita (che sono le relazioni) ma trascurando il networking come attività fondamentale finiscono per essere sempre più isolati. Così limitano le loro chance di sbocciare.
  5. Le meteore
    Fanno carriera così velocemente che non hanno neppure tempo di riflettere sui loro fallimenti, e nella corsa perdono una quantità di lezioni essenziali. La loro dimensione umana resta ridotta perché paradossalmente potata dalla fama, quasi fossero dei bonsai.