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Empowerment

L’unione di tutte le competenze dei collaboratori fa la forza dell’azienda

Roberto Panzarani
Di Roberto Panzarani
Presidente dello Studio Panzarani & Associates, docente di Innovation Management e di Governo dell’innovazione tecnologia presso la facoltà di Economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Ha sempre operato nel campo della formazione. Attualmente,  come esperto di Business Innovation, si occupa dello sviluppo di programmi di innovazione manageriale per il top management delle principali organizzazioni italiane e internazionali. Il suo nuovo libro “Viaggio nell’innovazione Dentro gli ecosistemi del cambiamento globale” è edito Guerini e per Centodieci racconta come facilitare quei cambiamenti interni alle aziende in grado di creare nuove occasioni di business.
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Pubblicato il 03.10.2016 alle 15:28

Pensate all’unione di immaginazione, creatività, conoscenze di tante persone. Una vera potenza, che negli anni settanta il filosofo Pierre Levy chiamava “intelligenza collettiva” «distribuita dappertutto, può essere valorizzata al massimo mediante le nuove tecniche, soprattutto mettendola in sinergia. Oggi, se due persone distanti sanno due cose complementari, per il tramite delle nuove tecnologie, possono davvero entrare in comunicazione l’una con l’altra, scambiare il loro sapere, cooperare» (Pierre Levy, L’intelligenza collettiva. Per un’antropologia del cyberspazio, Feltrinelli, 1996). Agli inizi degli anni Novanta il filosofo Michel Serres venne incaricato di elaborare un sistema di riconoscimento delle competenze, gli alberi della conoscenza come strumento dinamico per sviluppare la condivisione delle conoscenze in un gruppo.

Le reti sociali sono sistemi che valorizzano le competenze all’interno delle varie comunità

Oggi queste idee si rivelano attuali proprio grazie all’immenso sviluppo delle reti sociali come sistemi capaci di valorizzare le competenze all’interno delle varie comunità. James Surowiecki in La saggezza della folla (Fusi Orari, 2007) tratta la cooperazione come opportunità per arrivare alla vera conoscenza: «i gruppi possono essere intelligenti solo se esiste un equilibrio tra le informazioni condivise da tutti e quelle in possesso dei singoli membri». Questo concetto trova riscontri nelle realtà professionali che adottano uno spirito di business collaboration: se i gruppi sono abbastanza diversificati nelle opinioni e nelle informazioni, se sono indipendenti sulla scelta d’opinione e se hanno ampia capacità di divulgazione ma anche di aggregazione, riusciranno a giungere a un pensiero produttivo collettivo, come scrivo nel mio Innovazione e business collaboration nell’era della Globalizzazione (Palinsesto, 2009).

Gli alberi della conoscenza vanno visti come un modello di auto-organizzazione incentrato su una formazione permanente, in cui le istituzioni non sono il governo della società, ma l’amministratore dell’intelligenza collettiva.
L’albero rappresenta la comunità e vengono prese in considerazione tutte le competenze che ogni persona possiede, rappresentate da un’icona. Mettendole in relazione tra loro si avrà che la base dell’albero, il tronco, sarà costituita dalle competenze più diffuse nella comunità (sapere diffuso), nei rami, si troveranno le competenze che costituiscono i saperi in cui la comunità è superiore (saperi specialistici), le foglie infine saranno i saperi personali.

L’utilità di questo sistema sta nel suo impiego come mezzo per sviluppare il riconoscimento delle competenze, promuovere scambi di empowerment, elaborare nuovi processi per la promozione dell’occupazione e nel facilitare l’apprendimento. Una volta completato, il processo di riconoscimento delle competenze diventa uno strumento eccezionale per l’individuazione dei punti di forza e di debolezza, delle opportunità e delle minacce per l’organizzazione o per il gruppo.

Gli alberi della conoscenza: uno strumento dinamico per sviluppare la condivisione delle conoscenze in un gruppo

Seth Godin, nel suo libro Tribù, (Sperling & Kupfer) e Clay Shirky in Uno per uno, tutti per tutti (Codice) riconoscono che per un business di successo è impossibile ignorare la capacità di aggregazione di compiere un’azione collettiva.
Per costruire un albero della conoscenza si può fare riferimento a diversi approcci, ma è possibile intanto vedere quali sono gli elementi per giungere al proprio. Si parte dagli oggetti della conoscenza che possono essere identificati da un confronto di gruppo o essere il risultato di un metodo applicato per individuarli. Ogni persona coinvolta fa l’elenco delle proprie competenze e conoscenze, queste poi andranno a costituire dei blocchi di diverso colore che formeranno proprio l’albero della conoscenze. In questo modo ciascuno potrà vedere la propria posizione sull’albero, quali sono le competenze o le conoscenze che ha in comune con gli altri e quali quelle che invece lo contraddistinguono, quali sono le persone che hanno risorse simili e quali quelle che possono essere complementari nel raggiungimento di un obiettivo, e così via. La forma dell’albero consentirà di percepire la struttura del sapere della popolazione che la compone.

Una qualsiasi organizzazione, dunque, può servirsi dell’albero delle conoscenze per determinare quali sono competenze esperte e quali risorse le posseggono per metterle a disposizione degli altri attraverso dei processi formativi, così come può individuare se c’è scarsità di risorse umane o quanto queste necessitino di essere sviluppate.

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