Migliorare le tue performance grazie all’ipofrontalità transitoria
Fare una corsetta o una camminata nella natura può aiutare a migliorare le tue performance generali? Ecco come usare la tecnica del flow.
Cos’è l’ipofronalità transitoria?
L’ipofrontalità transitoria è quel fenomeno per cui la parte del nostro cervello dove risiede il nostro pensiero sequenziale, ordinato, decisionale (la corteccia prefontale) si riposa. In questo modo altre parti della nostra mente vengono “attivate” e questo ci permette di raccogliere più dati e informazioni, per arrivare a formulare più opzioni e prendere decisioni migliori.
L’attività fisica, come dedicarsi a lavori manuali, sposta la nostra attenzione dal pensiero razionale e ci fa sperimentare uno stato in cui il nostro cervello è costretto a ridistribuire le sue risorse (down-regulation). Quando ci “perdiamo” nella corsa o in un hobby piacevole, la nostra mente cambia modus operandi: lascia perdere il pensiero razionale a favore di uno stato di coscienza alterata, nel quale la nostra mente inizia a lasciare andare tutto ciò che non gli serve in quel momento e si focalizza su qualcosa di più profondo. Il qui e ora.
In questo modo assistiamo a un miglioramento della nostra performance, perché riusciamo ad attingere a risorse che nemmeno pensavamo di possedere.
Il dottor Arne Dietrich, docente dell’Università americana di Beirut, ne ha parlato nel suo TEDx intitolato “Surfing the Stream of Consciousness: Tales from the Hallucination Zone”.
L’attività fisica non competitiva ci porta a un disimpegno dei centri cognitivi superiori che risiedono nella corteccia prefrontale, a favore di uno stato in cui siamo in grado di vivere il qui e ora, ci sentiamo tranquilli e rilassati, e lasciamo spazio a informazioni e dati che possono aiutarci a prendere decisioni più accurate.
Che cos’è il flow
Migliorare la propria performance significa raggiungere uno stato in cui i nostri bisogni profondi sono coerenti con i nostri valori e i nostri comportamenti. In una situazione del genere i nostri risultati migliorano proprio grazie a questo allineamento profondo tra ciò di cui abbiamo veramente bisogno e ciò in cui crediamo profondamente, che ci porta ad agire in modo intenzionale.
Da un punto di vista neurofisiologico questa condizione è detta “di flow”: quando cioè una persona è immersa in ciò che fa e si sente completamente ricaricata.
La teoria del flow fu formulata nel 1975 dallo psicologo ungherese Mihaly Csikszentmihalyi, e descrive un’esperienza di forte concentrazione, in cui il nostro benessere e le prestazioni migliorano esponenzialmente, mentre la nostra coscienza “scompare”.
Quando siamo nel flow stiamo eseguendo un compito senza rendercene conto razionalmente, e questo ci permette di farlo senza che entrino in gioco quegli atteggiamenti di controllo e giudizio, o il senso di ansia che la consapevolezza di ciò che stiamo facendo normalmente innesca.
In pratica, lasciarci andare al flusso ci permette di sospendere ogni giudizio e di immergerci in un’attività senza che la nostra corteccia prefrontale entri in modalità autocontrollo, inviando i segnali del dubbio e della critica. La conseguenza è che diventiamo più creativi e che la nostra immaginazione può esprimersi liberamente, portandoci a intuizioni che il semplice pensiero razionale non ci avrebbe mai consentito di avere.
Nel flow migliorano le nostre prestazioni e il nostro rendimento, ma anche il nostro divertimento.
Come attivare il flow
Secondo alcune ricerche condotte dalla società di consulenza McKinsey “le persone che sperimentano spesso lo stato di flusso sono più produttive e traggono maggiore soddisfazione dal proprio lavoro rispetto a quelle che non lo sperimentano”.
A livello aziendale non possiamo produrre lo stato di flusso “a comando”, ma le imprese possono creare un’atmosfera che lo incoraggi.
E, anche a livello individuale, non è certo che ogni volta che andiamo a correre nella natura o che ci dedichiamo a un hobby manuale si attivi lo stato di flow. Ma c’è qualcosa che possiamo fare per facilitare questa esperienza:
- Praticare l’isolamento mentale – non possiamo migliorare le nostre performance se siamo continuamente bombardati da stimoli che arrivano tutti insieme; dobbiamo imparare a inserire nella nostra routine quotidiana attività che non hanno uno scopo preciso, ma che sono piacevoli e che hanno il compito di disattivare la nostra corteccia prefrontale (tenere un diario è una delle attività che ci possono aiutare in questo, come fare attività fisica o dedicarsi a un hobby manuale).
- Dedicarci a obiettivi sfidanti – è importante decidere dove si vuole arrivare per capire quali azioni è necessario intraprendere. Ma gli obiettivi che fissiamo devono essere al tempo stesso alla nostra altezza e abbastanza difficili da stimolarci. Se quello che vogliamo fare è troppo difficile entra in gioco l’ansia ed è più facile mollare; ma se è troppo poco sfidante entra in gioco la noia e abbandoneremo comunque il compito. Dobbiamo quindi imparare a trovare quell’equilibrio che ci fa mettere in gioco senza che la paura ci blocchi o che subentri l’apatia.
- Entrare in contatto con le nostre emozioni – la piacevolezza di ciò che facciamo ha il potere di traghettarci in uno stato di flow, perciò il nostro stato d’animo va tenuto in considerazione quando cerchiamo di stimolarlo. Le nostre prestazioni migliorano se ci sentiamo calmi, felici ed energizzati. Sviluppare la nostra Intelligenza Emotiva ci permette di esercitare una maggiore padronanza su ciò che proviamo, trasformando i nostri sentimenti in risorse preziose al servizio dei nostri obiettivi.
- Essere appassionati di ciò che facciamo – per entrare nel flow dobbiamo essere concentrati e motivati. La nostra motivazione è alimentata dalla passione per ciò che stiamo facendo e dal significato che attribuiamo a quella attività. Domandati perché fai quello che fai e impara a connetterti a un senso di scopo superiore per guidare le tue azioni e migliorare le tue prestazioni.