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Innovazione e Sostenibilità

Il futuro dei social sono le newsletter?

Silvio Gulizia
Di Silvio Gulizia
Scrittore, giornalista e consulente di comunicazione. Ha lavorato venti anni nel giornalismo, come cronista prima ed esperto di tecnologia e innovazione poi, scrivendo per quotidiani e riviste. Questo l’ha portato a collaborare con acceleratori di startup e fondi di venture capital. Attualmente cura comunicazione ed eventi per il fondo Pi Campus. Dal 2015 scrive vivereintenzionalmente.com, una newsletter dedicata a pratiche per allineare le proprie azioni con le proprie intenzioni.
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Pubblicato il 25.06.2019 alle 10:59

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Le newsletter sono tornate di moda, o forse sono entrate nella loro maturità grazie all’ubiquità di Internet, e si apprestano a prendere il posto dei social network (New York Times), dei giornali (Buzzfeed), o dei libri (Wired), a seconda degli analisti che andiamo a leggere. Quello che sta succedendo è che sempre più persone scrivono e leggono newsletter, e sempre più aziende ci puntano per ristabilire una connessione con la propria audience. Perché?

Lo scenario

Che qualcosa non funzioni nel mondo dei social network lo ha ammesso recentemente il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, illustrando in una nota l’intenzione di integrare in un’unica piattaforma Facebook, Messenger, Instagram e Whatsapp per puntare sulla condivisione di messaggi in modo privato fra gruppi ristretti di persone. In giro per il mondo le persone stanno usando sempre più Slack per creare gruppi privati di discussione (tipo le vecchie chat, per capirci, ma molto più verticali, qui e qui alcune liste di gruppi, che raddoppiano di anno in anno), e Reddit, un social network costruito sul modello delle community (per altro l’unica parte di Google Plus che funzionava, al di là di Hangouts) e che viene utilizzato per scoprire contenuti di valore (questo articolo dei creatori dell’app iA Writer spiega bene il punto di vista delle aziende). Alla persone ora interessano privacy e focus, e lo conferma il rapporto Fjord che lascia ipotizzare una fuga dal digitale. Allo stesso tempo, in seguito alla diffusione delle notizie online e dei blog, le persone hanno iniziato prima a comprare meno i giornali e leggere più notizie online, e poi a leggere meno i giornali e più i giornalisti. O i blogger. O, appunto, le loro newsletter. Che, a differenza dei blog, degli RSS, e dei social, garantiscono al mittente che il proprio contenuto raggiunga la propria audience.

Il nuovo medium

“Negli Stati Uniti gruppi media come CNN, VOX, o Buzzfeed ci stanno puntando” sostiene Casey Newton, giornalista che cura una newsletter per The Verge, “perché con le newsletter è possibile ricostruire il rapporto diretto con le persone che i giornali hanno perso con l’avvento dei social network”. Lo sanno bene al New York Times, il giornale con più abbonati online al mondo, che ha raddoppiato il numero di lettori delle proprie newsletter, oggi 13 milioni, negli ultimi quattro anni. E che il trend delle newsletter sia fortemente positivo lo conferma la continua crescita di Mailchimp, azienda leader fra quelle che offrono strumenti per l’email marketing: nel 2018 i propri clienti hanno inviato un miliardo di newsletter al giorno (erano 200 mila nel 2013).

Occhi puntati sulle startup

E ora gli occhi di tutti sono puntati su startup come Revue e Substack, che consentono a chiunque di creare newsletter a pagamento in pochi minuti. Substack è una piattaforma con un milione di lettori attivi ogni mese, e 40mila lettori che mensilmente pagano un abbonamento per ricevere una newsletter a pagamento. Lanciata un anno e mezzo fa, cresce del 40% mese su mese.

Bastano 1000 veri fan

Gli autori delle newsletter nella top ten guadagnano in media 160mila dollari all’anno, secondo un report pubblicato da Buzzfeed e rappresentano la realizzazione della previsione di uno dei founder di Wired, Kevin Kelly: basteranno mille veri fan per avere successo online (correva l’anno 2008).

Il successo di Patreon

Per capirci, mille persone che pagano 5 euro al mese generano uno stipendio di circa 2.500 euro netti al mese. Mica male. Un altro dato che conferma il boom di questo fenomeno è il raddoppio nell’ultimo anno del numero di scrittori che utilizzano Patreon, una piattaforma per sostenere i creativi, per “farsi patrocinare” dai propri lettori. Substack sta seguendo il percorso di Medium, piattaforma di pubblicazione in stile blog, che ha offerto a chiunque lo volesse un semplice strumento per pubblicare online, ma ha finora fallito nell’individuare un sistema per monetizzare questi contenuti.

Pagare per leggere

Con le newsletter a pagamento invece è tutto più semplice: paghi per leggere. Che poi è stato il modello dei giornali fino a che il 23enne Benjamin Day nel 1833 non mise in vendita il New York Sun a un sesto del costo degli altri giornali, aggiungendo la pubblicità. Un modello che oggi i giornali non riescono più a far funzionare.

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Alcuni casi di successo italiani

Chiaramente, scrivendo in inglese è molto più facile trovare mille veri fan, ma anche in Italia si può fare.Goodmorning Italia, che ogni mattina alle 7 aggiorna i propri lettori su quello che è successo nel mondo, è forse l’esempio più interessante e più vecchio. Giornalisti come Giorgio Dell’Arti (Anteprima News) e Mario Sechi (List) hanno lanciato le loro newsletter negli ultimi anni. L’ex direttore di Blogo.it Alberto Puliafito ha fondato un’azienda, Slow News che pubblica newsletter verticali. E poi ci sono i giornali, che hanno per lo più newsletter gratuite (Il Corriere della Sera però ne ha due a riservate agli abbonati), con alcuni casi particolarmente interessanti, come quello della newsletter de Il Post, una finestra aperta non solo sulle news, ma anche sulla vita di redazione.

Perché le newsletter sono così attraenti?

La posta elettronica è uno strumento datato (1971, per l’esattezza), ma più vivo che mai. Perché tutti la usiamo, la sappiamo usare, sappiamo che ha alle spalle una storia concreta e non immaginiamo di poter vivere senza. Ancora di più, offre connessioni dirette, senza rumore di sottofondo, è totalmente personalizzabile attraverso i filtri, ma funziona per tutti allo stesso modo. Soprattutto, non c’è un’autorità centrale che decide di cambiare quello che vuole a seconda di quanto stia guadagnando vendendo la tua attenzione ai propri clienti, e un indirizzo di posta elettronica ben gestito è molto più interessante del news feed di un social network.

Uno strumento amico della privacy

Infine, ma non meno importante, la tua posta elettronica è privata, aperta a chi vuoi tu. E se qualcuno ti spamma e non viene intercettato dal filtro anti-spam, lo puoi bloccare, senza che si accorga che tu gli abbia tolto l’amicizia. A chi le scrive, e alle aziende in particolare, le email piacciono perché non devono combattere con un algoritmo per raggiungere la propria audience, e anzi sono in grado di stabilire un contatto diretto con ogni lettore o cliente.

Una risposta ai social

Per tornare al futuro dei social network, certamente le newsletter non rappresentano il futuro dei social, almeno fino a che i social non diventeranno quello a cui sta pensando Zuckerberg (Facebook ha iniziato pochi giorni fa). Quello che è certo, però, è che già oggi la newsletter è forse l’unico strumento di pubblicazione in grado di raggiungere chiunque nel mondo, che chiunque sappia usare per distribuire o consumare contenuti e interagire con il mittente, con alle spalle una storia affidabile e che non minacci di sparire. Anzi.

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