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Innovazione e Sostenibilità

Il paradiso perduto della tecnologia

Marco Pietro Lombardo
Di Marco Pietro Lombardo
Giornalista professionista, una vita al Giornale, un presente (anche) da docente e comunicatore. Laureato in Giurisprudenza, ama lo sport e la tecnologia e studia l’innovazione per capire da che parte sia la strada giusta per il futuro, tentando di leggerla negli occhi dei suoi tre figli. Ha scritto un libro sui Mondiali di calcio e due pamphlet su intelligenza artificiale e smart working ed è sempre alla ricerca dell’articolo perfetto: magari sarà il prossimo!
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Pubblicato il 12.06.2023 alle 10:25

Il mondo delle Big Tech è crollato sotto i colpi di migliaia di licenziamenti. Ma ora sono i manager e i tecnici di alto profilo a fuggire da una crisi che sembra irreversibile. E che ha come centro del mondo San Francisco, una città che sta diventando fantasma.

Il paradiso della tecnologia sembra perduto. Anni di rivoluzione del lavoro, impiegati in maglietta e computer, sedi trasformate in piccole Disneyland per i momenti di relax, smart working come esaltazione della vita privata. Insomma: una nuova era, durata il tempo di una decade corsa all’impazzata.

Poi, all’improvviso, la pandemia, e quindi la crisi: sotto il tappeto delle BigTech è riapparsa la polvere nascosta. E a farne le spese migliaia di persone che in quel paradiso avevano creduto. Dall’inizio dell’anno i conti sono impietosi: Google ha licenziato 12mila persone, Amazon 18mila, Meta 11mila, Microsoft 10mila, Salesforce 8mila, Twitter 4mila. E poi ci sono Disney (7mila dipendenti) a ruota Tesla, Netflix, Robin Hood, Snap, Coinbase, Ibm, PayPal, Zoom e Spotify. Un totale di 2mila persone al giorno cancellate con una mail. Fuori gli scatoloni, fuori dall’Eden. Che ora comincia a perdere anche chi ha le chiavi.

Taiwan a corto di ingegneri

La storia di Royale Lee è stata raccontata dal New York Times, ed è emblematica. Vive a Taiwan, è un ingegnere della TMSC, la più importante azienda di semiconduttori al mondo, quella che fornisce insomma i microchip ai prodotti digitali del pianeta. Lee è come Mister Wolf, risolve problemi, i nostri in pratica.

Dopo 5 anni passati a rispondere al telefono 24 ore su 24 in cambio di uno stipendio intorno ai 100mila dollari l’anno, ha deciso che fosse il caso di tornare a vivere. E con lui lo hanno fatto altri talenti dell’azienda, stufi di continuare ad alimentare l’ingordigia digitale del mondo e di perdere nel frattempo pezzi di esistenza.

L’altra faccia della Mela

Cupertino, dall’altra parte del mondo. Pete Distat ha annunciato le sue dimissioni: è il responsabile dei servizi TV della Mela, dell’app Apple TV+ insomma. È stato il protagonista dell’espansione del servizio, soprattutto grazie ad accordi nel campo sportivo. Ma ora ha deciso di lasciare l’azienda più ricca del mondo per dedicarsi ad altro. Succede, ma è anche il terzo manager a mollare Tim Cook negli ultimi mesi, dopo il capo del business dei servizi Peter Stern e il capo dei servizi cloud Michael Abbott. Solo un caso? Forse.

Fuga da San Francisco

Forse la risposta è a San Francisco, la città che del Nuovo Mondo tech è diventata il centro. Anni di corsa folle al rialzo, prezzi delle case alle stelle, Big Tech tutte concentrate lì intorno per creare la perfetta combinazione tra uomo e macchina. Poi il Covid e lo smart working hanno messo in crisi il modello. A fine 2022 un sondaggio condotto da Joint venture e dal Silicon Valley institute, ha rivelato che il 56% degli abitanti della Silicon Valley ha rivelato di lasciare la zona «nei prossimi anni». Con una percentuale ancora più alta per i residenti in età lavorativa, col 59% degli adulti di età compresa tra 18 e 64 anni pronti con le valigie.Solo 5 mesi dopo l’esodo è cominciato, la vita può essere più dolce altrove se si può lavorare da lontano. E nel frattempo la Silicon Valley Bank, quella che ha retto il gioco in questi anni di incredibile follia, è crollata. San Francisco così è rimasta sola, ostaggio dei senzatetto, migliaia, di bande e delinquenti, del giro della droga. È rimasta un simbolo, ma di una rivoluzione al contrario, anche se qualcuno pensa sia ancora reversibile, che la città comunque sia ancora un paradiso. Eppure tutto, alla fine, sembra perduto. E forse per sempre.

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