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Innovazione e Sostenibilità

Che fine fanno le mascherine e i guanti usa e getta?

Gianluca Cedolin
Di Gianluca Cedolin
Nasce a Venezia e lavora come giornalista freelance. Ha pubblicato su molte testate e blog come La Repubblica, Rivista Undici, Gq, Yanez Magazine e Zona Cesarini. Appassionato di sport e di cinema, ambientalista convinto, vive a Milano e adora l’aria di progresso e sviluppo tecnologico che si respira, ma sogna un giorno di abitare nella natura sperduta.
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Pubblicato il 10.06.2020 alle 9:17

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A inizio maggio una foto pubblicata da una donna canadese su Facebook ha ricevuto migliaia di condivisioni sui social ed è stata ripresa da tutti i principali media italiani e non. Rappresentava un uccellino morto soffocato, con avvolto intorno al collo il filo di una mascherina monouso che era stata gettata per terra da qualcuno. Il Corriere della Sera l’ha definita «l’immagine simbolo dell’inquinamento da Coronavirus», un problema su cui sin dagli albori della pandemia le associazioni ambientaliste hanno posto l’accento. Il Politecnico di Torino ha elaborato delle stime per la fase post lockdown, concludendo che in Italia sarebbero servite circa 1 miliardo di mascherine e mezzo miliardo di guanti al mese. «Se anche solo l’1% di queste mascherine venisse smaltito non correttamente – ha scritto il WWF – e magari disperso in natura, questo si tradurrebbe in 10 milioni di mascherine al mese disperse nell’ambiente». Se consideriamo che una mascherina pesa circa 4 grammi, questo vuol dire oltre 40mila chilogrammi di plastica dispersi in natura ogni mese, per colpa di un 1% incivile e poco attento all’ambiente. Da qui il monito del WWF per «uno scenario pericoloso che va disinnescato».

Come? Semplicemente comportandoci in maniera civile e non gettando in giro i dispositivi di protezione usati, in attesa che magari vengano allestiti all’interno dei parchi e di altre aree pubbliche dei bidoni per il loro smaltimento. Per chiarire come vadano smaltiti mascherine e guanti, il Ministero della Salute ha pubblicato delle linee guida, che in sostanza possiamo riassumere così: se siamo normali cittadini che usiamo i dispositivi di protezione per le nostre azioni quotidiane, dobbiamo semplicemente smaltirli nell’indifferenziato, avendo cura di chiudere bene il sacchetto. Se invece dovessimo essere stati messi in isolamento domiciliare perché positivi al tampone, dobbiamo gettare qualsiasi tipo di rifiuto nell’indifferenziato, chiuso in un doppio strato di sacchetti. Per i positivi infatti bisognerebbe attivare una raccolta speciale simile a quella degli ospedali, impossibile però da realizzare con i mezzi a disposizione dei comuni. Oltre chiaramente a non gettare mai per terra i dispositivi di protezione usati (ma nemmeno a raccoglierli: attenzione a fare gli eroi, perché potrebbe essere pericoloso), un’alternativa praticabile è quella di acquistare delle mascherine in tessuto lavabile, per evitare un’eccessiva produzione di rifiuti indifferenziati, che finiscono nell’inceneritore e sono il nemico principale dell’economia circolare. Ci sono molti modelli sicuri che si possono lavare tranquillamente in lavatrice, che sono sufficienti per proteggerci (abbinati, chiaramente, al rispetto del distanziamento sociale e a una corretta igiene delle mani). Ce ne sono di diversi materiali e trame, a volte molto belli da indossare, il che non guasta in questo periodo molto complicato.

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