• Arte e Cultura
  • Empowerment
  • Innovazione e Sostenibilità
  • Public Program
  • Lezioni Italiane
  • Argomenti
  • Arte e Cultura
  • Empowerment
  • Innovazione e Sostenibilità
  • Progetti speciali
  • Lezioni Italiane
  • Public Program
  • Centodieci Extra
  • Tipo di contenuto
  • Articoli
  • Video
  • Podcast
  • Webinar
  • Eventi
verità
Icona
Empowerment

Alleniamo la mente al silenzio e impariamo a dirci la verità

Lorenzo Paoli
Di Lorenzo Paoli
Lorenzo Paoli è leader in Italia nello sviluppo di abitudini efficaci a livello mentale, emozionale e comportamentale. Lavora per multinazionali come Vodafone, Footlocker, Dell, Tupperware, Molteni Farmaceutici, Elica e molte altre ed è chiamato in tutta Europa come keynote speaker sul tema dello sviluppo del potenziale attraverso le abitudini. Autore di quattro libri sul Coaching e lo sviluppo personale. È fondatore e Direttore dei Programmi Corporate in Novaxia, l’azienda di Coaching che ha sviluppato la piattaforma di formazione delle abitudini efficaci “Habit Coaching”. È anche direttore della scuola per Coach di Novaxia, Coaching University, che forma Coach professionisti in tutta Italia.
Scopri di più
Pubblicato il 05.09.2016 alle 14:44

Con l’aumentare dei volumi di lavoro decidiamo di prendere una nuova collaboratrice esterna. Dopo un paio di prove di documenti in cui c’erano alcuni piccoli errori, le abbiamo affidato un documento più importante e complesso. Il risultato è stato disastroso. Parlando, scopriamo che non siamo gli unici a contestare: «fate come tanti altri clienti, mi chiedete un lavoro e poi vi lamentate di tutto!». Ma la sua risposta più scioccante è arrivata quando le abbiamo scritto che il lavoro fatto non era per niente accettabile. «In quale punto? A me sembra fatto molto bene» è stata la sua risposta. Questa ragazza continua a perdere clienti, ma se le chiedi il perché, non lo sa. Anzi, diciamo che ha un suo racconto: «sono i clienti che non sanno valutare il mio lavoro». Il problema è che se tu non vedi la realtà, la realtà va avanti comunque. Tu perdi i clienti. Punto. Poi puoi raccontarti quello che vuoi.

Può sembrare un esempio estremo, ma siamo tutti un po’ come lei.

Quando lavoravo come Career Coach, incontravo tanti disoccupati che avevano la stessa capacità di raccontare la realtà. Nonostante fossero chiari i loro punti di miglioramento, loro non li accettavano e continuavano a dire che «sono le aziende responsabili del fatto che io sono disoccupato». O lo Stato. O il sistema. Anche solo accennare al fatto che magari potessero avere qualche criticità a livello di competenze richieste, di capacità comunicative, organizzative, suscitava reazioni a volte estremamente aggressive. Chi non aveva questo tipo di atteggiamento, riusciva a trovare lavoro dopo pochi mesi. Chi invece continuava a raccontarsi queste storie, rimaneva senza lavoro.

Vedere la realtà è una competenza fondamentale nella vita, ma difficile da applicare

Vedere la realtà è una competenza fondamentale, ma difficile. Richiede la capacità di fare silenzio nella nostra mente, il silenzio dal nostro dialogo interno, dalle narrazioni che noi abbiamo sulla vita, sul perché succedono alcune cose, su come siamo noi e come sono gli altri.

Il dialogo interno non è sempre negativo: se abbiamo un problema e ci diciamo «dai alla fine una soluzione la troverò, devo solo mettermi a cercare bene», questa narrazione ci aiuta a mantenere la motivazione di andare avanti e soprattutto ci spinge a cercare una soluzione. In molti altri casi però queste narrazioni servono per proteggere la nostra autostima e ci rendono ciechi.

Noi raccontiamo la realtà in ogni momento: dal perché non siamo riusciti a raggiungere un obiettivo al giudizio sul nostro vicino. Queste narrazioni però sono una realtà romanzata che, per quanto possa essere utile per farci sentire bene, può diventare molto pericolosa quando su di essa basiamo scelte fondamentali per la nostra vita.

Molti imprenditori hanno fallito perché si raccontavano che la ragione per le mancate vendite fosse “la crisi”, oppure “i cinesi”. Questa spiegazione non ha senso, quando osservando la realtà vediamo che altri concorrenti hanno invece aumentato le vendite. Ma il nostro bravo imprenditore ha un racconto anche per quello: «sì, ma loro hanno prodotti diversi», oppure «sì, ma la nostra situazione è diversa». Possiamo trovare sempre un perché che accarezzi la nostra autostima, se vogliamo. Il problema è che decidere sulla base di narrazioni di vita inefficaci ci porta a delle conseguenze, spesso negative. Che sono un gran regalo se però sappiamo imparare da esse. Se siamo stati ciechi fino a quel momento, è probabile che non riacquisteremo la vista anche quando andiamo a sbattere contro il fatidico muro. Faremo anzi quello che abbiamo sempre fatto: inizieremo a raccontare il “perché” abbiamo sbattuto, che naturalmente non sarà colpa nostra. Al massimo, un concorso di colpa, dove il mondo però è quello che ci mette i bastoni fra le ruote.

Si vince analizzando la realtà, non romanzandola. Solo così capiremo la cosa giusta da fare

Allenare il silenzio della mente significa fermare queste perniciose narrazioni e guardare la verità, perché è da questa che possiamo basare decisioni fondamentali. È così che si vince: analizzando la realtà, non romanzandola. Se la realtà ci dice che abbiamo completamente sbagliato la strategia di marketing, saremo anche feriti nell’orgoglio, ma abbiamo appena capito come salvare l’azienda. Se sappiamo che per avere quel lavoro ci serve una competenza che non abbiamo, potremmo anche sentirci male, ma in realtà abbiamo finalmente l’opportunità di lavorare nel settore che vogliamo. La verità fa male, ma è un’ottima guida.

Per allenare il silenzio della mente, occorre prendere consapevolezza del nostro dialogo interno e verificare i nostri perché. Guardare i dati, i fatti, senza ricamarci sopra. Se i concorrenti vanno alla grande e noi perdiamo quote di mercato, non possiamo raccontarci che sono i cinesi la causa. Siamo costretti ad esplorare più a fondo e magari scopriamo che per il nostro settore un sito ecommerce è diventato fondamentale. Possiamo finalmente mettere in atto azioni di grande qualità.

La vita è come una montagna: non accetta giustificazioni, racconti, romanzi, scuse: o sali, o torni a casa. Con la montagna non può lamentarti dicendo «adesso tu devi abbassarti perché io non riesco a salire». Se non riesci, devi allenarti fino a quando ce la farai. Oppure hai un’altra possibilità: puoi raccontarti che il mondo è ingiusto e che non ti ha fatto con le gambe abbastanza forti e quindi, per tua sfortuna, non potrai salire. Potrai raccontarti questa storia e tornare a casa. La montagna rimarrà lì dov’è, in attesa di qualcuno che farà silenzio nella sua mente…. e inizierà la salita.

Condividi questo articolo

Leggi anche

Leggi tutti gli articoli
  • Icona
    Empowerment
    13.02.2020

    #CentodieciTip: Non fasciarti la testa prima del tempo, prova a pensare positivo

    Leggi l'articolo
  • Icona
    Empowerment
    01.02.2017

    Meglio agitarsi nel dubbio che riposare nell'errore

    Leggi l'articolo
  • Icona
    Empowerment
    04.11.2015

    Il denaro compra la felicità? Trovare una risposta è un bel grattacapo che [...]

    Leggi l'articolo
  • Icona
    Empowerment
    11.01.2016

    Volete stimolare un vostro dipendente? Non dategli soldi, ma attenzione. Lo dice la [...]

    Leggi l'articolo

Tutti i consigli utili per innovare con lode

Iscriviti alla nostra newsletter

al trattamento di dati per la finalità dell’attività di marketing di vario tipo, inclusa la promozione di prodotti, servizi, distribuzione di materiale a carattere informativo, pubblicitario e promozionale, eventi, invio di newsletter e pubblicazioni come indicato nell’informativa.

© Centodieci 2025
| Privacy Policy & Cookie Policy | Feed RSS|Sitemap HTML|Dichiarazioni di accessibilità| A+ A-