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come generare energia in un team
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Empowerment

L'energia prodotta da un team affiatato assomiglia alla melodia generata da un'orchestra

Roberto Panzarani
Di Roberto Panzarani
Presidente dello Studio Panzarani & Associates, docente di Innovation Management e di Governo dell’innovazione tecnologia presso la facoltà di Economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Ha sempre operato nel campo della formazione. Attualmente,  come esperto di Business Innovation, si occupa dello sviluppo di programmi di innovazione manageriale per il top management delle principali organizzazioni italiane e internazionali. Il suo nuovo libro “Viaggio nell’innovazione Dentro gli ecosistemi del cambiamento globale” è edito Guerini e per Centodieci racconta come facilitare quei cambiamenti interni alle aziende in grado di creare nuove occasioni di business.
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Pubblicato il 13.09.2017 alle 14:30

 
Nel mondo delle organizzazioni, non si può prescindere dal sottolineare un aspetto importante, che è la spina dorsale del gruppo: l’energia.
Anna L. Comunian ne parla nel suo libro “L’esperienza dei gruppi ottimali” (Franco Angeli, 2004) e spiega come l’energia sia data dall’interazione tra i membri di un gruppo che perseguono uno scopo comune. L’apporto creativo dell’energia di ognuno permette di solidificare il gruppo rendendolo, per l’appunto, ottimale.
Esistono due tipi di energia: l’energia di produzione e l’energia di solidarietà.
Nel momento che viene a formarsi il gruppo e che viene definito uno scopo comune, l’energia di produzione si avvia automaticamente, senza richiedere particolari attenzioni, perché è il fine stesso di raggiungere lo scopo che muove l’energia di produzione all’interno del gruppo. Questa energia di produzione agirà efficacemente fin quando non si rileveranno attività o avvenimenti che interferiscono sulla produzione stessa.
L’energia di solidarietà è l’energia disponibile che risulta dall’interazione tra le persone, cioè quell’energia affettiva delle persone che, nell’atto si raggiungere lo scopo comune, in parte (energia residua) viene convertita in energia di solidarietà.
Il punto dal quale dobbiamo partire è che il gruppo in principio non ha energia e per esistere e crescere deve ricavare l’energia dalle persone che lo compongono, trasformando appunto l’energia residua in energia disponibile. L’energia di produzione, dunque, serve come processo per raggiungere lo scopo, quella di solidarietà è il fondamento del sistema socio-emotivo, fattore imprescindibile per raggiungere e mantenere la coesione e l’autoregolazione.
Pertanto, essere consapevoli dell’energia di gruppo porta benessere a tutta l’organizzazione.
Soprattutto in questo momento storico, in cui l’attuale crisi impone l’attivazione di nuovi processi creativi con risorse limitate, tutte le organizzazioni devono essere consapevoli di rendere i loro gruppi ottimali. Occorre dunque, che le organizzazioni, nel perseguire il loro scopo, si rendano competitive puntando sulle dinamiche relazionali collaborative che sostengono la produttività intesa come interdipendenza e relazionalità (relatedness).
Le potenzialità delle community organizzative sono strettamente legate alla comprensione delle dinamiche relazionali e sociali del gruppo stesso: quanto più aperte e collaborative sono le relazioni tanto più produttiva è una community.
Il grande psicologo americano Carl Rogers parlava di tendenza attualizzante, una forza motivazionale propria delle persone che agisce in modo costruttivo durante le relazioni. È una tendenza ad attualizzare tutte le proprie potenzialità, è l’energia che porta l’individuo ad affrontare anche le difficoltà verso la realizzazione dell’obiettivo prefissato.
Nel libro di Andrea Pensotti , Franco Marzo, Energia vitale. Dalle molecole alle organizzazioni: viaggio tra le radici comuni della vita (Franco Angeli, 2015) viene consigliato alle organizzazioni di tenere sempre alto il livello di energia all’interno dei gruppi, uniformando ad esempio il linguaggio, facendo in modo che i componenti dei gruppi si sentano engaged e che vengano facilitati i flussi relazionali, perché non bisogna dimenticare che l’energia del gruppo si alimenta anche attraverso il senso di appartenenza. E a questo riguardo, nel libro, è presente un interessante contributo di Stefano Lucarelli, direttore d’orchestra, pianista e divulgatore, in cui l’autore sottolinea come nella sua esperienza l’orchestra moltiplichi l’energia, un solista invece, per quanto bravo rimane occupato a comunicare con se stesso e perciò perde energia. Quando si suona in due è la necessità di comunicare che produce energia, più di quanta ne verrebbe espressa da soli.
Ed è con questa immagine dell’orchestra che voglio concludere, lasciandovi una bella metafora su cui riflettere.

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