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Immagine principale di: Palermo Capitale Italiana della Cultura 2018: Simona Atzori per Centodieci
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Arte e Cultura

Palermo Capitale Italiana della Cultura 2018: Simona Atzori per Centodieci è Ispirazione

Redazione Centodieci
Di Redazione Centodieci
Raccontare esperienze reali che possano aiutarci a percorrere strade nuove e sostenere un diverso approccio al lavoro, alla vita e alla società basato su valori quali condivisione, empatia, crescita e libertà. Questo è la strada che la redazione di Centodieci percorre insieme ai suoi autori, tutti uniti nello scovare e proporre a voi idee vincenti, eventi e personaggi di valore che con il loro coraggio hanno cambiato le regole del gioco. Ma la nostra piattaforma è aperta anche al vostro contributo: se avete pubblicato contenuti online che ritenete in linea o avete visto e apprezzato quelli di altri nei [...]
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Pubblicato il 30.01.2018 alle 14:30
Raccontare Palermo senza raccontarne la cultura che ne sta alla base sarebbe come perdere un pezzo dello splendido mosaico di quella che è oggi la Capitale della Cultura 2018. Raccontare Simona Atzori senza raccontare l’importanza di una guida come la madre che oggi non c’è più sortirebbe lo stesso effetto.
Simona Atzori e Palermo, due storie simili ma diverse, due storie di resilienza, due storie di rinascita, due storie di sorrisi che si incontrano in una serata, quella del 29 gennaio, nella splendida cornice del Teatro Politeama. A Palermo, si intende.
Raccontare Palermo partendo dai fatti di cronaca degli anni ’90 sarebbe riduttivo e sbagliato, ai limiti dell’oltraggioso nei confronti di una popolazione unica nel suo genere, teneramente inconfondibile lungo tutta la penisola. Il capoluogo siciliano però non è solo chi lo popola, è il mare che ti coccola i pensieri quando in aereo sei in fase di atterraggio, è un’arancina nelle vie del borgo, è, ancora nel 2018, un carretto e un fruttivendolo urlatore per la strada che, in rigoroso dialetto, vuole farti assaggiare le arance perché sa che, provandole, non potrai più farne a meno.
Centodieci a Palermo Capitale Italiana della Cultura 2018: scopri tutti gli eventi
Parlare di Palermo senza visitare e vivere Palermo è come definire Simona Atzori una donna sfortunata perché è nata senza le braccia. La ballerina, pittrice e scrittrice nella serata al Politeama ha fatto ciò che le viene più naturale scegliendo di mostrare, anziché dimostrare, che si può vivere, e che si può farlo alla grande, anche se si è sprovvisti degli arti superiori. Il sorriso di Simona davanti alla folta platea della serata in standing ovation è l’emblema di una donna che ha fatto della resilienza il proprio cavallo di battaglia, di una ragazza che per oltre un’ora ha danzato in compagnia di un corpo di ballo di prim’ordine, sul palco con lei oltre a Beatrice Mazzola e Mariacristina Paolini c’erano anche i ballerini de La Scala Marco Messina e Salvatore Perdichizzi, che ha scritto non uno ma due libri sulla sua vita, sulla voglia di vivere, sulla capacità di non fermarsi davanti alle difficoltà che talvolta sembrano insuperabili. Simona ha poi firmato le copie per tutti coloro che lo volessero al termine della serata; lo ha fatto con i piedi, normalmente. “Un giorno una bambina” racconta la stessa protagonista con un gran sorriso, “ha detto che non è vero che sono senza le braccia, le ho solo più basse, e forse in qualche modo ha ragione”.
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Un sorriso e tanta forza di volontà, tratti comuni di Simona Atzori e di Palermo Capitale della Cultura 2018, la prima ritrovatasi sin dalla nascita senza le braccia, la seconda affossata dagli episodi di cronaca degli anni ’90 culminati nella strage di Capaci del 1992. Sono passati oltre 25 anni da quel giorno e la resilienza della città è tangibile in ogni passo di chi arriva da turista e passeggia per le vie della città, lo stesso piacevole stupore che si ha quando si vede Simona Atzori danzare.
Potremmo raccontare tanti altri piccoli aneddoti ma l’invito è quello di visitare la pagina relativa agli eventi di Centodieci a Palermo Capitale della Cultura e di provare a viverli di persona, non farlo sarebbe come perdere un pezzo del racconto, o non assaggiare un’arancia da un uomo con un carretto che parla in dialetto e sa già che, una volta provata, non potrai più farne a meno.
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