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Arte e Cultura

Visita Trappolando, la mostra che Centodieci è Arte dedica a Fausto Melotti

Redazione Centodieci
Di Redazione Centodieci
Raccontare esperienze reali che possano aiutarci a percorrere strade nuove e sostenere un diverso approccio al lavoro, alla vita e alla società basato su valori quali condivisione, empatia, crescita e libertà. Questo è la strada che la redazione di Centodieci percorre insieme ai suoi autori, tutti uniti nello scovare e proporre a voi idee vincenti, eventi e personaggi di valore che con il loro coraggio hanno cambiato le regole del gioco. Ma la nostra piattaforma è aperta anche al vostro contributo: se avete pubblicato contenuti online che ritenete in linea o avete visto e apprezzato quelli di altri nei [...]
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Pubblicato il 18.05.2017 alle 14:30

Esistono figure della storia dell’arte che fanno parte di una categoria specifica: scultore, pittore o poeta, giusto per citarne qualcuno, ma non è il caso del protagonista del nostro approfondimento.
Il ventesimo secolo ha un anno quando Fausto Melotti nasce a Rovereto, paesino nei pressi di Trento, ma la storia racconta che fu a Milano nel 1924 che prese il diploma di ingegnere elettronico prima di iscriversi all’Accademia di Brera, punto di riferimento assoluto della formazione artistica del nostro paese. Le due figure fondamentali che incidono sulla vita di Melotti in quegli anni portano i nomi di Adolfo Wildt, di cui frequenta i corsi a Brera, e di Lucio Fontana, compagno di studi e profondo amico dell’artista.
Ingegnere di formazione e artista per vocazione, Melotti attraversa un periodo storico durante il quale, nell’Italia delle innovazioni industriali e dei ricordi di guerra più o meno lontani, l’astrazione verrà riconosciuta soltanto vari decenni dopo le sue prime manifestazioni. La sua scultura che non lavora più sul togliere dal pieno, ma sul far emergere dal vuoto, è l’espressione di una sintesi che evita ogni pesantezza cerebrale e si vuole esplicitamente spirituale. Nel 1935 la prima mostra personale, fatta di opere che non destano interesse alcuno, né culturale né di mercato, con sculture spigolose e orfane del pathos necessario per imporsi; una delusione profonda che porta Melotti a sospendere la produzione artistica per dedicarsi all’insegnamento. Col tempo però si dedica alla ricerca di una geometria che mette da parte ogni rappresentazione figurativa e tende a esprimere un amore puro per la materia, che si tratti di bronzo o di ceramica. Da sempre, l’artista cerca un equilibrio ideale: si progetta nell’universo platonico dando vita a un iperuranio in bronzo, rame o metallo. Sembra inoltre che Melotti, pianista professionista, applichi alle sue sculture le leggi della musica: le composizioni che realizza evocano un’armonia fatta di variazioni, di intervalli e di legati. Non è un caso quindi che i titoli delle opere siano ispirati al lessico musicale: Piccola sequenza, Contrappunto X e ancora più esplicitamente Scala Musicale sono la rappresentazione plastica di un ritmo sonoro plasmato dall’artista. Questa componente immateriale riveste un ruolo essenziale nei lavori di Melotti: le sue sono opere fluttuanti, in apparenza fragili ma dalle solide radici metafisiche.
Nella sua vita ha prodotto disegni, dipinti e poesie; dopo la Seconda Guerra Mondiale ha sviluppato un interesse per la ceramica e successivamente ha ricevuto il Gran Premio alla Triennale di Milano nel 1951, nonché le medaglie d’oro a Praga e Monaco. Ha partecipato al progetto di Figini e Pollini per il Palazzo delle Forze Armate di Roma e ha lavorato con Gio Ponti in due grandi progetti: la Villa Planchart di Caracas (1956) e la Villa Nemazee di Teheran (1960). Il suo lavoro è stato esposto in numerose mostre museali in tutto il mondo, tra cui una mostra retrospettiva del suo lavoro tenutosi nel 1979 al Palazzo Reale di Milano e due anni dopo al Forte Belvedere di Firenze. Nel 1986, pochi giorni dopo la sua morte, è stato assegnato il Leone d’Oro alla 46a Biennale di Venezia.
Centodieci è Arte dedica a Fausto Melotti la mostra “Trappolando”, un omaggio all’opera plastica con particolare attenzione alla produzione ceramica. Alcune delle opere selezionate fra sculture, ceramiche e bassorilievi, non sono mai state esposte prima e sono tutte in diverso modo esemplari dei passaggi cruciali del lungo percorso artistico di Melotti. Melotti definì la ceramica come “un pasticcio”, “una cosa anfibia”, forse per evidenziare la sfida a cui essa ogni volta sottopone il suo artefice. L’opera di Fausto Melotti è intima, individuale e attraverso la sensibilità diviene gesto per indagare il proprio mondo interiore, svelando così quel che sta dentro ognuno di noi, suggerendo che ogni cosa che avviene fuori è il prodotto di ciò che abbiamo dentro, invitando lo spettatore a passare dalla visione al sentimento.
A Padova fino all’8 Giugno, per informazioni e visite scrivere a info@centodieci.it oppure chiamare il numero 049.8240600

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