Che cosa ci fanno centinaia di persone ordinatamente in fila, con zainetti e mani in tasca, fuori da una sala cinematografica in attesa di vedere un film che comincia un’ora dopo? No, non è uscito il nuovo film di Checco Zalone né il finale della nuova trilogia di Star Wars, anzi è probabile che questa folla si accinga a guardare una pellicola islandese in lingua originale con sottotitoli italiani o un film tunisino recitato in francese o qualche altra bizzarra combinazione.
Queste scene si presentano regolarmente se andate a un festival di cinema. Venezia, Cannes, Berlino, ma anche Torino, Bologna, Firenze, c’è solo l’imbarazzo della scelta. È stato calcolato che se un appassionato se lo potesse permettere potrebbe seguire un festival a settimana per tutto l’anno senza mai tornare a casa, viaggiando in tutto il mondo.
Tuttavia: d’accordo il piacere di guardare film, ma che cosa spinge a sacrifici così importanti? La risposta è univoca: la cinefilia. La passione per il cinema può essere divorante quanto la melomania, la bibliofilia, la fashion addiction, anche se ha caratteristiche proprie.
Per esempio:

  1. Il cinefilo considera la fila in piedi, il sacrificio, il viaggio, la fatica come ostacoli da superare per meritarsi la proiezione
  2. Il cinefilo si circonda di cinefili
  3. Il cinefilo detesta chi parla di cinema senza saperne abbastanza
  4. Il cinefilo ama i film minori che gli altri hanno scartato snobisticamente

La cinefilia, però, si è man mano alleggerita, democratizzata. E oggi – complice la condivisione delle proprie passioni sui social network – i cinefili sono aumentati e ringiovaniti, alla faccia di chi dice che la settima arte è in crisi. Anche senza vivere a Parigi, dove chi non è un cinefilo è considerato un tipo poco raccomandabile, si può cioè entrare nella comunità degli amanti assoluti del cinema.
Il passo successivo, una volta identificato il fenomeno, è però chiedersi se la cinefilia possa essere considerata anche un valore positivo per la nostra vita di tutti i giorni. Ebbene, ci sono almeno due aspetti che fanno propendere per questa ipotesi:

  1. La cinefilia offre forme di emancipazione dai problemi quotidiani anche i più gravi. La storia della passione per il cinema è piena di racconti di vita che narrano di come singole persone – schiacciate da pregiudizi, disagi sociali, impedimenti fisici, drammi civili e politici, fragilità psicologiche – abbiano trovato nei film e nella cultura cinematografica un luogo di riscatto emotivo e di rinascita personale. Si sono, cioè, sentite se stesse di fronte allo schermo e hanno ritrovato motivazioni importanti vedendo raccontati tutte le storie e tutti i personaggi immaginabili. Il cinema è sempre stato un modello di conoscenza e uno sprone.
  2. La cinefilia produce benessere in tutti noi. Anche andare semplicemente al cinema ogni tanto può farlo, ma la cinefilia – ovvero la frequentazione consapevole e assidua dei film, in sala e a casa – allarga le proprie conoscenze, mette in contatto gli appassionati, produce vantaggi cognitivi. Sono ormai molti gli studi scientifici (e non solo sociologici) che confermano questo aspetto di socialità e di condivisione favorita dalla cinefilia e dai film, come dimostrano alcune recenti scoperte riguardanti la mente degli spettatori e legate al tema dei neuroni-specchio. Ciò conferma l’assoluta originalità del cinema – rispetto agli altri mezzi espressivi – nel fornire modelli di vita ed esempi di esperienza per gli spettatori.

Quando, negli anni Cinquanta del secolo scorso, alcuni intellettuali e critici francesi resero la cinefilia un vero e proprio must culturale forse non immaginavano che una battagli artistica (quella per la legittimazione del cinema) si sarebbe trasformata in un processo di miglioramento di sé stessi e della società. Tant’è: il cinefilo, quello vero, non potrà che avere mente aperta e assenza di pregiudizi, perché amare i film significa apprezzare e riconoscersi in tutte le identità e in tutti gli universi possibili.