“Organiziamo si scrive con una z per via della regola –zio/-zia!”; “A me mi è sbagliato!”; “Non si mette mai la virgola prima della congiunzione e!”.
Quante volte sarà capitato di trovarci a discutere con un grammarnazi, ossia un difensore della Grammatica con la G maiuscola, inflessibile fino alla stolidità, tutto infervorato nel segnalarci un (ipotetico) errore? O quante volte siamo stati noi stessi a recitare questa parte? Per sfatare possibili dubbi, premetto subito che tutte e tre le affermazioni citate in apertura sono false, seppure con gradi diversi di falsità.
Facciamo un passo indietro e definiamo il concetto di norma linguistica ricorrendo a Treccani:
«[La norma linguistica è] un insieme di regole, che riguardano tutti i livelli della lingua […], accettato da una comunità di parlanti e scriventi (o per lo meno dalla stragrande maggioranza) in un determinato periodo e contesto storico-culturale».
Che sia un insieme di regole non è una sorpresa. Ma attenzione al seguito.
– Accettato da una comunità di parlanti, non imposto a: una certa comunità linguistica, ovvero un gruppo di persone che è d’accordo sull’usare una specifica lingua per comunicare, accetta le indicazioni della norma perché fondamentalmente servono per garantire una comunicazione chiara.
– L’altro dato importante è che la norma vale per un determinato periodo e in un determinato contesto: non è universale, insomma, e cambia pure nel tempo. Per fare un esempio, ai tempi di Giacomo Leopardi era normale usare un congiuntivo come abbi o facci in luogo di abbia o faccia, mentre oggi queste forme ricordano il mitico ragionier Ugo Fantozzi nella scenetta del tennis: “Fantozzi, batti lei”. Un altro caso potrebbe essere il famosissimo – e per molti raggelante – chiesimo (per chiedemmo) scappato al social media team di Gasparri su Twitter: basta fare una ricerca con Google Libri per scoprire che Garibaldi usava questa forma profusamente (e non era il solo): più che errore, insomma, una forma desueta, in disuso. Molto rumore (quasi) per nulla.
Insomma, la norma non è un monolito immoto, distaccato dalla realtà: è un insieme di indicazioni per far sì che la nostra comunicazione funzioni meglio. Le situazioni di grigio sono molte, e la maggior parte dei problemi dei grammarnazi nasce dalla pretesa di applicare in maniera pedissequa, non riflettuta, delle “regolette” mandate a memoria molti anni prima, forse ancora alle elementari.
– Prendiamo il caso di organizzare. Ovviamente la forma corretta è organizziamo, con due z, dato che il verbo ha la radice organizz- a cui va unito il morfema flessivo – La regola citata si applica ai sostantivi, e nemmeno a tutti (si pronuncia /polizzìa/ ma si scrive polizia, ecc.); applicarla a un verbo è frutto probabilmente di un ricordo distorto.
– A me mi, invece, non è sbagliato: non lo si consiglia in contesti alti, ma chiacchierando, o scrivendo su Whatsapp, è più che accettabile. C’è differenza tra contesti informali e formali. E cose che non si scriverebbero mai in un tema della maturità o in un curriculum vitae vanno benissimo per un sacco di altre occasioni.
– La sequenza virgola+e va bene quando, ad esempio, la e unisce due frasi diverse: oggi fa decisamente freddo, e mi sa che domani non andrà meglio. Qui la regola esiste (non si mette la virgola prima di e in un elenco, e simili), ma non va applicata senza giudizio.
Si può essere linguisticamente ineccepibili, attenti a “dire tutto quel che [si] ha da dire nel modo più preciso e senza una parola di troppo”, citando l’Italo Calvino del famoso pezzo chiamato “L’antilingua” (1965), senza per questo cadere nella pedanteria e nell’inflessibilità.
La norma esiste per renderci la vita più facile, non per diventare una dannazione. La persona davvero colta linguisticamente è quella in grado di adattare il proprio uso linguistico al contesto, esattamente come se scegliesse il paio di scarpe più giusto per l’occasione: come vado in spiaggia con le infradito, ma a teatro con le décolleté, così uso se lo sapevo non venivo quando whatsappo a un amico, ma se lo avessi saputo non sarei venuta durante una riunione formale di lavoro.


Vera Gheno
Vera Gheno è una sociolinguista. Nasce in Ungheria nel 1975. Si laurea e si addottora in Linguistica presso l’Università di Firenze, specializzandosi sulla comunicazione mediata dal computer. Insegna all’Università di Firenze (Laboratorio di italiano scritto), all’Università per Stranieri di Siena (Applicazioni informatiche per le scienze umane) e al Middlebury College, sede di Firenze (Sociolinguistica). Collabora […]
2017-05-24T14:40:52+02:00
2020-09-18T12:39:05+02:00