La nuova generazione dei curatori italiani d’arte contemporanea: Rossella Farinotti
Nel panorama dei giovani curatori d’arte contemporanea spicca un nome degno di nota e approfondimento per la sua straordinaria capacità di mescolare saperi, stimoli e strumenti comunicativi: Rossella Farinotti.
Il connubio arte-cinema
Milanese, cresciuta in un ambiente culturalmente favorevole – figlia dello scrittore e critico cinematografico Pino Farinotti – si laurea in cinema alla Statale di Milano, per poi affacciarsi al mondo dell’arte frequentando il biennio all’Accademia di Brera. Il cinema però non l’abbandona mai: dal suo nome, di “fleminghiana” memoria, alla redazione insieme al padre del mitico Dizionario di tutti i film, alla pubblicazione di Il quadro che visse due volte, una raccolta di scritti su come i maestri della settima arte abbiano attinto visivamente ai grandi della pittura.
I primi passi nel mondo dell’arte
Contestualmente agli studi a Brera, Farinotti inizia a muovere i primi passi nel mondo dell’arte contemporanea: collabora con una galleria d’arte, indaga il mondo berlinese e newyorkese, lavora come assistente del critico e curatore Marco Meneguzzo. È poi assistente dell’assessore alla cultura di Milano nel periodo di realizzazione dell’iconica opera L.O.V.E. di Maurizio Cattelan (2010), il dito medio installato in Piazza degli Affari.
Parola d’ordine: multidisciplinarietà
L’elasticità di un approccio multidisciplinare porta Farinotti a curare il progetto di ricerca e supporto all’arte contemporanea voluto dal noto brand Sergio Rossi, all’insegna del connubio tra tradizione e sperimentazione. La curatrice segue il cuore del processo, relazionandosi con gli artisti, indagando gli spazi, riflettendo sui valori e l’identità dell’azienda, restituendo un eccellente esempio di gestione di una collezione corporate.
Artisti storicizzati e artisti emergenti
Sono numerosi i progetti che Farinotti ha seguito negli anni. Ciò che colpisce del suo approccio è la freschezza con cui si relaziona sia agli archivi storici sia all’arte emergente, riuscendone a delineare prospettive sempre nuove e articolate. Già executive director dell’Archivio Giò Pomodoro, dedicato alla conoscenza, alla diffusione e alla tutela dell’opera dell’artista marchigiano, Farinotti cura Giò Pomodoro: opere in poliestere. Ricerca sui nuovi materiali dal 1957 al 1970, negli spazi milanesi della galleria Secci: visitabile fino al 29 luglio 2023, la mostra porta alla luce la ricerca su nuovi materiali, come il poliestere, appunto, focalizzandosi su un corpus di opere circoscritto tra il 1957 e il 1970.
Dalla materia scolpita e fusa in bronzo, Pomodoro passa a superfici plastiche, in tensione, avanguardistiche per la fine degli anni Cinquanta, più d’uso comune verso i settanta, sperimentando forme e colori e producendo grandi e piccole sculture in poliestere nero, rosso, giallo, verde, bianco.
Ma Farinotti non si limita a guardare al “passato” dell’arte, volgendo il suo acuto sguardo anche sugli artisti emergenti: in una serie di recenti mostre, indaga il tema del paesaggio coinvolgendo alcuni tra i più promettenti nomi dell’arte italiana. Nella mostra personale di Thomas Braida, Negli specchi torbidi riflessi, presso Area Treviglio – del collezionista Ermanno Tassi – il paesaggio, in particolare quello marino, rappresenta un primo layer interpretativo: cromie vive, lucentezza e scintillii, restituiti sapientemente in un’atmosfera surreale, si mescolano a paesaggi personali e intimi per l’artista, la cui vibrazione interiore viene amplificata dalla scelta allestitiva di una stanza foderata di tessuto azzurro luccicante. In HOW FAR SHOULD WE GO? presso ICA Milano, Farinotti coinvolge Linda Carrara, Lucia Cristiani, Cleo Fariselli, Ettore Favini, Irene Fenara, Silvia Mariotti, Giovanni Oberti e Alice Ronchi, per innescare una riflessione sull’attenzione – visiva o emotiva – e sulla fruizione di un determinato ambiente, di un habitat che spesso può anche essere ripensato, rivisitato o ri-costruito. Immaginari in cui l’essere umano può scegliere di trasformarsi in spettatore attivo, in educato osservatore, o utilizzare la natura come mezzo per un messaggio duraturo.
Il futuro
Inarrestabile Farinotti, ha condiviso con Centodieci una nuova gemma in cantiere: nel 2024 trasmigrerà dalla dimensione digitale a quella fisica il progetto Stupida come una bionda, innovativa pagina Instagram che nasce qualche anno fa con lo scopo di affrontare gli stereotipi di genere, coinvolgendo sia artiste internazionali affermate sia giovanissime. Alla mostra, che si svolgerà a Roma alla Fondazione Pastificio Cerere, collaboreranno anche Ettore Favini, Valentina Rossi (cofondatrice della pagina IG con Farinotti) e Marta Pierobon.