I bravi romanzieri sono come gli architetti. Danno forma narrativa a una traiettoria esistenziale, ne sviluppano gli intrecci, elaborano e costruiscono nuovi percorsi: senza perdere mai l’orientamento. È quanto fa Andrea Tarabbia in Madrigale senza suono, vincitore del Premio Campiello 2019. Un metaromanzo basato su cronache reali all’interno di una cornice di pura invenzione; al modo che fu di Boccaccio e di Manzoni.
Si tratta infatti della biografia di Gesualdo da Venosa, compositore vissuto nel XVI e legato, in parte, al contributo fornito alla creazione della musica polifonica, dall’altra all’uccisione della prima moglie a causa di un tradimento. Eppure, come emerge dalle pagine, è da un simile tormento che, inarginabile, scaturisce il suo genio artistico. Qui termina la “Storia”, quella vera. Il resto è l’atmosfera che ne deriva, gotica e sensuale, in cui Tarabbia intinge la sua penna per trascinarci nel labirinto che ha abilmente costruito. La storia del principe uxoricida è infatti narrata attraverso una cronaca dell’epoca, attribuita al servo Gioacchino, che capita nelle mani di colui che nel novecento riscoprirà l’opera di Gesualdo traendone spunto per la propria sinfonia: Igor Stravinskij.
In omaggio alla polifonia (in cui ogni voce compone un disegno), la costruzione narrativa viaggia su un binario doppio: da un lato quello psicologico romanzesco, con la storia di Gesualdo, il proprio servo, la moglie; dall’altro quello della riflessione musicale e sulla possibilità di innovare il linguaggio artistico, con il rapporto Gesualdo-Stravinskij. Un’operazione da bravi progettisti. Accade così, come nel lavoro, che l’architettura diventi la base su cui sviluppare un’idea. Lo schema e la mappa per orientarsi nel dedalo di possibilità, «adattando le forme alle forze contrarie», come scriveva il poeta e critico d’arte John Ruskin.

Nel romanzo, ballate, voci popolari e leggende dipingono una vicenda terribile, che porta un uomo a compiere un atto efferato per sottostare alle convenzioni dell’epoca. Lo fanno con un gioco colto e articolato che, tra manoscritti ritrovati, fantasia e citazioni di Stravinskij, innalza un monumento dedicato alla potenza misteriosa della musica. Tarabbia scrive ed esplora avendo sempre sotto gli occhi il suo disegno, così da non perdere di vista i passi importanti per realizzare il proprio progetto esecutivo.
Per questo Madrigale senza suono riesce, nonostante il cortocircuito continuo tra realtà e finzione, thriller ed erotismo: per l’abilità del proprio creatore di trovare sempre la direzione giusta.

di Corinne Corci