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Arte e Cultura

Perché leggere racconti può migliorare la tua vita lavorativa

Paolo Armelli
Di Paolo Armelli
Nato nel 1988, dopo una laurea Lettere Moderne con una specializzazione in traduzione letteraria, Paolo Armelli si dedica alla comunicazione occupandosi di content marketing e social media management. Nel frattempo scrive per alcune testate online e offline come Vogue, Wired.it, Rivista Studio, Gazzetta.it, Link. Si occupa principalmente di editoria, letteratura, televisione, cultura pop e tendenze. Pensa che le parole siano importanti e che usarle bene sia un segno di rispetto per l’altro, per questo studia come la lingua evolve per adattarsi alla diversità, all’inclusività e all’integrazione. Per un paio di anni ha diretto una rivista online di soli autori [...]
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Pubblicato il 12.11.2018 alle 14:09

“I racconti sono come un’avventura romantica, i romanzi sono dei matrimoni”: questa efficace immagine della scrittrice umoristica Lorrie Moore nasconde più di un significato. Da una parte ovviamente allude alla diversa durata delle esperienze: i racconti sono contraddistinti proprio per la loro brevità, mentre i romanzi lavorano su un’estensione maggiore. Forse in questa metafora c’è un’allusione anche alla diversa intensità, in quanto i primi sono fatti per convogliare emozioni intense e messaggi forti in poco spazio, i secondi invece necessitano di un passo più disteso. Ma soprattutto la differenza sta anche nella considerazione di questi due mezzi espressivi: i romanzi sono come i matrimoni anche perché hanno un riconoscimento istituzionale più stabilito e riverito, mentre i racconti hanno subito nel tempo diverse fortune.
Mentre negli Stati Uniti anche negli scorsi decenni, ad esempio, il formato delle cosiddette short stories non ha mai conosciuto un vero e proprio abbandono (pensiamo a grandissimi autori come Stephen King, il premio Nobel Alice Munro, Joyce Carol Oates, Jennifer Egan, George Saunders, per non parlare dei loro grandissimi maestri: Hemingway, Carver, Dorothy Parker), in Italia per anni la forma del racconto è sempre stata considerata ancillare e poco redditizia, tanto che le case editrici le pubblicavano con rarità molto parca e prudente. Ultimamente le cose stanno cambiano, soprattutto grazie a marchi indipendenti o emergenti (minimum fax, NN editore, Racconti edizioni, quest’ultima nata proprio per pubblicare raccolte di storie brevi). L’interesse maggiore è tale che anche autori italiani emergenti si distinguono con grande efficacia nel genere: da lì sono partiti scrittori come Paolo Cognetti, Nadia Terranova e nuove voci come Michele Orti Manara o Roberto Camurri.
Ma è sbagliato pensare che le alterne vicende editoriali dei racconti siano d’interesse solo per gli addetti ai lavori o per gli appassionati di letteratura. I racconti, invece, possono essere un utile strumento da applicare in qualsiasi ambito della propria vita, in particolare in quella lavorativa. Il respiro controllato del narratore, la precisa inquadratura del mondo e le caratteristiche di abilità e perizia necessarie a scrivere una perfetta short story possono insegnare molto. D’altronde, come scriveva Neil Gaiman, “un racconto è l’ultimo trucco di magia: un paio di migliaia di parole per trascinarti lontano nell’universo o per spezzarti il cuore”.
Gestione del tempo
La grande scrittrice Ali Smith dice che il racconto è la migliore forma letteraria per “confrontarsi con la propria mortalità”. È un discorso esistenziale ma soprattutto legato al tempo: mentre i romanzi hanno una forma tendenzialmente aperta, che ci sia una conclusione definita o meno, i racconti lavorano su una compiutezza che è anche temporale. In un determinato arco di tempo devono raggiungere il loro scopo. Allo stesso modo leggere i racconti ci fa venire a patti col fatto che dobbiamo impiegare saggiamente i giorni, le ore e i minuti a disposizione, organizzarlo anche nei momenti più brevi per fare qualcosa di utile. Avete un quarto d’ora di pendolarismo? In pausa pranzo vi è rimasta una ventina di minuti liberi? I racconti sono ciò che fa per voi: per usare al meglio il tempo ma anche per scandirlo in modo più organizzato.
Racconto consigliato: Alice Munro, Il percorso dell’amore
Costanza
La fantascienza è uno dei generi che più hanno frequentato il formato del racconto e uno dei suoi maestri, Ray Bradbury, ci ha lasciato questo suggerimento: “Scrivete un racconto alla settimana. Impossibile scrivere 52 racconti brutti di fila”. La sua era una provocazione ma che dà bene l’idea di un concetto ben legato al mondo delle short stories: la costanza. Bisogna essere costanti per scrivere raccolte di racconti coese e pregnanti, così come bisogna essere un lettore costante per non perdere d’interesse fra una narrazione all’altra. Modulare la propria attenzione e il proprio sforzo in modo equilibrato è uno dei segreti per essere produttivi. Mettetevi alla prova con raccolte di racconti più o meno voluminose e vedrete che riuscirete meglio a concentrarvi su un obiettivo (o più obiettivi) a lungo termine.
Racconto consigliato: Ernest Hemingway, Il gatto nero
Curiosità
Nella loro limitatezza, di spazio di tempo e di contenuto, i racconti sono anche perfetti per i lettori più onnivori e curiosi. Passare dall’uno all’altro è facile, senza il rimorso di aver abbandonato una storia più lunga come accade coi romanzi. Dunque le short stories sono un modo perfetto per aprirsi alla varietà del mondo: si può andare dai bush australiani di Katherine Mansfield al Giappone fantasmagorico di Murakami, dalla fantascienza di Asimov all’introspezione di Kafka nel giro di poche decine di pagine. “Quando leggi un racconto, ne esci sempre un po’ più consapevole e un po’ più innamorato del mondo che ti circonda”, ha scritto George Saunders.
Racconto consigliato: Jorge Luis Borges, L’Aleph
Cambio di prospettiva
Un racconto, per essere ottimo, deve creare un’atmosfera precisa, un microcosmo ben riconoscibile anche se vi si entra e ci si sofferma in esso per poco tempo. A volte, però, questa definizione prosegue così precisa solo per sovvertire le aspettative del lettore: alcuni dei racconti più fulminanti sono quelli che sorprendono il lettore proprio nelle battute finali. Ecco, i racconti sono anche un ottimo esercizio per immedesimarsi in un punto di vista spesso molto lontano dal nostro. D’altronde, come diceva David Sedaris, “una buona short story mi porta fuori da me stesso e poi mi ci rimette dentro, ora fuori misura e a disagio perché non ci sto più”.
Racconto consigliato: Raymond Carver, Una cosa piccola ma buona

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