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Arte e Cultura

Se il teatro diventa sostenibile e a chilometro zero

Simona Spaventa
Di Simona Spaventa
Piemontese, dopo la laurea in lettere moderne e un master in filologia romanza a Friburgo, ha frequentato l’Ifg di Milano ed è diventata giornalista professionista. Oggi è freelance e critico teatrale. Dal 2001 collabora stabilmente con le pagine milanesi e nazionali del quotidiano LaRepubblica per il teatro e il cinema. Tra le sue altre collaborazioni quella con il manifesto e, in passato, con il mensile di Emergency E. La sua passione, oltre al cinema e al teatro, sono i gatti e i viaggi in Oriente.
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Pubblicato il 03.03.2022 alle 9:11

Quattro biciclette verdi fissate su due pedane ai lati opposti del palcoscenico. In sella, quattro volontari pedalano senza sosta, mentre sopra di loro dei display mostrano in tempo reale quanta energia producono, e quanta ne viene consumata. È il colpo d’occhio “ecologico” più diretto ed esplicito di “Uno spettacolo per chi vive in tempi di estinzione”, la nuova produzione del Piccolo Teatro di Milano in scena dal 3 al 27 marzo che tenta un esperimento radicale quanto necessario: realizzare una pièce quanto più possibile ecocompatibile, a zero emissioni di carbonio come richiesto dagli obiettivi dell’Agenda 2030. E, pedalata dopo pedalata, i risultati ci sono. Perché se si pensa  che uno spettacolo teatrale brucia in media tra i 30.000 e i 150.000 watt, quanto una nave da crociera o un condominio di cento appartamenti interamente illuminati, sapere che questo spettacolo ne consuma solo 240 fa una certa impressione.

Il messaggio è bello chiaro: perché il teatro sia ecologico non basta che parli di ecologia, bisogna che la metta in pratica. Ed è proprio questa l’idea che sta alla base del progetto “Sustainable Theatre?”, scritto proprio così, con il punto interrogativo che sottolinea come sia una sfida, un tentativo, una ricerca in progress. Lo spettacolo del Piccolo ne è la prima ramificazione italiana e accoglie le proposta dei due ideatori, la regista inglese Katie Mitchell e il coreografo francese Jérôme Bel, punte di diamante dell’avanguardia teatrale europea, che l’hanno sviluppato al Théâtre Vidy di Losanna. 

Eppure limitare il dispendio di energia durante lo spettacolo (dove grazie ai muscoli dei ciclisti funzionano le luci, l’amplificazione, la musica) non è tutto. Bisogna rendere sostenibili anche i suoi processi produttivi e la costruzione della tournée. Lo spostamento delle scenografie e delle maestranze su gomma o in aereo è molto inquinante? Allora facciamone a meno, si sono detti quelli di “Sustainable Theatre?”. Creiamo piuttosto una rete di collaborazioni in ogni Paese, che traducano i testi e li allestiscano con artisti e tecnici locali. Una sorta di “sharing theatre” a chilometro zero che in Italia è stato affidato dal Piccolo alla regista Lisa Ferlazzo Natoli e al suo ensemble, Lacasadargilla. L’impianto per produrre l’energia con le bici è invece stato ideato e costruito da Pedal Power, il collettivo con base a Barcellona e Milano che alimenta in modo sostenibile anche proiezioni cinematografiche, concerti e installazioni interattive per bambini. 

Ma in scena che cosa succede? Tratto dalla pièce dell’americana Miranda Rose Hall, lo spettacolo parla di estinzioni già avvenute, e di altre che noi umani con il nostro egocentrismo stiamo per provocare. Un’attrice afroitaliana, Ester Elisha, rievoca creature scomparse o sull’orlo dell’annientamento: pipistrelli bruni, gechi marmorizzati, cipressi delle Guadalupe. Attorno alla narratrice, un coro di anziani non professionisti legati a realtà musicali del territorio milanese (Voci di Mezzo, Coro Hispano Americano, Coro di Micene) si fanno voce della memoria. E anche il pubblico farà la sua parte, perché parte degli incassi servirà a piantare alberi con il progetto Forestami, il programma di riforestazione dell’area metropolitana di Milano.

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