La forza di Jacinda Ardern, premier neozelandese, è essere sé stessa
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La Nuova Zelanda, un paese con poco meno di 5 milioni di persone, è storicamente avanti su molte cose: è stato il primo a concedere alle donne il diritto al voto, a credere nel welfare nazionale e ha da sempre rifiutato il nucleare. Ma qualcosa in particolare ha permesso alla nazione di farsi notare ai tempi del Covid-19: Jacinda Arden. Quando è stata eletta primo ministro della Nuova Zelanda nel 2017, Jacinda Ardern è diventata la più giovane donna a capo di un governo al mondo. Aveva 37 anni. Dopo tre mesi ha annunciato una gravidanza, diventando la seconda al mondo a dare alla luce un figlio durante il mandato. Alle domande sulla maternità aveva replicato: «È totalmente inaccettabile porre domande di questo tipo alle donne nel 2017. La scelta del momento giusto per avere dei figli appartiene alle donne. Ed essa non deve determinare in alcun modo l’ottenimento o meno di un posto di lavoro».
Il suo stile di governo si è fatto notare da subito. A seguito dell’attentato di Christchurch nel Marzo del 2019, il più sanguinoso della storia del Paese, la Ardern si è presentata in pubblico vestita a lutto in abiti tradizionali islamici, “salam aleykum” (che la pace sia con voi) ha esordito, per poi avvertire che se il terrorista cercava la notorietà, lei non lo avrebbe permesso, non avrebbe mai pronunciato il suo nome. Avrebbe ricordato solo quello delle vittime. Sempre nel 2019 Jacinda Ardern ha firmato una legge sul clima che è già diventata storica, impegnandosi ad azzerare le emissioni di gas serra del proprio Paese entro il 2050. Da quando è a capo del governo ha fermato la vendita libera delle armi, legalizzato l’aborto e si è impegnata a ridurre i costi per gli studi universitari e a favorire l’assegnazione di case popolari.
Sul tema Covid-19 Jacinda Ardern ha messo in atto da subito restrizioni importanti. Ha proibito l’ingresso ai viaggiatori provenienti dalla Cina già dall’inizio di febbraio, quando in Nuova Zelanda non esistevano ancora contagi. Ha chiuso le frontiere ai non residenti a metà marzo, nonostante i numeri fossero ancora molto bassi. Alla fine dello stesso mese ha imposto il lockdown in tutto il Paese. Scelte politiche suscettibili di polemiche che però hanno portato a risultati concreti. Il picco delle nuove infezioni è stato raggiunto all’inizio di aprile e ad oggi, su una popolazione di cinque milioni di abitanti, i contagi sono meno di 1.500 e i morti meno di 20.
Naturalmente, come in tutto il resto del mondo, queste restrizioni hanno avuto delle forti ripercussioni sull’economia. In segno di solidarietà con il resto della popolazione, Jacinda Ardern e i ministri del suo governo hanno decurtato il proprio stipendio del 20 per cento per i prossimi sei mesi.
Saranno questi i motivi per cui gli indici di gradimento nei confronti di un primo ministro neozelandese non sono mai stati così alti? La salute è tutto, così si dice. O almeno, è un buon punto di partenza. Il resto lo fa il suo stile di leadership. Oltre alle conferenze formali con gli altri membri del governo e la stampa, la Ardern si rivolge spesso ai cittadini in modo diretto, tramite interventi live su Facebook. Quello in cui ha annunciato il lockdown l’ha mandato in onda dal divano di casa sua, con addosso una felpa “casalinga”, spiegando che aveva appena messo a dormire sua figlia. In un altro, s’intravede un giocattolo della bambina dietro alla sua scrivania. Come per tutte le madri lavoratrici, in questo periodo tenere completamente distinti gli ambiti casa-lavoro risulta quasi impossibile. E, anche se potrebbe, Jacinda Ardern non finge di riuscirci.
Nelle sue dirette comunica in modo chiaro, diretto, preciso e lucido, ma anche informale ed empatico. Capisce benissimo, dice, la condizione di disagio e paura, il senso di incertezza che può derivare da uno stato così allarmante. Essendo madre, sa quanto sia difficile evitare i parchi giochi. Tiene conto dell’emotività degli altri, creando così un rapporto di fiducia con i suoi cittadini. Una strategia di comunicazione efficace: mostrarsi una donna normale, umana, senza paura di rivelare le proprie “debolezze” le permette di farsi sentire più vicina, senza niente togliere alle sue competenze.
Di competenza ne ha da vendere. Si consulta costantemente con esperti, è preparata. Agisce secondo una strategia logica, intelligente, pensata velocemente. Fornisce informazioni esaustive. Spiega quali restrizioni stanno per entrare in vigore e perché, prima che questo accada. Mette a conoscenza i cittadini del ragionamento dietro le misure imposte dal governo e quali siano i parametri utilizzati. Ha fatto alcune previsioni con lo scopo di prepararli psicologicamente: il lockdown sarebbe durato settimane e i contagi sarebbero cresciuti proprio mentre i neozelandesi cominciavano la quarantena. Ha organizzato un ciclo di conferenze virtuali con specialisti in diversi ambiti sul tema Covid-19, in cui partecipa in prima persona, un modo per farsi sentire vicina e fare buona informazione. Ha messo subito in atto un piano di aiuti economici per la popolazione e le imprese e ha in programma di riaprire appena possibile le frontiere con l’Australia. Lo stile di governo di Jacinda Ardern, improntato sull’empatia, la comunicazione e la strategia è efficace dal punto di vista pratico, oltre a soddisfare i neozelandesi sul piano emotivo. Il risultato è un altissimo indice di apprezzamento da parte della popolazione, che all’88 per cento si sente in buone mani e ha fiducia nel governo.
A proposito del bisogno di normalizzare la presenza delle donne in contesti di potere, Jacinda Ardern ha dichiarato: «Sono orgogliosa di rappresentare un Paese dove le ragazze non trovano la politica o le cariche politiche una cosa fuori dall’ordinario». La sua empatia, l’atteggiamento solidale, il suo modo di comunicare e l’abilità strategica sono considerati attribuiti femminili. Invece che chiedere alle donne di comportarsi come uomini al potere, allora, forse vale la pena di lasciarle essere se stesse. Accogliere, in generale, sia i tratti “femminili” che quelli “maschili” nella leadership politica. L’ideale, a dirla tutta, sarebbe apprezzare e valorizzare queste caratteristiche nei leader a prescindere dal genere.
A prescindere da tutto. Per il bene del Paese.
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