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Empowerment

Se non chiedi perché temi il rifiuto, non otterrai mai quello che desideri

Lorenzo Cavalieri
Di Lorenzo Cavalieri
Fondatore e Direttore di Sparring, società di formazione e consulenza che diffonde la cultura della buona vendita: allenamento, semplicità, emozioni. Dopo un’esperienza manageriale come selezionatore e cacciatore di teste si occupa dal 2008 di sviluppo delle risorse umane, outplacement e coaching (è un coach certificato ICF). Da specialista di orientamento nel mondo del lavoro cura per scuole, università e business school progetti di promozione di un approccio imprenditoriale al lavoro. Ha raccolto la sua visione del nuovo mondo del lavoro nel libro “Il lavoro non è un posto”. Precedentemente aveva pubblicato “Mi vendo bene ma non sono in vendita” e “Vendere [...]
Scopri di più
Pubblicato il 16.12.2016 alle 16:27

Nel mondo del lavoro oggi parliamo tutti di intraprendenza. Personalmente è una delle frasi che ascolto in modo più ricorrente nei colloqui di lavoro: “Sono una persona proattiva e intraprendente”. Quanti lo siano davvero è un altro paio di maniche.
È vero che l’intraprendenza è una componente fondamentale di un approccio vincente al lavoro nel terzo millennio. È vero anche però che quando si chiede alle persone cosa significhi essere intraprendenti le risposte toccano solitamente solo un aspetto: capire e muoversi in anticipo, agire prima di essere costretti a farlo. Manca un pezzo fondamentale e non è un caso. Esiste infatti una dimensione dell’intraprendenza di cui non si parla mai, perché “fa meno figo”: le persone intraprendenti bussano, propongono, chiedono, cercano di persuadere gli altri a fare qualcosa per loro.
Ecco il problema. La maggior parte di noi non chiede e non propone (o quando lo fa, lo fa senza sicurezza e dunque inefficacemente) perché psicologicamente si lascia dominare dalla paura del rifiuto e della porta in faccia: “Forse non è il caso di proporglielo”; “Non glielo chiedo neanche, tanto so già che…”.
 

Un consiglio per i giovani: cercate i “no”, perché vi torneranno utili

 
È questa una dimensione del nostro comportamento sociale che ha un riflesso fortissimo sui nostri successi professionali. Per orientare e influenzare gli altri infatti abbiamo bisogno di far loro delle proposte. Il fatto che qualcuno ci possa dire “No, non mi interessa”, “No, non compro”, “No, non lo posso fare” inibisce e frena la maggior parte di noi. C’è un motivo specifico: siamo portati a vivere il no alla nostra proposta come un no alla nostra persona. È per questo che quando proprio siamo costretti a proporre utilizziamo formule fragili e insicure (per non dire fantozziane): “Non è che per caso eventualmente potresti valutare l’idea di…”. È per questo motivo che quando siamo dentro una trattativa lasciamo troppo spesso che sia il nostro interlocutore a fare “il primo passo” mettendoci alle strette.
Si può intervenire?
Da un lato per molti la paura della porta in faccia è scolpita una volta per tutte nella personalità e nelle esperienze di vita; dall’altro però esiste per tutti lo spazio per trovare il modo di gestire (non superare) questo “nemico emotivo”. Si tratta di rinforzare i muscoli con l’esercizio: chiedere, proporre, bussare, una volta in più di ieri. Tutti i giorni. Sul lavoro, a scuola, in famiglia. Facciamoci dire di no più spesso.
Per i più giovani un consiglio molto pratico. Se riuscite, insieme agli studi, fate due esperienze formative: la vendita porta a porta o la tentata vendita nei centri commerciali e il fundraising benefico. Provate a fermare la gente, proponete, fatevi dire di no, accogliete le porte in faccia come la fatica di un esercizio in palestra. Allenate la vostra intraprendenza. Anche nel lavoro dei vostri sogni vi servirà come il pane.

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