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Empowerment

Come non cadere nella trappola della paura

Claudio Gagliardini
Di Claudio Gagliardini
Nato a Roma nel 1970, manca per pochi decenni la natività digitale, ma recupera con insospettabile freschezza alla fine degli anni ‘90 dopo numerose esperienze in ambito turistico-ricettivo, in giro per l’Italia. Il demone del web s’insinua in lui agli esordi della Rete nel Bel Paese, fino a diventare una professione, con l’avvento dei media sociali e del web 2.0, che integra l’impegno sino a quel momento speso in comunicazione e marketing per-digitali. Oggi è consulente, formatore e relatore in marketing e comunicazione, con particolare specializzazione sui social media e sulle opportunità offerte dalla Rete. Socio e co-fondatore di seidigitale.com [...]
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Pubblicato il 05.04.2022 alle 9:00

Lasciarsi alle spalle la paura.
I due anni di pandemia che abbiamo vissuto ci insegnano in modo drammatico quanto questo obiettivo sia cruciale, ma con la paura abbiamo a che fare da sempre: da ragazzini abbiamo paura del buio, di restare da soli, di perderci e crescendo la situazione non cambia. O almeno non in meglio.
La paura fa parte di noi ed è anche uno dei modi in cui il nostro cervello ci aiuta a difenderci da pericoli reali, spesso molto più concreti di quanto immaginiamo, ma non sempre e non necessariamente incombenti o inevitabili.

Possibile non è sinonimo di probabile, infatti. Quando abbiamo paura, però, la nostra percezione tende ad essere distorta e ciò che in realtà è soltanto una remota ipotesi diventa nel nostro cervello qualcosa di certo, ancor più che probabile.

Tra le paure più subdole e striscianti ci sono probabilmente quelle che minano la nostra autostima: la paura di non essere all’altezza, la paura di sbagliare, quella di non farcela. Decine di piccoli mostri che talvolta ci mettono in pericolo più di quanto ci proteggano e ci impediscano di fare stupidaggini, che è il motivo per cui il nostro subconscio li crea e li dissemina sul nostro cammino.

La loro pericolosità deriva dal fatto che queste paure non sono sempre e necessariamente focalizzate su noi stessi e sui nostri limiti, ma spesso sono invece il riflesso dei nostri complessi di inferiorità rispetto agli altri.

Complessi che, in molti casi, non sono del tutto immotivati. Che ci sia gente più in gamba di noi è una certezza, non una possibilità, ma questo è del tutto normale. Chiunque faccia qualsiasi sport, ad esempio, sa benissimo che per quanto la sua striscia di vittorie possa allungarsi, prima o poi qualcuno arriverà ad interromperla. Nessuno è il più grande di tutti per sempre e non tutti hanno i numeri per diventarlo.
Per metterci nella condizione di non aver paura dei nostri limiti, pertanto, la sola cosa che possiamo fare è sfidarli fino a prenderne consapevolezza e accettarli. Essere in pace con noi stessi e avere la coscienza pulita è infatti il prerequisito essenziale per combattere la paura e sconfiggerla: daremo il massimo, faremo tutto il possibile e avendo fatto tutto questo non potremo accusarci di niente che dipenda soltanto da noi.

Come spesso capita di accorgersi, però, certi nemici sono così ostici e difficili da affrontare perché sanno giocare con gli specchi e ingannarci. Quante volte vediamo qualcuno farsi male e pensare che noi un dolore come quello non riusciremmo a sopportarlo? Poi quel dolore arriva anche a noi e ci rendiamo conto, stringendo i denti e sopportando, che a distorcere la nostra percezione era la paura del dolore, più che il dolore in sé. Ecco, sconfiggere la paura significa rendersi conto che per venirne a capo dobbiamo prima capire dove e cosa sia il nemico.

Per farlo dobbiamo uscire da noi stessi e guardare le cose dall’esterno, e da fuori, guardarci da diversi punti di vista e prospettive. Soltanto uno sguardo olistico e una visione d’insieme, infatti, possono farci comprendere che quel subdolo avversario non è più grande di noi e non ci sovrasta né ci trafigge a morte, ma usa la furbizia per compensare i suoi limiti. Quando comprendiamo questo il lavoro da fare su noi stessi è molto più semplice, perché togliere molte spine di un cactus dalla pelle di una mano è certamente un lavoro lungo e fastidioso, ma è molto più facile e meno rischioso che estrarre un proiettile di grosso calibro incastrato tra i polmoni e il cuore.

La paura non uccide.
Ad ucciderci, a volte, è la paura della paura, non il suo oggetto. Quando nello sport si parla di paura di vincere è di questo che si sta parlando: della paura di non trovare dentro di noi il coraggio necessario per vincere. Sembra assurdo, ma è proprio così che funziona, perché vincere è molto meno semplice di quanto possa sembrare, anche quando la distanza con l’avversario è tale da non mettere in discussione il risultato. Per vincere, infatti, bisogna necessariamente sconfiggere l’avversario, ma anche fare i conti con la sua delusione e la sua sofferenza, che si amplificano al cospetto della nostra felicità e del nostro orgoglio di vincitori. Non tutti sono capaci di sopportare questa emozione una sfida dopo l’altra. Così come pochi sono capaci di sconfiggere la paura di non riuscire a difendere i titoli vinti o di non rimanere a lungo a un determinato livello di competitività o di eccellenza.

Queste dinamiche le ritroviamo ovunque, nel corso della nostra esistenza, ma la paura non è un avversario invincibile. Metterlo alle corde richiede allenamento, fatica e dolore, ma il solo modo che la paura ha per sconfiggerci è farci arrendere. La paura non ha infatti nessuna arma e nessuna risorsa. È come un virus che si insinua nel nostro organismo e gli ruba un po’ di vita ed è per questo che il solo modo in cui ci può bloccare è intrappolarci in quel gioco di specchi che è la paura della paura, che fondamentalmente è paura del niente.

Come possiamo sconfiggere questo eroe del nulla che è la paura? Smettendo di cadere nella trappola di specchi che essa costruisce e guardando oltre, dove ci sono i pericoli più concreti ma anche la nostra consapevolezza, che è la sola arma in grado di sconfiggere quel mostro di cartone.

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