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Empowerment

Il dialogo, strumento per crescere e creare legami

Sara Doris
Di Sara Doris
Presidente Esecutivo di Fondazione Mediolanum Onlus, in iniziative di solidarietà a favore dell’infanzia in condizioni di disagio, in Italia e nel mondo. Contemporaneamente si occupa di attendere e seguire direttamente la crescita e l’educazione dei cinque figli frutto del suo matrimonio con Oscar di Montigny. Le scelte di vita e l’esperienza professionale le hanno donato una vocazione profonda e una gamma di valori di rara sensibilità che condivide con i lettori di Centodieci.
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Pubblicato il 21.06.2017 alle 15:48

Molti sono convinti che i fatti siano più importanti delle parole. Per alcuni versi questo è vero, bisogna tendere sempre alla realizzazione di un risultato. Eppure parlare e confrontarsi sono aspetti della nostra vita quotidiana spesso sottovalutati, utili strumenti per risolvere problemi sul lavoro, in famiglia e in tanti altri ambiti. E quindi a raggiungere con più facilità quegli stessi obiettivi concreti che ci siamo prefissati.
Lo vedo anche in famiglia, appunto: mantenere sempre aperto il canale di comunicazione con i figli, con il proprio partner e – perché no – con tutte le altre persone che gravitano attorno alla nostra quotidianità è fondamentale. Me lo sono posta come principio irrinunciabile. Quando c’è un problema, quando montano insoddisfazioni, quando si inizia ad alzare la voce, a fare i capricci o a lamentarsi, la soluzione è solo una: sedersi a un tavolo e parlare. Ma soprattutto: ascoltare.
Al giorno d’oggi ci sembra di essere circondati di parole, di persone che esprimono le loro idee e le loro posizioni, di informazioni che ci arrivano da ogni parte. Tuttavia, se ci fate caso, quelle forme di comunicazioni assomigliano spesso più a dei monologhi: persone che vogliono tenersi stretto il diritto di parola, esponendo e facendo valere il proprio punto di vita senza lasciare la possibilità all’interlocutore di far sentire la sua voce. Si finisce così per mantenere ognuno la propria posizione. Nel dialogo vero e proprio, invece, ci si deve confrontare, tutti devono contribuire e arrivare a un risultato che sia di beneficio per tutti.
Se questo è vero in famiglia e nelle relazioni personali, lo è altrettanto nel lavoro di tutti i giorni. Ne sentiamo parlare spesso, nell’epoca dei social network in cui le aziende di qualsiasi tipo sono impegnate a instaurare un dialogo costruttivo e continuo con i propri clienti. Non a caso si chiama dialogue marketing: i business contemporanei cercano il feedback dei propri consumatori e sono molto interessati a mantenere sempre aperti dei canali di interazione e dialogo. Questo è utile all’azienda, che ha un mezzo di comunicazione diretto e sincero con i suoi utenti, ma anche per i clienti che si sentono partecipi di un progetto partecipato e condiviso.
Lo stesso principio che viene applicato dalle realtà aziendali verso l’esterno, lo si deve però applicare anche all’interno. In Banca Mediolanum lo viviamo quotidianamente come un’opportunità davvero preziosa: instaurare un dialogo a tutti i livelli dell’organizzazione significa che ognuno può dare il proprio contributo per migliorare i progetti, per rafforzare i rapporti all’interno dei team, per fissare obiettivi più realistici e alla portata di tutti. Facciamo questo perché siamo convinti che le persone perdano di motivazione e interesse se non vengono coinvolte: i tempi delle decisioni dall’alto sono finiti da decenni, ora è tempo di condividere e, ancora una volta, ascoltare.
Non è detto che sia facile, comunque. Ascoltare e mettersi in una posizione di apertura al dialogo richiede grande allenamento e forza di volontà, propensione a venirsi incontro. In un dialogo che sia reale e fruttuoso i partecipanti, infatti, devono trattarsi alla pari, stare a sentire con empatia l’altro e condividere la volontà di raggiungere un punto comune di mediazione. Non esattamente una passeggiata. Ma ci vuole innanzitutto pazienza, e che ha una famiglia, un lavoro e tanti altri impegni sa benissimo che la pazienza non deve mai mancare.
Anche perché i risultati poi si vedono davvero. C’è un vecchio libro del 1999, The Magic of Dialogue scritto da Daniel Yankelovich, che mi tengo sempre a mente per i suoi preziosi insegnamenti. A un certo punto vi si legge: “Tramite il dialogo, abbiamo la possibilità di penetrare le superficialità e le difese di cui solitamente ci facciamo scudo. Ci ascoltiamo e rispondiamo a vicenda con un’autenticità che aiuta a forgiare legami fra di noi”. Costruire legami, gettare ponti: in un’epoca così problematica sotto molti punti di vista non ci potrebbe essere obiettivo più nobile e importante. E voi cosa ne pensate? Apriamo il dialogo!

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