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non arrendersi mai
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Empowerment

Smettila di trovare scuse e datti da fare: arrendersi in partenza è peggio che fallire

Lorenzo Paoli
Di Lorenzo Paoli
Lorenzo Paoli è leader in Italia nello sviluppo di abitudini efficaci a livello mentale, emozionale e comportamentale. Lavora per multinazionali come Vodafone, Footlocker, Dell, Tupperware, Molteni Farmaceutici, Elica e molte altre ed è chiamato in tutta Europa come keynote speaker sul tema dello sviluppo del potenziale attraverso le abitudini. Autore di quattro libri sul Coaching e lo sviluppo personale. È fondatore e Direttore dei Programmi Corporate in Novaxia, l’azienda di Coaching che ha sviluppato la piattaforma di formazione delle abitudini efficaci “Habit Coaching”. È anche direttore della scuola per Coach di Novaxia, Coaching University, che forma Coach professionisti in tutta Italia.
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Pubblicato il 06.03.2017 alle 14:30

Una delle più grandi ricette per il fallimento di qualsiasi progetto di vita è sempre molto semplice, quasi banale, eppure diffusissima tra persone e organizzazioni: la mancanza di azione.
Il mondo è piano di progetti che non prendono mai forma.

Rimandare è un vizio che abbiamo in moltissimi: l’azienda che non investe “perché adesso c’è la crisi”, il professionista che non rischia “perché non sono ancora pronto”, la persona che non apre l’attività “perché non ho i soldi”.

Rimandare ci mantiene sicuri, sugli spalti della vita, e non scendiamo mai nell’arena. Così non rischiamo di sbucciarci le ginocchia e sbattere il naso per terra, vero: però diventiamo spettatori di qualcun altro.
Il rimandare funziona molto bene perché dietro ogni mancanza di azione c’è una buona storia: “Non ho i soldi per aprire la mia attività”, “nessuno mi dà un lavoro”. E una buona storia è fondamentale perché, senza di essa, non avremmo spiegazioni sullo spreco più grande che potremmo perpetrare contro il nostro potenziale. Alla domanda: “Perché non lo fai?” non avremmo risposta e dunque, dopo avere ringraziato la persona che ci ha posto tale domanda, dovremmo metterci in cammino. Invece, con una buona storia, possiamo cominciare non ad agire – per carità – ma a spiegare. Molte persone passano la vita a spiegare perché non fanno qualcosa, perché non raggiungono un obiettivo, perché non cambiano. E dato che non sono in pochi, troveranno un’altra persona disposta ad ascoltare, perché anch’essa ha una buona storia da raccontare: così si ritrovano sul tram, la mattina, a lamentarsi di come sarebbe bella la vita se il mondo facesse la prima mossa.

Questo è un dialogo che ti porterà alla frustrazione – un giorno non dovrai più raccontare nulla, perché sarà troppo tardi. Non potrai più dire “lo farò un giorno” – non avrà senso rimandare, perché non avrai più le energie che ti servono. Sarà veramente troppo tardi e a quel punto l’unica storia che ti serve, l’unica vera storia che racconterai nella tua vita, sarà: “Non lo faccio perché è troppo tardi”.

Il dialogo per l’azione è completamente diverso. È un dialogo che non racconta storie ma cerca di ascoltare la realtà guardandola con curiosità, per capire perché un’azione ha funzionato e una non ha funzionato. È un dialogo basato sull’azione: senza di essa non possiamo parlare, perché non avendo storie da raccontare, siamo subito consapevoli che siamo noi la ragione per la quale non siamo dove vorremmo essere. Le difficoltà esterne sono difficoltà, ma siamo noi che le facciamo diventare limiti invalicabili.

Il dialogo dell’azione guarda la realtà, e analizza il risultato delle nostre azioni, facendosi domande senza dare una facile risposta: “Perché ha funzionato?”, “Perché non ha funzionato?”, “Cosa farò di diverso la prossima volta?”

Le risposte non vanno cercate nel labirinto della nostra mente, che produce romanzi in cui noi più che i protagonisti siamo le vittime, ma vanno cercate nella realtà – nei dati, nelle prove, nelle sperimentazioni. Così ci agisce e si arriva al tipo di successo che cerchiamo: magari ci vuole tempo – anzi, sicuramente ci vuole tempo – ma progredisci, diventi sempre più bravo, sempre più vicino al risultato che vuoi.

Così mentre chi rimanda passa la sua vita a spiegare perché non lo fa, chi fa ascolta la realtà e agisce in silenzio. E soprattutto, vince in silenzio.

Chi rimanda e racconta storie è soddisfatto. Prova a contraddire chi ti sta dicendo che non può fare qualcosa: la persona non ti ringrazierà, anzi, ti attaccherà con ancora più convinzione e passione. La persona che racconta, che spiega i motivi del suo non agire, non vuole una soluzione, vuole sentirsi dire “hai ragione”. Chi invece ascolta la realtà, fa domande, sperimenta, cerca una risposta, una soluzione, un’evoluzione. Vive la realtà in prima persona, non la racconta. Perché vuole scendere nell’arena e vincere, come tutti noi.

Agire è la soluzione a tantissimi problemi, personali, aziendali, professionali. L’unica domanda che ti devi fare quando ti trovi davanti al bivio agire/non agire è questa: tu nella vita vuoi vincere, o vuoi avere ragione?

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