In qualche misura, è un problema radicato nell’esplosione dei social network: scorrere la timeline altrui, magari di un collega, può ridurre la nostra autostima e farci sentire più sfortunati, più soli, meno riconosciuti, meno apprezzati. Infelici. “Perché a lei/lui e non a me?”, “Dove sbaglio?” sono domande che possono fare capolino nella nostra mente. Eppure occorre ricordare che il paragone è nocivo, ecco perché. 

  1. Di solito facciamo sfoggio dei nostri successi, ma taciamo sui fallimenti
    Tutti falliscono, tutti commettono errori, ognuno combatte quella famosa battaglia di cui l’altro non sa nulla. Non sarà da un social network che lo scopriremo, non sarà da un post o da una foto.
  2. Il nostro metro di autovalutazione è la nostra interiorità
    … e si sa che la soggettività è fallibile, che possiamo autosabotarci, peccare di bassa autostima. Dovremmo fidarci di noi stessi? Certo, è la base del nostro agire quotidiano e deve esserlo, ma buttarsi giù da soli è un’altra cosa.
  3. La forza degli altri può combaciare con la nostra debolezza
    Chiedereste a una scimmia di nuotare sott’acqua, o a un pesce rosso di arrampicarsi su un albero? Probabilmente no, allora perché non fare un analisi lucida dei propri aspetti vincenti, che possono mancare del tutto agli altri? Perché deve essere il contrario?
  4. Il confronto è tossico
    Non fa che erodere il nostro, di successo, sminuendo i nostri traguardi e proiettandoci verso obiettivi irrealistici la cui ragione d’essere è, peraltro, la sola competizione (o l’invidia, peggio ancora).
  5. “Cuor contento, il ciel l’aiuta”
    Non è superstizione, né semplice frase motivazionale: quando siamo sicuri di se stessi emaniamo un altro fascino, un’altra energia. Maturare sentimenti negativi basati sul paragone con gli altri impedisce di brillare, di accogliere emozioni e sensazioni positive. Rende ciechi rispetto all’affetto e alla stima degli altri. Pensiamoci.