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Innovazione e Sostenibilità

Stai pensando anche tu a una fuga dal digitale?

Silvio Gulizia
Di Silvio Gulizia
Scrittore, giornalista e consulente di comunicazione. Ha lavorato venti anni nel giornalismo, come cronista prima ed esperto di tecnologia e innovazione poi, scrivendo per quotidiani e riviste. Questo l’ha portato a collaborare con acceleratori di startup e fondi di venture capital. Attualmente cura comunicazione ed eventi per il fondo Pi Campus. Dal 2015 scrive vivereintenzionalmente.com, una newsletter dedicata a pratiche per allineare le proprie azioni con le proprie intenzioni.
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Pubblicato il 27.03.2019 alle 17:23

Quando Apple ha introdotto nel sistema operativo dell’iPhone uno strumento per tracciare e limitare il tempo speso con il proprio dispositivo, qualcuno si è stupito. Pochi hanno pensato al jack delle cuffie, al floppy disc o il lettore CD, tutte cose che Cupertino rimosse per cavalcare una tendenza in procinto di raggiungere le masse. Non a caso Google e Facebook hanno poi seguito una strategia simile. Cosa sta succedendo? L’onda del digital detox, di cui #deletefacebook è l’esempio più evidente, anche se non alle nostre latitudini, sta mondando. C’è una controrivoluzione alle porte, ed è curiosamente guidata dagli stessi pionieri del digitale, coscienti che la corsa alla nostra attenzione da parte di app e social network sta portando al collasso singoli e società.

Il mea culpa dei pionieri dell’innovazione

Alcuni dei primissimi ingegneri di Apple, Google, Facebook e fondatori di aziende di tecnologia che hanno cambiato la nostra vita, allarmati dal montare dei disturbi connessi alla pervasività di prodotti e servizi digitali da loro creati, si sono riuniti nel Center for Humane Technology per riallineare la tecnologia con gli interessi dei propri utenti.
Queste persone sono coscienti di aver creato un ecosistema pensato per generare dipendenza, perché ognuno di loro ha progettato la propria applicazione per catturare la nostra attenzione. Che a un certo punto si è trovata accerchiata. Così che oggi, chi più chi meno, siamo tutti vittima di un disturbo da distrazione che ci rende faticoso disconnetterci, provocandoci stress, ansia, e riduzione del sonno. L’autostima dei nostri figli è misurata a cuoricini, stelline e like, le nostre relazioni sociali sono più virtuali che reali, e la nostra stessa democrazia è minata da false notizie che si diffondono attraverso gli algoritmi dei social network.

I nuovi trend

A confermare la visione di questi pionieri è l’ultimo rapporto di Fjord, un’azienda dell’universo Accenture che indaga l’esperienza d’uso di prodotti e servizi tecnologici per aiutare le aziende a sviluppare prodotti che soddisfino i propri clienti. “Le persone e le aziende hanno iniziato a interrogarsi su cosa generi valore e cosa no – spiega Mark Curtis, Chief client officer di Fjord – E se valga la pena dare via i propri dati in cambio di quello che ricevono”. Secondo lo studio, siamo agli inizi di una rivoluzione creativa che nei prossimi tre anni cambierà il nostro rapporto con la tecnologia.
Due dei sette trend identificati da Fjord vanno nella stessa direzione indicata dal Center for Human Technology: “data minimalism”, guidato dalla nuova normativa sulla privacy dell’Unione Europea, il GDPR, e il caso di Cambridge Analytica, e “silence is gold”, ovvero la necessità di disconnettersi ogni tanto.
Stiamo assistendo a una drammatica escalation del tasso a cui le persone si disconnettono, si cancellano e fanno opt-out per arginare la mole di contenuti e messaggi che ricevono ogni giorno. Come consumatori, abbiamo realizzato che non è più semplicemente una scelta di vita, ma un grave problema di salute mentale. Mentre ergiamo barriere fra noi stessi e le tecnologie digitali, le aziende devono imparare a offrire valore agli utenti che cercano un po’ di pace in un mondo pieno di rumore di sottofondo.

Una possibile risposta

Lato utente, la risposta alla continua questua per la nostra attenzione si sta strutturando in quello che da più parti è chiamato minimalismo digitale ed è una conseguenza dell’incrocio fra due fenomeni divenuti di massa negli ultimi dieci anni.
Il minimalismo infatti, nato come forma d’arte nel secondo dopoguerra e poi trasformatosi in uno stile di vita, è divenuto popolare recentemente grazie alla diffusione di blog sul tema scritti da persone cresciute insieme con l’esplosione del digitale e che hanno scelto il minimalismo per arginare le distrazioni che gli impedivano di essere pienamente soddisfatti della propria vita.
Il matematico Cal Newport ha raccolto in un libro intitolato Digital minimalism i risultati di esperimenti condotti con 1.600 persone che hanno deciso di prendersi un mese di sabbatico dalle distrazioni del digitale in cerca di una vita più soddisfacente. Secondo Newport, che ha sempre rifiutato di partecipare nei social network, ma è particolarmente attivo sul proprio blog, il minimalismo digitale è un passo nella direzione di ottimizzare l’uso che facciamo della tecnologia riducendo al contempo la nostra spesa in termini di consumo di tempo ed energia.

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