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Innovazione e Sostenibilità

Andy Warhol: 3 prove che, a 35 anni dalla morte, il re della pop art è sempre attuale

Eugenio Spagnuolo
Di Eugenio Spagnuolo
Giornalista free lance, scrive di innovazione, cultura, tecnologia, blockchain. Tra le collaborazioni: Wired, Business Insider, Focus, Panorama, GQ, Vogue, Huffington Post. Cura anche corsi di argomenti vari e da qualche tempo si occupa di seo editoriale e della produzione di contenuti informativi a misura di social.
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Pubblicato il 22.04.2022 alle 9:00

A 35 anni dalla morte, avvenuta per un banale episodio di malasanità, il 22 febbraio del 1987, Andy Warhol è ancora vivo e combatte insieme a noi. Non in carne ed ossa, naturalmente. Nè come presenza di un ipotetico metaverso (troppo forse anche per lui). Ma come mito fondativo di qualsiasi discorso sul presente. Che Warhol sia ancora oggi lo specchio multiforme delle suggestioni su cui poggia il nostro immaginario contemporaneo – dai social alla fluidità sessuale, fino all’ossessione per le celebrity – dunque un artista con cui non possiamo smettere di fare i conti, ce lo dicono infatti ben 3 indizi.

Shot Sage Blue Marilyn, il quadro più costoso della storia 

A maggio la casa d’aste Christie’s batterà all’asta una Marilyn di Warhol su fondo blu salvia. Meno nota di quella su fondo fucsia, icona visiva di qualsiasi discorso sul pop nell’arte, avrà una quotazione di partenza di 200 milioni di dollari, il che potrebbe renderla la più costosa opera d’arte del XX secolo. Una cifra record che dimostra come nell’arte di Warhol ci sia ancora tutta la vitalità di cui il mercato ha bisogno e che, in fondo, la sua leggenda underground regge ancora il confronto col tempo. In questo caso, la storia che accompagna Shot Sage Blue Marilyn è quella di uno sparo, come suggerisce il titolo dell’opera stessa: The Shot Marilyns (1964) sono 5 tele di un metro quadrato ciascuna, composte da un ritratto di Marilyn Monroe colpita alla fronte da un proiettile. E il modo in cui tutto ciò è avvenuto si configura esso stesso come parte del processo creativo. Lo racconta il Corriere della Sera: “Warhol aveva conservato i quadri presso The Factory, il suo studio sulla East 47th Street a Manhattan. Dorothy Podber (1932–2008), un’amica del fotografo di Warhol Billy Name, vide i dipinti completati di recente impilati l’uno contro l’altro in studio e chiese a Warhol se poteva “shoot them”. Credendo che volesse scattare una foto, Warhol acconsentì. La Podber si tolse il paio di guanti neri, estrasse un piccolo revolver dalla borsa e sparò un colpo contro la pila di quattro dipinti di Marilyn, che divennero noti come The Shot Marilyns. Il quinto dipinto, con lo sfondo turchese, non era nella pila ed è rimasto l’unico ritratto non trapassato”.

I Diari di Andy Warhol su Netflix

Uno dei motivi per cui il mito di Warhol gli è sopravvissuto va ricercato anche nella sua capacità certosina di tenere un diario lungo vent’anni (dal 1968 al 1987). Pubblicati da Pat Hackett, a due anni dalla morte, i diari di Warhol contengono racconti di vita minima puntellati di appunti sui suoi incontri con le celebrity e riflessioni che hanno fatto epoca e si rivela una testimonianza di prima mano su una vita consumata come un’opera d’arte (pop). Un materiale ricchissimo che ha ispirato anche la TV, con Netflix che in corrispondenza dell’anniversario ha voluto ricavarci una serie. Prodotta da Ryan Murphy e diretta da Andrew Rossi è una gradita sorpresa: dal racconto per immagini, molte delle quali inedite, emerge il ritratto di un uomo intimamente diverso dall’artista robot che ci hanno restituito le (rare) interviste da lui concesse alla TV. A posteriori Warhol sembra finanche umano e la sua arte si rivela per quel che davvero è: un gioco di prestigio che cerca di mettere ordine in un periodo storico complicato, ma straordinario. 

Gli NFT di Warhol 

Last but not least, a maggio 2021, Christie’s ha messo i vendita un lotto intitolato Andy Warhol: Machine Made, che consisteva in 5 opere digital create a metà degli anni ‘80, recuperate da vecchi floppy disk e ora riprese in forma di NFT. Warhol nell’estate del 1985 ebbe infatti a disposizione un Amiga 1000 che utilizzò per creare 2 autoritratti e le riproduzioni digitali di immagini a lui care (una banana, un fiore rosso, un barattolo di Campbell’s soup). In tutto cinque opere pressoché dimenticate fino a quando, nel 2011, l’artista Cory Arcangel le ha recuperate con l’aiuto di un team di esperti del Carnegie Mellon University Computer Club di Pittsburgh (la città di Warhol). Ogni opera è provvista, in quanto NFT, di un indirizzo univoco sulla blockchain e offre un’immagine TIF di 4.500 x 6.000 pixel. Troppi? Secondo qualcuno sì: la risoluzione delle opere originali era inferiore e dunque l’operazione avrebbe il carattere della contraffazione. In realtà non è proprio così, ma poco conta, in fondo: a un anno dall’asta che ha fruttato diverse decine di migliaia di dollari, ad attrarci – più delle opere in sé – è la lungimiranza di Warhol, che nel 1985 non ebbe alcuna esitazione a imbracciare il pennello digitale e preparare la sua arte per un futuro di cui, ormai è certo, aveva già intuito i contorni. E forse anche qualcosa in più. 

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