Arriva il caricabatterie universale, ecco come e da quando
Arriverà davvero per l’autunno del 2024. Non che al momento circolino dispositivi con porte troppo diverse fra loro, visto che la Usb di tipo C è ormai da anni lo standard per la ricarica. Eppure ci sono colossi, come Apple, che hanno iniziato la transizione da poco (per esempio su alcuni Mac e su quasi tutti gli iPad) e vendono ancora gli iPhone equipaggiati con la presa proprietaria Lightning. Oppure importatori e distributori di gadget di scarso valore o resti di magazzino ancora dotati della vecchia presa micro-Usb. Dopo dieci anni di dibattito l’Unione Europea sta per mettere il punto alla questione del caricabatterie universale. In realtà, più che di cavi e alimentatori, si parla di caratteristiche di cui i dispositivi commercializzati nei paesi Ue dovranno disporre. Fra queste, una porta Usb-C per poter essere ricaricati indifferentemente con un qualsiasi cavetto di quel tipo, senza doverne acquistare un altro (per esempio se si possiede un iPhone e uno o più device di aziende che non siano quella di Cupertino) e senza dover essere penalizzati in termini di velocità di ricarica.
Il percorso dell’aggiornamento alla direttiva
Dopo l’accordo informale raggiunto a cavallo fra maggio e giugno, Parlamento e Consiglio europeo dovranno approvare – con ogni probabilità dopo l’estate – l’aggiornamento alla direttiva sulle apparecchiature radiofoniche, che a quel punto entrerà in vigore dall’autunno 2024. Da quel momento tutti i dispositivi come smartphone, tablet, fotocamere, console di gioco, speaker audio, smart display e lettori di e-book dovranno disporre di una medesima porta per la ricarica delle batterie. I pc avranno più tempo: si partirà a 40 mesi dall’aggiornamento, dunque non prima del 2026.
L’obiettivo delle istituzioni Ue
Lo scopo è ovviamente tagliare i cosiddetti Raee, i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (per i soli caricabatterie sono stimati in 11mila tonnellate l’anno), e tagliare anche le spese per i consumatori. Il calcolo in questo caso è di circa 250 milioni di euro. Una goccia nel mare, forse, visto che su scala globale di e-waste se ne sono prodotte in tutto il mondo, nel 2021, quasi 60 milioni di tonnellate. Ma senz’altro una mossa significativa da inquadrare nel contesto delle manovre per garantire il diritto alla riparabilità dei dispositivi elettronici (ne avevamo parlato qui), contrastare l’obsolescenza programmata e provare a spingere un tasso di riciclo dei Raee che superi il 65%. Su scala continentale pochi ce la fanno, l’Italia è ferma intorno al 30/35%. Il resto di questi rifiuti speciali prende quasi sempre la strada dei porti africani, per esempio quelli ghanesi, dove i nostri vecchi telefoni vengono rivenduti o finiscono in enormi discariche e vengono smembrati (spesso a mani nude da bambini) per recuperarne materiali preziosi e terre rare.
Cosa prevede l’aggiornamento della direttiva
Non solo presa Usb-C: l’accordo informale fra le istituzioni Ue ha anche stabilito un’armonizzazione della velocità di ricarica. Vale a dire, con ogni probabilità, che dovrà esistere una velocità minima garantita di ricarica per tutti i caricabatterie. In più, i produttori che ancora non lo fanno dovranno consentire lo “spacchettamento” degli acquisti. Dovranno cioè proporre cavi e caricabatterie da acquistare separatamente rispetto al nuovo telefono o dispositivo oppure vendere il dispositivo secondo la modalità tradizionale, con caricabatterie incluso nella confezione. Non basta: il Parlamento e il Consiglio hanno infatti deciso che i consumatori dovranno avere a disposizione informazioni dettagliate sulle caratteristiche di ricarica dei nuovi dispositivi, “rendendo più facile per loro capire se i loro caricatori già in possesso sono compatibili“. Dalla pubblicazione della direttiva sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, sperabilmente a settembre, dovranno trascorrere 20 giorni per l’entrata in vigore e 24 mesi per l’applicazione effettiva.