Come internet ha cambiato la nostra concezione del tempo
«Pensiamo comunemente il tempo come qualcosa di semplice, fondamentale, che scorre uniforme, incurante di tutto, dal passato verso il futuro, misurato dagli orologi. Nel corso del tempo si succedono in ordine gli avvenimenti dell’universo: passati, presenti, futuri. Il passato è fissato, il futuro è aperto… Bene, tutto questo si è rivelato falso.»
Così Carlo Rovelli, nel suo L’ordine del tempo (Adelphi, 2017), ci invita a riflettere quanto il tempo sia un mistero per tutti, anche per i fisici, che hanno visto il tempo trasformarsi in modo radicale, da Newton a Einstein, alla meccanica quantistica, infine alle teorie sulla gravità a loop.
Siamo partiti dall’immagine del tempo che ci è familiare: qualcosa che scorre uniforme e eguale in tutto l’universo, nel cui corso avvengono tutte le cose. Così abbiamo pensato lo scorrere della realtà: dal passato attraverso il presente verso il futuro. Ma questa struttura si è sgretolata nel momento stesso in cui è avanzato il progresso tecnologico, sconvolgendo la nostra concezione di tempo.
Nel pieno della Rivoluzione 4.0 stare al passo è la parola d’ordine. Tanto velocemente cambiano gli algoritmi di facebook quanto velocemente adattiamo il nostro stile di vita al tempo.
Ci sono sempre più app e sempre più dispositivi online che scandiscono le nostre giornate e ci permettono di fare con un semplice clic quello che prima avremmo fatto in tempi dilatati.
Con internet si tende ad ottimizzare tutto: in 10 secondi leggiamo più o meno 2 post su facebook, in 36 secondi prenotiamo un volo andata e ritorno per Barcellona al minor costo possibile, in 29 secondi acquistiamo una cena per due vista mare, in 35 secondi raggiungiamo oltre 100 amici con la pubblicazione di un post che dice: “Barcellona sto arrivando!”.
Siamo sempre più bersagliati da messaggi che ci invitano a essere veloci, sui social, nel lavoro, nella vita reale e non pensiamo che in questo modo stiamo regalando il nostro tempo alle compagnie che ci offrono questi servizi.
Se da un lato, soprattutto nella sfera professionale, non conta più la quantità di ore lavorate, ma la qualità impiegata per ottenere un prodotto di valore, dall’altro viviamo costantemente con la sensazione di non avere tempo per fare tutto.
L’era digitale non ha solo ridefinito i concetti di tempo, ma ha anche rimodellato le nostre concezioni socio-culturali. Philip Zimbardo, professore di psicologia a Stanford e autore del saggio divulgativo The Time Paradox, «la tecnologia ha creato una specie di ossessione rispetto al tempo, un’ossessione di breve respiro, legata all’immediato presente e al futuro più prossimo». Il risultato, secondo Zimbardo, è che per quanto oggettivamente più precisa, la nostra percezione soggettiva del tempo si è accelerata: «Il nostro “fuso orario” individuale può essere modificato dalla tecnologia perché essa accelera il nostro orologio interno rendendoci impazienti rispetto a tutto ciò che richiede più di pochi secondi per essere ottenuto».
Un’ossessione però, che, portata allo stremo, crea un paradosso: recuperare tempo da dedicare a se stessi, prendendosi soprattutto cura del proprio corpo attraverso la meditazione, un’arte che, come sappiamo, fa perdere la cognizione del tempo.