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Innovazione e Sostenibilità

Non fermarti mai, il futuro è di chi impara ogni giorno

Paolo Gallo
Di Paolo Gallo
Ha lavorato con Citigroup a Milano, Londra e New York, e con la International Finance Corporation a Washington DC. È stato Direttore Risorse umane alla Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo a Londra, Chief Learning Officer alla Banca Mondiale, Washington DC. È autore del Forum Agenda World Economic e sui blog di Forbes Magazine; HBR Italia; rivista Linkiesta e LINC su temi legati allo sviluppo personale e professionale e comportamento organizzativo. Autore di “La Bussola del Successo” (edizione italiana 2016, 5 ° edizione in 5 mesi).
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Pubblicato il 30.06.2020 alle 10:15

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“L’uomo mi ha creato, ma sarò io a comandare”. Sono le prime parole del mostro appena creato dal dottor Frankenstein, nel capolavoro di Mary Shelley del 1818. Un presagio di un’evoluzione piuttosto terrificante. Fin dalla prima rivoluzione industriale, l’umanità si è divisa tra due opposte fazioni: gli ottimisti, che ritengono che i progressi tecnologici portino a un miglioramento complessivo della nostra vita, grazie soprattutto alla creazione di posti di lavoro, e i pessimisti che la pensano esattamente al contrario.

Entrambe le prospettive sono supportate da valide argomentazioni, ma vivendo oggi in una società caratterizzata da cambiamenti tecnologici esponenziali e dirompenti, i cui effetti impattano a una velocità di implementazione mai vissuta in passato, le domande da porsi dovrebbero essere:

– In un contesto di trasformazione continua, come devo comportarmi? A quali capacità dovrei fare ricorso e quali dovrei sviluppare?
– Come si pianificano le attività aziendali se i mercati, le esigenze, i concorrenti, i prodotti, le tecnologie produttive cambiano così vertiginosamente?
– Se abbiamo un ruolo manageriale, qual è la chiave perché le nostre aziende possano mantenersi competitive e i nostri dipendenti e colleghi rilevanti?

Per restare competitive e rilevanti, le aziende di successo investono sul costante allineamento delle abilità dei propri dipendenti alle continue novità tecnologiche (hard skill), e sul potenziamento e la valorizzazione delle abilità personali (soft skill), poiché riuscire a emergere in un mondo in continuo cambiamento richiede in modo crescente competenze di gruppo. Ognuno di noi, personalmente e professionalmente, deve imparare a muoversi lungo due coordinate fondamentali: restare in ascolto e restare connesso. Non ascoltare significa perdere conoscenza del contesto, ma se non so dove mi trovo è difficile che possa capire dove andare. Restare isolati vuol dire rinunciare all’ascolto degli altri, mentre le strade percorse dagli altri possono rivelare occasioni impensabili per la mia.

Chiunque, dallo studente al professore, dal grande manager al pensionato, dal timido al networker incallito, deve sentirsi investito del dovere non più rinviabile di potenziare e rinnovare le proprie abilità personali, necessarie per affrontare i cambiamenti del futuro. Solo per citarne alcune, tratte dagli elenchi del World Economic Forum e dell’OCSE: leadership, empatia, capacità di team building, autonomia, flessibilità, adattabilità, capacità di pianificare e organizzare, problem solving, capacità comunicativa. Possederle è importante, ma come tante mollette sparse su un tavolo assumono valore se appese ad un “filo rosso” che permetta di valorizzarle, nella quotidianità delle soft skill il fil rouge è la capacità di saper creare, gestire e manutenere le relazioni interpersonali nel tempo. C’è chi è portato naturalmente e chi meno, ma è una competenza che si può (e si deve) acquisire con impegno e allenamento costanti, applicando pratiche che avvengono in momenti relazionali chiamati “di networking”.

Dopo circa quarant’anni dall’introduzione dei primi computer, abbiamo finalmente imparato una lezione: “loro” vincono la gara di velocità e precisione, mentre “noi” possiamo ancora vincere la “gara” delle relazioni, attraverso lo sviluppo dell’empatia, della creatività, della capacità di creare connessioni persone/discipline, e in contesti diversi.

Per fronteggiare machine-learning dobbiamo diventare noi stessi learning-machines.
Le skill che dobbiamo sviluppare sono riassumibili con 4 C: Creatività, Critical Thinking, Contextual Intelligence (la capacità di collegare discipline diversa tra loro) e infine la Collaborazione. Perché proprio la collaborazione? Perché i problemi, divenuti da complicati a complessi, richiedono la capacità di costruire relazioni collaborative con le altre unità all’interno di uno stesso sistema. Ma questo sistema occorre saperselo creare e manutenere nel tempo.

Possiamo così rispondere al mostro di Frankenstein dicendo che l’essere umano rimarrà al centro di questa ennesima rivoluzione, con le sue conoscenze, connessioni e relazioni, basate sulla fiducia e rispetto reciproci. A patto che punti sulla continua formazione tecnica e maturi una cura particolare del potenziamento delle abilità “soft”, indispensabili in un mondo che cambia ogni giorno.

Gianfranco Minutolo, Autore de “I robot non sanno fare networking (per adesso)”
Paolo Gallo, Autore de “La Bussola del successo”

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