Uno dei temi di cui mi sono sempre occupato e verso il quale ho sempre avuto un grande interesse riguarda l’impatto delle tecnologie social e digital sui processi di apprendimento delle aziende.
Come sa bene chi si occupa di queste tematiche, il ruolo delle comunità di pratica e il peso dell’apprendimento informale all’interno della costruzione di senso dell’organizzazione è estremamente alto.

Al giorno d’oggi, i sistemi di formazione che utilizzano le aziende di tutto il mondo presentano non pochi problemi: sono statici, molto spesso con poca interazione, unidirezionali, non coinvolgenti e disconnessi dai reali bisogni formativi e dai desiderata dell’individuo.
Evolvere la formazione aziendale verso meccanismi social può sorpassare alcune di queste barriere rendendo l’apprendimento e il coinvolgimento degli utenti sempre più efficace e ottenendo risultati sempre migliori sia per i singoli dipendenti sia per l’intera azienda.

Secondo quanto emerge anche da alcuni report di Forrester e Aberdeen la maggior parte dell’apprendimento (circa il 70% del totale) avviene on-the-job, il 20% attraverso il coaching e il networking e solo il 10% in modo strutturato e formalizzato. D’altro canto le organizzazioni continuano a spendere l’80% e oltre del proprio budget nell’apprendimento formale generando una disconnessione tra ciò che servirebbe concretamente all’impresa e ciò che invece viene effettivamente fatto.

Con la social collaboration emergono idee innovative e la conoscenza circola più facilmente

Il valore delle tecnologie di social collaboration all’interno dei contesti di apprendimento risulta quindi essere estremamente elevato. Questi approcci offrono vari vantaggi. Favoriscono il riutilizzo e la circolazione della conoscenza nel 61% dei casi contro il 15% di chi non le impiega, permettono l’emergere di idee innovative e di una migliore gestione bottom-up della conoscenza (59% vs 16%) e consentono il lavoro collaborativo su documenti e informazioni condivise. Non ultimo, favoriscono la socializzazione di risorse e informazioni utili all’apprendimento all’interno del contesto di lavoro.

Se nelle modalità di apprendimento e di formazione classiche il focus è sul contenuto e sul docente, all’interno di un ambiente di Social Learning il focus dell’azione è spostato sul discente che diviene parte attiva del processo di apprendimento. Il contenuto dell’apprendimento diventa applicabile, utile all’impresa e i risultati che si ottengono sono collegati al business in maniera molto più efficace, permettendo all’organizzazione di ottenere performance molto più significative.

La conoscenza non risiede più nei documenti e nelle risorse a disposizione, ma nelle relazioni e nel network di relazioni tra persone: la rete informale diventa la vera forza dell’azienda.

Esistono una serie di punti da tenere in considerazione per le aziende che intendano seriamente procedere lungo questa direzione:

  • Valutare il livello di informal learning già presente e l’attitudine dell’azienda nel collaborare e nel condividere le informazioni. Il cambiamento di cui stiamo parlando riguarda prima di tutto la cultura delle persone
  • Assicurarsi il supporto della leadership e il commitment del top management per l’iniziativa di trasformazione
  • Rivedere il ruolo dell’HR: da controllore a motore del cambiamento dei processi di apprendimento e di gestione della conoscenza in azienda
  • Lavorare in modo sinergico con il dipartimento IT per progettare soluzioni che siano in linea con quanto desiderato
  • Coinvolgere il dipartimento di marketing e di comunicazione interna per promuovere l’iniziativa di socializzazione
  • Coinvolgere i clienti finali all’interno della progettazione di ambienti di Social Learning in modalità di Co-Design
  • Stimolare i manager nell’incorporare i sistemi di learning all’interno degli schemi di valutazione e di misurazione delle prestazioni dei dipendenti

Per concludere con una citazione di George Siemens: «Conoscere oggi significa essere connessi. La conoscenza si muove troppo velocemente perché l’apprendimento possa essere solo un prodotto. Siamo stati abituati ad acquisire conoscenza avvicinandola a noi stessi. Ci veniva detto di ‘possederla’, di farla esistere nelle nostre teste, ma non possiamo più cercare di possedere tutta la conoscenza necessaria personalmente: dobbiamo custodirla nei nostri amici o all’interno della tecnologia che abbiamo a disposizione».

La strada per il cambiamento è tracciata: alle aziende il compito di scegliere se seguirla o meno.