Il mondo del lavoro è in continua evoluzione. Ma individuare e capire quali direzioni può prendere la sua trasformazione è difficile e ostico. Cercare di coglierne le trasformazioni è quanto mai arduo. Partiamo dal capire cosa vogliono oggi le imprese. Secondo una ricerca pubblicata dallo Iulm in collaborazione con Centromarca riguardante le esigenze dei manager aziendali per i neoassunti nei quesiti a risposta multipla a farla da padrone sono ancora le lauree in economia, preferite dal 78,6% dei dirigenti, e quelle in ingegneria, scelte dal 71,4%. Vanno bene anche lauree ritenute più “deboli” come lingue straniere e scienze della comunicazione, ritenute valide dal 21,4% dei rispondenti. In questa classifica fa capolino una disciplina come statistica, che per il 14,3% è la migliore. Il motivo? Si cercano analisti qualificati per fronteggiare le sfide poste dalle tecnologie digitali.
Ma cosa possono portare queste tecnologie?
Il luogo comune è che la digitalizzazione produce un maggiore restringimento dei posti di lavoro, ma un report edito da McKinsey dal titolo eloquente “Tech for Good” sfata molti pessimismi legati alle nuove tecnologie e al loro impatto sull’evoluzione del welfare e del lavoro.
Nel paper si analizzano 600 case studies per capire l’impatto di innovazioni come la smart automation e l’intelligenza artificiale. E si comincia proprio dalla sicurezza dell’impiego. Le nuove piattaforme, si legge nel testo, “possono ridurre il tempo che le persone trascorrono a cercare un lavoro e migliorare le loro prospettive di guadagno”. Ma anche per i datori di lavoro ci sarebbero dei vantaggi: grazie alla rivoluzione tecnologica la produttività dei loro dipendenti migliorerebbe e le aziende risparmierebbero fino al 7% sui costi di reclutamento, formazione e inserimento.
C’è anche un dato: entro il 2025 più di 60 milioni di persone troveranno un lavoro più adatto alle loro competenze.
Ma adesso, cosa si può fare a livello formativo per andare incontro a questi mutamenti e per trasmettere agli studenti i principi dell’industria 4.0 che integrano questi cambiamenti? Un piccolo ateneo privato, la Libera Università Carlo Cattaneo (Liuc) di Castellanza, in provincia di Varese, ha varato i-Fab, una simulazione di stabilimento attraverso il quale i ragazzi possono imparare i fondamenti di questi processi produttivi. Non solo: un nuovo corso di laurea magistrale, denominato Entrepreneurship&Innovation, realizzato in collaborazione con l’Harvard Business School e l’incubatore ComoNext, aiuta i neolaureati a sviluppare una propria idea imprenditoriale o a portare dentro la propria azienda un’expertise nuova. Una delle aziende che ha meglio di tutte interpretato questo cambiamento è la Rold di Cerro Maggiore, azienda di duecento dipendenti che produce meccanismi di chiusura per lavatrici e lavastoviglie, scelta dal World Economic Forum come uno dei sedici “Manufacturing Lighthouse” del mondo, il solo in Italia. Nel percorso esperienziale del Microsoft Technology Center di Milano, i visitatori possono vedere di persona come funziona la piattaforma di monitoraggio dei processi produttivi Rold SmartFab, che attraverso con alcune soluzioni come il cloud o l’edge, può individuare e riparare un malfunzionamento da remoto o verificare la qualità dei componenti fabbricati. Oltre a questo non sappiamo come possa essere il lavoro del futuro, ma di certo si sa come farsi trovare pronti alle sfide che la rivoluzione tecnologica rappresenta.