Quando vediamo una persona di successo, un lavoro ben fatto o qualcuno che riesce a realizzare i propri sogni dentro di noi a volte si attiva un meccanismo di pensiero che tende ad attribuire questi risultati ai classici fattori casuali: la fortuna o, nella peggiore delle ipotesi, una raccomandazione. Non c’è da abbattersi, tutti l’abbiamo fatto almeno una volta, è una sorta di valvola di sicurezza che scatta nel cervello per non farci confrontare con i nostri obiettivi e i nostri compiti.
Tuttavia, una volta sgombrato il cervello da questi pensieri inutili, resta soltanto una cosa da fare: rendersi conto che il successo dipenda dalla chiarezza di obiettivo e dal desiderio di migliorarsi costantemente e il miglioramento dipende dalla forza di volontà, di attenzione, di costanza.
Se leggiamo le tante storie di artisti, registi, musicisti famosi, c’è sempre una grande comune caratteristica: a un certo punto della loro vita queste persone hanno iniziato a esercitarsi e a impegnarsi con costanza maniacale, perché il talento ti dà la spinta, ma se non lo eserciti rimane fine a sé stesso. L’unico modo per migliorare è la disciplina con cui si lavora per il proprio obiettivo.
L’obiettivo specifico, chiaro, preciso, dettagliato è fondamentale perché ti permette di sapere sempre dove sei rispetto al risultato che vuoi ottenere ed è fondamentale anche perché ti deve motivare fortemente al lavoro, duro, per raggiungerlo; l’obiettivo deve accendere le emozioni e queste devono esserti il sostegno della volontà e della determinazione.
Non esiste una ricetta unica per essere bravi in qualcosa. C’è chi si è chiuso nel proprio garage a studiare finché non ha assimilato tutto ciò che gli serviva, chi ha smontato pezzo per pezzo gli strumenti del mestiere per capire come usarli meglio, chi si è incollato a quelli bravi e ha “rubato con gli occhi” i loro segreti. L’unica costante è stato il duro lavoro.
I giapponesi però hanno elaborato un metodo che può fornire una sorta di standard per chi è in cerca di una guida. Si chiama Kaizen e fondamentalmente significa “Buon cambiamento”. Non è un metodologia di lavoro basata su app, strumenti o chissà che cosa, ma più una filosofia di approccio al lavoro e a come migliorarlo.
Tendenzialmente il Kaizen è sfruttato nelle grandi aziende per migliorare il flusso di lavoro e abbattere i costi. Ma può essere un buon sistema anche per migliorare noi stessi. Ecco le fasi del procedimento:
Standardizzare: individua i processi che si ripetono e sono organizzati.
Misura: controlla quanto tempo ci vuole a eseguire il procedimento o quanto vieni pagato per farlo.
Compara: Metti a paragone ciò che fai con le tue aspettative. Va bene così? Cosa può essere migliorato? Ti porta via troppo tempo?
Migliora: Cerca un modo per rendere più efficiente il tuo compito attraverso un nuovo approccio, uno strumento, insomma, ottimizza.
Riparti da capo: quando vedi la non stai migliorando i tuoi risultati, riparti dal primo punto.
Il Kaizen può essere frustrante all’inizio, ma si tratta fondamentalmente di cambiare l’approccio iniziale alle cose e capire che “si è sempre fatto così” è una frase molto dannosa. Inoltre, non deve mai venire meno l’impegno. Non si diventa bravi musicisti semplicemente suonando ogni tanto, ma continuando a migliorarsi, errore dopo errore.
E non dimentichiamoci l’obiettivo dev’essere attraente, coinvolgente, motivante… Così metodo e costanza troveranno la benzina per raggiungere il traguardo da vincitore!


Gianluca Randazzo
Head of Sustainability per il Gruppo Mediolanum, dal 2014 ha la responsabilità di sviluppare la sostenibilità supportando il Consiglio di Amministrazione per la definizione e applicazione della strategia di sostenibilità, gestendo il rapporto con gli stakeholder, promuovendo e coordinando progetti incentrati sulla sostenibilità, predisponendo la dichiarazione non finanziaria e organizzando le attività di Fondazione Mediolanum […]
2017-10-20T15:00:38+02:00
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