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Innovazione e Sostenibilità

Perché non dovremmo sentirci stupidi se parliamo con il nostro telefono

Demetrio Migliorati
Di Demetrio Migliorati
Head of Innovation in Banca Mediolanum Demetrio ha costruito al sua esperienza partendo dall’information technology, dedicandosi al finance/insurance in uno dei più dinamici e complessi gruppi bancari e assicurativi italiani. E’ animato da tre passioni: la corporate innovation (Head of Innovation in Banca Mediolanum) le startup (è co-founder di FoolFarm, uno startup studio dedicato a AI e Blockchain e partecipa all’equity di una serie di startup con tecnologie e soluzioni d’avanguardia) e la disseminazione (è professore a contratto per l’Università Cattolica e Ca’Foscari oltre a contribuire con testimonianze e lezioni in diversi master. E’ autore e co-autore di libri su AI, Trasformazione Digitale e Leadeship).  E’ membro [...]
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Pubblicato il 02.11.2017 alle 15:06

Ecco una scena che avrete sicuramente visto in qualche gag tv o sul web: una persona cerca di impartire un comando vocale al telefono, a un computer o a un navigatore satellitare e puntualmente non viene compreso correttamente, con risultati comici. Oppure, è capitato proprio a voi di dialogare col telefono parlando piano e scandendo bene le parole, come quando ci si trova di fronte a un bambino o a qualcuno che non capisce la nostra lingua.
Nel compiere questi gesti, può capitare di sentirsi un po’ ridicoli, provare imbarazzo. Eppure proprio questo rappresenta il più grande passaggio da superare per progredire nel nostro rapporto con la tecnologia.
Il machine learning si è a tal punto evoluto che scene come quelle riportate sopra appartengono sempre più al passato. Se infatti chiediamo al nostro smartphone di ricordarci un appuntamento o proviamo a dettare un messaggio su Whatsapp, con buona probabilità lo farà con un margine di errore minimo.
Il vero problema adesso siamo noi.
Sì: perché la tecnologia, per quanto buona, non ha valore senza un essere umano che ne comprenda, apprezzi e soprattutto sfrutti le potenzialità. Non è un processo semplice da assimilare e talvolta richiede tempo. Molte delle cose che oggi utilizziamo abitualmente a un certo punto della loro esistenza hanno dovuto fare i conti con la naturale diffidenza e lo scetticismo verso tutto ciò che nuovo, che richiede cambiamento.
Basta pensare alle prime automobili che erano viste come strumenti infernali tanto che la loro presenza doveva essere segnalata con delle bandiere rosse da appositi inservienti che ne precedevano la marcia, così da avvisare i passanti dell’arrivo di tale incredibile mostruosità.
Lo stesso destino è toccato ai telefoni cellulari che inizialmente rappresentavano uno status symbol e quindi erano percepiti spesso come mera ostentazione o qualcosa di assurdo tanto che molti preferivano non utilizzarli troppo in pubblico perché si vergognavano. E pensare che adesso nel nostro paese hanno una penetrazione superiore al 40% e rappresentano la principale fonte di accesso a Internet, e non solo in mobilità.
Ecco perché dovremmo allora iniziare a impartire comandi vocali a telefoni e computer senza sentirci come un esploratore dell’ottocento di fronte a una remota tribù africana. Abbiamo a disposizione una tecnologia potente e affascinante, non dovremmo sentirci stupidi. Anzi. Con ogni interazione contribuiamo a creare una interfaccia più naturale tra uomo e tecnologia che consentirà di superare barriere culturali e generazionali, oltre che migliorare la nostra qualità della vita.

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