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evitare lo stress da ordine
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Empowerment

Il magico potere di un po' di disordine: riordinare fa bene solo se non è fonte di stress

Marta Zura-Puntaroni
Di Marta Zura-Puntaroni
Marta Zura-Puntaroni è una giovane scrittrice. Il suo romanzo d’esordio s’intitola Grande Era Onirica (minimum fax, 2017). Cura la comunicazione web di varie aziende del Centro-Italia. Vive a Siena, con una gatta, molti libri e troppe piante.
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Pubblicato il 11.04.2018 alle 12:55

Credo di essere nata con un livello medio di disordine, e credo anche di aver passato i primi anni di vita senza alcuna consapevolezza del mio livello di disordine. Non mi ero neppure fatta un’idea particolare su cosa fosse ordinato e su cosa non lo fosse, dunque ho campato piuttosto felicemente. Tutto è cambiato con le elementari: i giocattoli buttati alla rinfusa dentro grosse ceste con l’aiuto delle maestre dell’asilo scompaiono, e arriva una lunga serie di oggetti – matite penne gomme righelli – più o meno piccoli – quaderni diari libri astucci – che vanno a creare – zaino grembiule colletto fiocco – una specie di kit base per il disagio infantile. Infatti questa quantità enorme di cose va sistemata, va conservata e non perduta, va curata e non sporcata.
Sicuramente adesso le elementari sono più giocose e libere, ma negli anni ’90 dalle mie parti eravamo ancora fermi ad amabili maestre settantenni che avevano in lista tra le ultime novità di letteratura per l’infanzia il libro Cuore. Motivo per cui l’assenza di una penna a punta fine o di una matita con la mina dalla giusta durezza poteva crearti la fama di “disordinato”. Bastava una gomma mangiucchiata per passare da buon Garrone a Franti, non cattivo ma, insomma: un po’ problematico.
Da quel momento in poi mi sono trovata – io come molti altri di voi, naturalmente, ma spero tanto che voi siate più bravi di me a ignorare le voci esterne – subissata da un’infinità di regole per gestire la mia vita. Piccole, sensate, troppe regole: prepara lo zaino la sera e non la mattina, assonnata, per essere sicura ci sia tutto; quando torni da scuola appoggia per bene il grembiule sulla sedia così da non trovarlo spiegazzato il giorno dopo, studia le due paginette di sussidiario appena dopo mangiato e non procrastinare fino a fine pomeriggio, e via dicendo.
Questi ragionevoli consigli non rendevano più facile ed efficiente la mia quotidianità, al contrario il loro effetto cumulativo è stato farmi, irragionevolmente, perdere consapevolezza, determinazione e capacità di organizzazione. Perché non solo c’erano tante cose da fare, ad esempio gli esercizi di matematica e le domande di italiano per il giorno dopo, ma c’era anche una lista di istruzioni che ti spiegava in quale modo fare ognuna di queste cose. Si dava per scontato che esistesse una singola maniera semplice, intuitiva, giusta per tutti – e quindi una sfilza di strumenti che andavano utilizzati in una determinata sequenza. Inevitabilmente, gli strumenti e la modalità diventavano vitali affinché quel compito venisse svolto alla perfezione. E io, a quel punto, non ce la facevo mica: troppo ordine & perfezione. Troppe istruzioni, troppe aspettative.
Eccoci arrivati al nocciolo della questione: l’ansia d’ordine fa più danni di un po’ di disordine. Oggi, se devo scrivere occorre che le matite siano perfettamente appuntite o la tastiera perfettamente pulita. Insomma, non si scrive finché non si trova un temperino ben affilato o una bomboletta di aria compressa. Anzi la situazione è peggiore, perché una volta partito il meccanismo, non è facile fermarlo. Se devo scrivere, non guardo solo la matita e la tastiera, ma tutta la scrivania, pure lei deve essere priva di qualunque imperfezione: quei fogli alla rinfusa sul bordo sono intollerabili, fanno disordine e mi bloccano. Riassettata la scrivania, mi viene da chiedere se è tutto a posto nelle altre stanze: come posso essere così sciatta? Come posso scrivere se in cucina ci sono ancora le tazze sporche nel lavello? E se il latte nel frigo fosse andato a male? Ho controllato? Sì ho controllato, ma ho controllato bene?
Fermiamoci a riflettere. Perché il latte forse andato a male nel frigo mi blocca mentre cerco di fare qualcosa che non c’entra assolutamente nulla col latte? Perché l’ordine e il riordino sono splendide virtù, ma tra la virtù e l’ossessione la strada può essere breve. Soprattutto se te la consigliano troppo spesso e troppo in dettaglio, quella strada.
Ma lasciamo stare la scrittura e parliamo di cose importanti. Sta per arrivare l’estate, devo mettermi un po’ a dieta. Non tanto, un po’, non dovrebbe essere difficile. Mettersi a dieta, mangiare più verdure: semplice. Vado a fare la spesa e siamo a posto. Anzi, no: prima devo ripulire tutto il frigo da qualsiasi alimento non dietetico (e, cavolo, il latte intero era andato a male!), poi posso andare a fare la spesa. Così va fatto. Sono al supermercato, ma la scelta al reparto ortofrutta è piuttosto scarsa, mancano molte cose che su internet mi consigliano. E poi devo comprare un germogliatore di semi, anzi è proprio necessario mettere su un orticello biodinamico sul tetto di casa.
Direte: queste sono esagerazioni. Rispondo: sì, appunto, questo è il meccanismo.
Rispondo, mentre mangio un budino al cioccolato preso dal frigo (era rimasto in fondo, sono disordinata) e leggo le dettagliate istruzioni per l’orticello biodinamico.

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