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Empowerment

Come gestire lo stress nell’era digitale

Stefano Besana
Di Stefano Besana
Digital e Future of Work Leader di EY, dove dirige anche il centro di esperienze trasformative wavespace, Stefano si occupa da oltre 12 anni di trasformazione organizzativa, digitale ed evoluzione dei modi di lavorare verso scenari maggiormente aperti, collaborativi, efficaci e partecipati.
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Pubblicato il 15.04.2021 alle 9:43

Spossatezza, stress, difficoltà nel gestire i compiti più semplici, senso di smarrimento, mancanza di uno scopo e di una visione sensata del lavoro. È quanto riportano oltre il 48% degli intervistati all’interno di una ricerca condotta da EY negli ultimi mesi di emergenza sanitaria Covid-19 su un campione di oltre 990 professionisti di diverse industry, seniority, settore e area geografica. 

Più nel dettaglio, è solo un lavoratore su tre ad essere soddisfatto del proprio lavoro, riuscendo a mettere in atto le risorse individuali che sono direttamente associate alla capacità di avere un ritorno significativo dalle proprie azioni quotidiane. 

Si rende necessario, forse, quindi, ripensare le nostre modalità di lavoro, lo smart working non è una panacea né tantomeno la soluzione al problema, come hanno – per altro – dimostrato le numerose ricerche che hanno teorizzato molto bene la zoom fatigue: quella situazione di forte stress e di profonda frustrazione che tutti abbiamo sperimentato dopo intere ore di fronte a un monitor palleggiati da una call conference a quella successiva.

Al di là dell’emergenza sanitaria che stiamo attraversando il ripensamento dei modelli di lavoro è assolutamente necessario anche per la gestione dello stress e dell’affaticamento che deriva dall’impiego di strumenti e di canali digitali. 

Come possiamo, quindi, gestire al meglio lo stress che ne deriva? 

Tanto per cominciare possiamo seguire alcuni consigli pratici: 

  • Evitiamo lunghe liste di todo che possono portarci a una soddisfazione immediata e che però non fanno altro che contribuire al nostro livello di ansia creando senso di incompletezza.
  • Ritagliamo del tempo e proteggiamo alcuni spazi. Come dice un famoso proverbio zen: “quando sei troppo occupato: fermati e annusa i fiori”. Per quanto possa sembrare banale rallentare un attimo ci può portare a benefici molteplici in una fase successiva. 
  • Programmiamo nel minimo dettaglio le nostre giornate: il tempo è una risorsa limitata per definizione, famosa tempo fa era la tecnica del pomodoro, a suffragio di questa tesi possiamo sottolineare come Elon Musk organizzi la sua giornata in slot di 5 minuti estremamente concentrati. Senza arrivare a quel livello misurare come si spende il proprio tempo può essere importante per comprendere e gestire inefficienze. 
  • Non preoccupiamoci troppo se non rispettiamo la pianificazione, ma cerchiamo di essere in grado di improvvisare proprio come in una jam session. 
  • Facciamo pace con il fatto che non sarà possibile fare tutto e che alcune cose dovremo necessariamente sacrificarle, ma ricordando a noi stessi le cose positive che siamo riusciti a raggiungere. Manteniamo – per dirlo con un linguaggio caro alla psicologia – un locus of control interno. 

Infine, forse il consiglio più importante, ricerchiamo uno scopo in quello che facciamo e lasciamo che sia un’ottica purpose driven a orientare le nostre azioni, soprattutto quando siamo molto occupati e quando siamo in una situazione complessa, come quella che stiamo vivendo.

Del resto, lo ricorda anche il celebre psicologo ungherese teorico del flow, Mihaly Csikszentmihalyi: “Non si può condurre una vita che sia veramente eccellente senza sentire che si appartiene a qualcosa di più grande e di permanente di se stessi.” Un monito che può forse spaventare, ma che traccia una rotta chiara per re-immaginare il futuro delle organizzazioni e delle persone che vi lavorano. In un certo senso: è un pensiero rassicurante. 

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